Il rischio Covid nella direttiva Ue sugli agenti biologici - di Silvana Cappuccio

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La Commissione europea ha di recente modificato la direttiva 2000/54/Ce sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti dall’esposizione ad agenti biologici, e incluso tra questi il Sars-CoV-2, il virus che causa la pandemia di Covid-19.

La Cgil, insieme alla Confederazione europea dei sindacati (Ces), ha sostenuto con convinzione la proposta di revisione che, se da sola non è certamente sufficiente a risolvere tutti i problemi connessi all’esigenza di tutela della salute nei luoghi di lavoro, riconosce esplicitamente e afferma l’integrazione della protezione della salute e della sicurezza al lavoro come fondamento della exit strategy dell’Unione europea dalla pandemia Covid-19.

L’iter di modifica della normativa, controverso in alcuni passaggi importanti, si è concluso con la classificazione della Sars-CoV-2 nel gruppo 3, e non nella categoria di massima pericolosità del gruppo 4 (dell’allegato III della direttiva), come invece avevano chiesto la Cgil e la Ces, supportate da solide ragioni di ordine giuridico e politico.

Argomenti giuridici a parte, sono le stesse caratteristiche del virus Covid-19 che avrebbero giustificato la sua classificazione nel gruppo a più alto rischio, sia per la mancanza ad oggi di un trattamento efficace o di un vaccino, che soprattutto per l’elevata esposizione dei lavoratori a contatto con il pubblico. Il lavoro è un vettore di contagio, poiché è sufficiente il contatto con una persona infetta, indipendentemente dal fatto che quella persona abbia chiari sintomi della malattia. Per questo motivo da marzo in poi il lockdown generale è stato imposto proprio a partire dai luoghi di lavoro, laddove le interazioni sociali sono, per la maggior parte, la regola.

Alcuni europarlamentari della commissione Occupazione e affari sociali del Parlamento europeo avevano sollevato l’obiezione sulla classificazione di pericolosità, chiedendo che questa venisse riconsiderata secondo la massima gravità. Ma l’opposizione espressa da alcuni Paesi, soprattutto la Germania, e dalle associazioni imprenditoriali, ha sbarrato la strada alla corretta definizione del virus, esercitando una forte pressione su tutte le forze politiche, alcune delle quali hanno persino ritirato il voto a favore dell’obiezione precedentemente espresso.

La dialettica in campo ha però consentito il raggiungimento di un documento di compromesso, che segna comunque degli avanzamenti di rilievo in materia, e di fatto sottolinea che la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori non è un argomento tecnico da trattare in oscuri comitati, ma che le parti sociali e il Parlamento europeo devono essere coinvolti nella sua definizione, in modo aperto e trasparente.

La dichiarazione finale della Commissione europea reitera tutti gli obblighi che derivano ai datori di lavoro dall’inclusione del virus tra gli agenti biologici, e raccomanda agli Stati membri di trasporre il testo, prevedendo l’obbligo dei datori di fornire informazioni scritte, importanti per la prevenzione dei lavoratori contro il virus. Ribadisce l’obbligo non negoziabile a tutti i datori di lavoro di effettuare una completa valutazione dei rischi aggiornata e completa, e sottolinea che tutte le suddette disposizioni si applicano a tutti i lavoratori e a tutti i luoghi di lavoro.

Afferma inoltre che il sistema di classificazione previsto dalla direttiva sugli agenti biologici richiede un aggiornamento per l’inclusione dei rischi legati alle situazioni pandemiche e, più in generale, riconosce la necessità di inquadrare il tema “pandemia” nel più ampio contesto della Strategia europea su salute e sicurezza al lavoro, con il coinvolgimento del Parlamento europeo, del Comitato consultivo su salute e sicurezza della Ue, e con il Comitato degli alti responsabili degli ispettorati del lavoro (Slic).

Questi sono miglioramenti concreti per la salute dei lavoratori e della collettività, che dimostrano il ruolo insostituibile dell’Unione a sostegno della giustizia sociale e della democrazia, e che non sarebbero stati possibili senza l’impegno attivo dei sindacati e dei deputati europei.

Subito dopo avere presentato questo documento, la Commissione europea ha annunciato la creazione di un comitato di lavoro ad hoc su “pandemie e loro implicazioni su salute e sicurezza al lavoro”, che sarà costituito a settembre.

La nuova misura andrà recepita nell’ordinamento italiano tramite un decreto attuativo che modificherà il Testo unico sulla sicurezza, entro un periodo breve e non superiore a cinque mesi.

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