Nasce Rete Italiana Pace e Disarmo. L’unione fa la forza - di Sergio Bassoli

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Il 21 settembre scorso le due reti, Rete della Pace e Rete Disarmo (http://retepacedisarmo.org/) hanno annunciato la loro fusione dando vita ad una nuova rete, la Rete Italiana Pace e Disarmo, portando a termine un percorso di intensa collaborazione avviato nel 2014 con l’Arena di Pace a Verona, e proseguito con numerose iniziative (la campagna Un’altra Difesa è possibile, Taglia le ali alle armi contro l’acquisto degli F35, No armi all’Arabia Saudita, il Cantiere di pace, Italia Ripensaci per la ratifica del Trattato per la messa al bando delle armi nucleari, Riconoscimento dello Stato di Palestina, ecc.).

Alla nuova rete confluiscono direttamente le 75 realtà aderenti alle due vecchie reti, tra associazioni, sindacati, comitati e circoli, che confermeranno la loro adesione in occasione dell’Assemblea costituente, prevista per il prossimo mese di gennaio, dove si auspica che anche altre realtà del variegato mondo pacifista, disarmista, nonviolento, presenteranno la richiesta di far parte di questo sforzo di coordinamento, di unione e di rilancio dell’azione e del pensiero del movimento per e della pace.

Il rilancio dell’azione del movimento per la pace è la mission della nuova Rete. Lo stesso slogan scelto per l’annuncio, “l’unione fa la forza”, evoca la strada percorsa in questi ultimi anni e invita a unire le energie e le intelligenze per contrastare i nuovi venti di guerra, la corsa al riarmo, le nuove ondate di razzismo, le diseguaglianze, la repressione e le violazioni dei diritti umani che crescono dentro le crisi e tra le crepe del modello di sviluppo dominante, accentuate dalle politiche neoliberiste e da una globalizzazione sfuggita dal controllo delle popolazioni e della politica.

Allora non c’è tempo da perdere, occorre l’impegno, la partecipazione e la mobilitazione di tutti per fermare la corsa di chi sta andando verso una società di muri e di sfilo spinato, lasciando il pianeta desertificato e intossicato, con l’1% della popolazione opulenta e il resto affamata e priva di diritti, pensando che con guerre, armi ed eserciti si possa governare il pianeta.

Il movimento per la pace c’è, ma deve farsi sentire maggiormente, deve contaminarsi e contaminare le altre lotte dall’ambiente, ai migranti, dal lavoro alla riconversione dell’industria bellica.

Chi manca all’appello è la politica, sono le istituzioni, non più in grado di dare le risposte alle crisi, di agire coerentemente con i principi ed i valori universali e, nel nostro caso, applicando la nostra Costituzione.

La nuova Rete si propone di rilanciare la mobilitazione e l’azione politica dal basso, ricreare i luoghi della partecipazione e della socialità, rompere il guscio dei localismi e della difesa degli interessi dei pochi, per conquistare le libertà ed i diritti universali di tutti. Schierarsi a favore di chi accoglie e di chi salva le vite in mare. E se la promozione della pace “non è una passeggiata o un invito a nozze”, è con l’impegno quotidiano, con la solidarietà e con la responsabilità che si forgiano le risposte alle sfide che la nostra società ha di fronte, a partire proprio dalla pandemia del Covid-19, per prevenire, proteggere, curare e far ripartire il Paese.

Sono proposte che il movimento per la pace ha già elaborato e che sono oggetto delle campagne e delle richieste già presentate alle istituzioni. Come la necessità di strutturare un sistema di difesa civile e nonviolenta, la ratifica del trattato per la messa al bando delle armi nucleari, gli investimenti in ricerca e finanziamenti per economia verde, con diritti e ad uso civile, riconvertendo l’industria bellica e senza più puntare sul mercato internazionale delle armi, la demilitarizzazione del territorio, il rilancio della cooperazione allo sviluppo sostenibile ed ai processi di democratizzazione dei Paesi fragili per garantire a tutti il diritto ad una vita dignitosa, una politica estera che veda nel nostro Paese il partner affidabile per la costruzione della pace, della convivenza, e per il rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani nella regione del Mediterraneo e in Africa.

Sogni, utopie, buonismo? No, è quello che avremmo già dovuto fare prendendo il testimone da chi ha sacrificato la propria vita per le libertà, i diritti e la democrazia, dichiarando il rifiuto della guerra e della violenza, come mezzo per la soluzione dei conflitti e consegnandoci la dimensione universale dei diritti umani.

Una sfida che coinvolge anche il mondo del lavoro ed in particolare il sindacato, sempre più impegnato a trovare soluzioni ed alternative alle contraddizioni e ai “danni collaterali” di un sistema economico che privilegia il profitto, tanto e subito, piuttosto che la salute e la sicurezza di chi lavora, investendo nella produzione e nel commercio di armi, unendo così ai profitti gli strumenti per alimentare le nuove guerre. l

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