Tuteliamo gli invisibili delle campagne - di Jean René Bilongo

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La lettera-appello della Flai Cgil al Presidente della Repubblica e al governo ha aperto il dibattito politico sulla regolarizzazione. Sono necessari atti conseguenti 

Il carico di apprensione da coronavirus mette l’Italia, l’Europa e il pianeta intero sotto scacco di questo nemico invisibile, inafferrabile, fin qui indomato. Le basiche regole su come lavarsi le mani e restare a casa possono sembrare partecipate da tutti, ma in realtà sono una chimera per molte fragilità sociali e umane presenti nel paese. Sono le fragilità emarginate dello sfruttamento nelle campagne, degli accampamenti rurali informali e dei ghetti. Qui sopravvivono tanti donne e uomini venuti da coordinate geografiche in condizioni a dir poco indecenti. Sono gli invisibili della società, ridotti a meri arnesi di lavoro da usare come bestie da soma.

In tempi di coronavirus, i migranti continuano a lavorare alla giornata come se non ci fosse la pandemia, senza dispositivi di protezione, senza nulla di nulla, alla mercé dei caporali e sfruttatori che li stipano all’inverosimile nei mezzi sgangherati con i quali li convogliano nei campi. C’è bisogno di grande disponibilità di generi alimentari freschi, all’occorrenza frutta e verdura, per la sicurezza alimentare dei cittadini chiusi nelle proprie abitazioni. E sono loro a fare quel lavoro.

I migranti delle campagne sono più che mai alla mercé di caporali e sfruttatori, ancora più ghignanti del solito. L’ombra dissuasiva degli ispettori del lavoro è venuta meno con il coronavirus. Gli ispettorati in questa fase si limitano all’espletamento telematico delle loro funzioni.

Tutto questo è un insieme di fatti e condizioni alla base dell’ulteriore mobilitazione straordinaria della Flai. La sfida è anzitutto umanitaria, di salute pubblica. Insieme all’associazione ‘Terra!’, la Flai ha promosso una lettera- appello al Presidente della Repubblica, al presidente del Consiglio e al governo per chiedere “correttivi istituzionali immediati in una cornice di monitoraggio preventivo, nonché di presa in carico degli eventuali casi di Covid-19, in ossequio al principio costituzionale della tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”.

Molte le adesioni espresse da importanti organizzazioni e associazioni impegnate sul fronte della sussidiarietà, da Libera a Oxfam, Medu, Caritas Italiana, Arci, Actionaid, nonché da tanti cittadini accanto a nomi autorevoli del panorama civile nazionale, da Roberto Saviano a Mimmo Lucano.

Gli insediamenti informali e i ghetti sono incompatibili con la pandemia. Per superarli, il Dpcm del 09 marzo offre uno squarcio: i prefetti possono requisire immobili e strutture come le caserme in disuso e mettere al riparo le migliaia di migranti che sopravvivono in quei gironi danteschi, senza soluzione di umanità. Ma occorre andare oltre e incardinare una regolarizzazione “contingibile” e semplificata degli immigrati sprovvisti del permesso di soggiorno. E sono tanti, tra chi è stato vittima dell’emorragia occupazionale dovuta alla crisi di un decennio fa senza essersi mai più reinserito, o chi si è visto respingere l’istanza per l’asilo politico.

A queste due categorie bisogna poi aggiungere le vittime del decreto sicurezza: ha silurato i beneficiari della protezione umanitaria, ora intrappolati nell’irregolarità. Invisibili abbandonati, negletti, trascurati. Che possono validamente sopperire allo ‘shortage’ di manodopera agricola in atto. Allo stato attuale, molti di loro lavorano nei campi, sfruttati, senza prospettiva di emancipazione dal giogo degli sfruttatori. Il punto fermo è che vengano regolarmente inquadrati, applicando i contratti collettivi di riferimento.

La stessa regolarizzazione semplificata può paradossalmente fare leva sulle disposizioni del decreto sicurezza, con il rilascio del permesso di soggiorno per “situazione di contingente ed eccezionale calamità”. E’ fuor di dubbio che Covid-19 sia una calamità ‘glocale’, per dirla con una formula lessicale derivante dalla globalizzazione. E’ globale e locale: non risparmia nessuna città, paese o continente. Se davvero nessuno deve rimanere indietro, occorre essere conseguenti.

Al dibattito che si è aperto anche tra esponenti della maggioranza – inclusa la ministra dell’agricoltura Teresa Bellanova – il governo deve dare una risposta adeguata in tempi brevi, riconoscendo finalmente che i diritti dei migranti coincidono con la tutela della saluta dell’intera nazione, e con una conduzione regolare dell’attività agricola nelle nostre campagne.

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