L’Europa ai tempi del virus - di Roberto Musacchio

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Tra gli effetti del virus c’è (o ci dovrebbe essere) quello di far ripensare ciò che è stato fatto. Austerity, pareggi di bilancio, privato, affidamento al mercato per armonizzare: tutto l’armamentario delle politiche della Ue e dei governi che le sostengono sono a dura prova, e si spera possano essere spazzate via col virus stesso.

La sanità, come è noto, è materia che la Ue “sussidia” agli Stati membri. Salvo “intervenire” con le sue letterine per il rispetto dei bilanci, una cinquantina delle quali dedicate a chiedere “risparmi” nella spesa per la salute. I 37 miliardi tagliati alla spesa sanitaria italiana sono ascrivibili a scelte di governi di ogni tipo ma anche a questo.

La Ue fa norme per la salute e per l’ambiente ma non interviene sui sistemi, sarebbe meglio dire servizi, sanitari, che infatti non sono armonizzati se non per via di bilancio. Infatti le differenze e i dislivelli sono molto grandi, tra gli Stati e negli Stati. Se prendiamo Italia e Germania, noi spendiamo per la salute 2.545 euro pro capite a fronte dei 5.056 dei tedeschi. Abbiamo un rapporto di infermieri per 1.000 abitanti di 6,5 contro i 12,9 della Germania e gli 8,4 della media Ue. Per i posti letto la media è di 3,2 a fronte di 8. Peraltro, secondo rapporti autorevoli e assai considerati in sede Ue, tra i principali problemi della sanità italiana ci sono i forti dislivelli regionali, con buona pace di chi ha imposto la riforma del titolo V e di chi si intestardisce sulla autonomia differenziata.

Ma la Ue non ha pensato ad un Servizio sanitario europeo. Eppure poteva essere uno dei grandi pilastri e parametri della armonizzazione, poggiando su una caratteristica fondativa del modello sociale europeo. E sarebbe molto servito averlo, a fronte di un virus che non è circoscrivibile come italiano, come non lo era come cinese, ma attraversa tutte le frontiere.

Abbiamo visto invece comportamenti differenziati tra Stati, che certo non aiutano. Invece che a un Servizio sanitario europeo si è pensato ad una assicurazione privata europea per la sanità transfrontaliera, che è stata bloccata e che sta nel solco di quella “Europa finanziaria” che si vuole edificare sulle macerie di quella sociale. Ma il virus dice che questa strada è assurda e devastante. E allora non si deve procedere su di essa.

È chiaro che servono investimenti in sanità, e che sarebbe giusto che la Ue li facesse se si prende atto che serve un Servizio europeo. O almeno li lasciasse fare agli Stati. Qui tutto l’armamentario del debito e del deficit non sta più in piedi. Gli investimenti non sono né debito né deficit. Si possono fare con i prelievi fiscali, con gli eurobond o con altre forme. Ma certo, se si accetta che la Banca Mondiale abbia fatto nascere nel 2017 i “cat bond”, cioè titoli di mercato sulle pandemie, su questa strada siamo spacciati.

Invece, se si cambia strada, non c’è alcuna flessibilità da “chiedere” e da “concedere”. Siamo di fronte alla necessità di cambiare la ragion d’essere della Ue. Perché la salute è un diritto. Perché il virus mostra la totale fragilità dell’economia capitalistica globalizzata. Perché il problema non è l’Italia, o qualsiasi altro Paese, ma la situazione europea e globale.

La crisi globale finanziaria privata del 2008 è stata trasformata in una gigantesca crisi economica e sociale con i costi accollati al pubblico. L’Italia ne ha pagati di altissimi. Ad esempio usando (col permesso Ue) i soldi del Fondo sociale europeo per pagare il dilagare della cassa integrazione, ma con l’obbligo di reimmetterli.

Ora la situazione può essere peggiore. Sarebbe il momento non solo di garantire anche dall’Europa tutti i sostegni possibili al lavoro e non solo alle imprese, ma anche di lanciare un vero reddito di cittadinanza. Se i cat bond hanno la sfrontatezza di garantire tra il 6% e l’11% di rendimento, non può essere che si attacchi chi vuole un reddito di base.

In questo quadro, le notizie che si vorrebbe approvare ora la “riforma” del Mes ci dicono di una cosa demenziale. Invece che intervenire per fare della Ue e della Bce entità “normali” che investono e armonizzano, si va avanti su un fondo a modello Fmi che valuta e condiziona ancora, a partire da parametri come il debito e secondo le linee dell’austerity? Il Mes è l’opposto di ciò che serve all’Europa. Per l’Italia sarebbe una sciagura totale.

Un’ultima considerazione, che mi limito ad abbozzare. Anche la vicenda del virus ci dice che governance e governo sono due cose diverse. Le governance comandano semplificando in forme aziendalistiche. I governi servono a far fronte autorevolmente e democraticamente alla realtà complessa. Si è ecceduto in governance, e manca autorevolezza di governo.

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