Una marea di donne e uomini alla manifestazione nazionale del 24 novembre a Roma. Al grido di “Ci volete sottomesse, ricattate e sfruttate, ci avrete ribelli!”

Dall’inizio dell’anno decine di donne sono state uccise in Italia per mano maschile. Un terzo delle donne italiane, straniere e migranti, subisce violenza fisica, psicologica, sessuale ed economica, spesso in ambito familiare e davanti ai figli. I numeri ci dicono che le “mura domestiche”, che dovrebbero conservare affetti, proteggere sentimenti, dare concretezze alle idee condivise e conforto vicendevole, nel nostro paese uccidono più della mafia, più della delinquenza organizzata, e se non uccidono lasciano danni incancellabili.

I mostri sono nutriti da relazioni sbagliate che trasformano la vita quotidiana in un campo di battaglia; l’umanità è stata svenduta senza che ce ne accorgessimo, e si vive come fossero normali le tragedie che si susseguono, una dopo l’altra, in una silenziosa complicità dietro ogni delitto.

Ai soprusi che arrivano alle cronache ne possiamo aggiungere numerosi altri di cui nessuno parla, una vita di ordinarie barbarie nascoste nelle camere da letto, con il silenzio complice della porta accanto. C’è anche tutto il tema della violenza sulle donne anziane, doppiamente fragili per età e per genere; gli abusi nei loro confronti sono in costante e preoccupante crescita, ma restano un fenomeno sottostimato e poco conosciuto.

La violenza maschile sulle donne è la fotografia del possesso di cui la nostra società è malata, e continua ad essere esercitata nell’indifferenza generale della politica e nella tolleranza collettiva, culturale e sociale. Anche le giustificazioni sono un retaggio della nostra storia patriarcale, che considerava normali molti abusi e violenze sulle donne fino a pochi decenni fa.

Oggi possiamo votare, ci sono riconosciuti diritti umani al pari degli uomini, abbiamo convenzioni importanti che ci tutelano, godiamo di maggiori libertà, ma le crisi possono riportare indietro le lancette della recente storia femminile, non esistono “deleghe” o “tutele” che possano garantirci da ritorni al passato e da tentativi di restaurazione. Nessuna conquista è per sempre.

L’attacco alle donne passa anche attraverso campagne fondamentaliste e mozioni comunali che vorrebbero criminalizzare la legge 194, limitando l’autodeterminazione delle donne e giudicando moralmente le loro scelte e la loro vita privata. Anche il Ddl Pillon, di cui si è chiesto il ritiro con le manifestazioni del 10 novembre indette da DI.RE, è contro le donne, perché sessista e classista su affido e mantenimento dei figli; intende difendere la famiglia tradizionale e ristabilire ruoli gerarchici che negano la libertà di decidere delle donne; inoltre riduce le tutele alle donne che subiscono violenza in famiglia.

Per queste ragioni abbiamo convintamente aderito alla manifestazione nazionale contro la violenza maschile sulle donne e le politiche patriarcali e razziste del governo, lanciata da NonUnaDiMeno il 24 novembre a Roma, in cui una marea di donne e uomini hanno detto “basta!”, al grido di “Ci volete sottomesse, ricattate e sfruttate, ci avrete ribelli!”.

La violenza maschile sulle donne, determinata da atteggiamenti di possesso e negazione dei diritti delle donne, può essere affrontata solo con un cambiamento culturale. Una nuova società è possibile se si attuano politiche per costruire un mondo in cui le relazioni siano migliori, partendo dal riconoscimento della libertà di poter agire e vivere, indipendentemente dai modelli stereotipati.

Le discriminazioni sulle donne, così diffuse nel nostro paese, dimostrano che la nostra democrazia non è ancora compiuta, e non dobbiamo scordare che in un paese diseguale i più deboli pagano il prezzo più alto. Il vero cambiamento che ci farebbe avanzare non può che mettere i diritti e la libertà delle donne al centro delle sue scelte, strategiche e politiche. I diritti sono l’unico antidoto al totalitarismo, e i diritti delle donne sono da sempre garanzia di crescita dell’autodeterminazione del genere umano.

Abbiamo alle spalle il tanto lavoro fatto dalle donne venute prima di noi, che ci permette di godere di libertà e diritti che fino ad un secolo fa non esistevano, ma dobbiamo seguitare ad impegnarci per essere promotrici di una rivoluzione culturale contro il maschilismo, il patriarcato, il sessismo e le discriminazioni, per costruire un paese migliore per le donne e quindi per tutti.

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