Emiliano si conferma, ma tante cose devono cambiare - di Domenico Pantaleo

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Il voto regionale in Puglia ha contribuito a fermare l’onda della destra razzista e sovranista nel Paese. La vittoria di Emiliano e dell’ampia coalizione di centrosinistra è andata oltre ogni aspettativa, smentendo i sondaggi. Il Movimento 5 Stelle, primo partito alle politiche del 2018, si riduce all’11%, con una parte dei voti transitati verso il centrosinistra. Italia Viva, che con la candidatura Scalfarotto aveva come finalità far perdere Emiliano, non arriva al 2%.

La partecipazione al voto è stata superiore alla precedente tornata, e per il referendum maggiore delle regionali. Quel dato rileva che il centrosinistra è stato in grado di recuperare una parte delle astensioni, e che vi è una voglia di tornare a partecipare per fermare questa pericolosa destra.

L’esperienza della primavera pugliese può quindi proseguire, sia pure in uno scenario differente e non privo di contraddizioni. Non si intravede più quella sintonia sentimentale, tra governanti e governati, che aveva caratterizzato l’esperienza di Vendola, favorendo la spinta verso politiche di innovazione progettuale e culturale in una cornice di rinnovato impegno meridionalista. Nel Consiglio regionale oltre al Pd, prima forza politica, entrano alcune liste centriste, mentre le diverse forze della sinistra, divise in più cartelli elettorali privi di identità, riferimenti sociali e radicamento, non riescono a superare lo sbarramento del 4%. La dispersione dei voti a sinistra, causata da personalismi e settarismi, priva di rappresentanza migliaia di pugliesi che hanno contribuito in modo determinante a battere la destra di Fitto.

Nel voto ha pesato certamente la guida attendibile del governo regionale e di Emiliano durante il Covid. È stata premiata anche la capacità di innovare e modernizzare la Puglia nonostante tanti errori, alcune scelte sbagliate, e una gestione spregiudicata del potere.

Le cose da cambiare sono tante e possono essere realizzate solo coinvolgendo il sindacato e i corpi intermedi sulle scelte programmatiche. Più in generale bisogna ridare un senso alla democrazia nella vita delle persone, come motore di un ampio protagonismo collettivo e del necessario consenso in una fase difficilissima. Alle tante emergenze, a partire da quella pandemica non affatto superata, bisogna rispondere con un cambiamento radicale del modello di sviluppo della regione e del Sud, ecologicamente e socialmente sostenibile.

Sviluppo non può significare inquinamento e tanto meno mancanza di lavoro, disuguaglianze e cancellazione dei diritti. Il lavoro che manca, quello povero e sommerso, dentro una precarietà dilagante e strutturale, fino allo sfruttamento bestiale del caporalato, deve essere il baricentro di tutte le scelte dei prossimi anni. L’utilizzo dei fondi europei sarà un’opportunità straordinaria e non ripetibile per affrontare e superare i grandi nodi strutturali che bloccano lo sviluppo della Puglia e del Mezzogiorno, non facendosi condizionare da lobby e interessi clientelari che vogliono appropriarsi delle risorse pubbliche.

L’intreccio perverso tra politica e affari, uno dei terreni più praticati dalle organizzazioni criminali, deve essere spezzato perché mette a rischio la sicurezza dei cittadini, la legalità e la possibilità di migliorare la condizione economica e sociale della Puglia. Non sarà facile perché la crisi morde, provocando povertà crescenti e peggioramento delle condizioni di vita delle persone, che si sentono sempre più sole e indifese, perdendo la fiducia verso tutto e tutti. Si sommano disoccupazione, precarietà e tantissime crisi industriali, e sono prima di tutto le nuove generazioni a subire le conseguenze più pesanti, negando il diritto al lavoro e ad un’istruzione gratuita e di qualità.

L’obiettivo prioritario dev’essere ricongiungere giovani e futuro attraverso politiche inclusive di diritto allo studio, occupazione e reddito. La vertenza Ilva deve essere rapidamente risolta con l’ingresso del capitale pubblico nella proprietà, e soprattutto realizzando investimenti green che assicurino a Taranto un equilibrio tra ambiente e lavoro, salvaguardando salute e sicurezza di lavoratori e cittadini.

Il welfare non deve più essere considerato un costo ma un sistema di attività avanzate, con alti contenuti di conoscenze e capace di generare nuova occupazione. Welfare significa libertà dai bisogni materiali ma anche dall’ignoranza e dai pregiudizi dilaganti.

Per il sistema socio-sanitario servono investimenti in innovazione, ricerca e infrastrutturazione sociale per migliorare gli standard qualitativi e quantitativi dei Lea. Domiciliarità, prevenzione, abbattimento delle liste di attesa e medicina territoriale devono essere i pilastri per riqualificare l’assistenza e la cura, in primo luogo delle persone anziane, in coerenza con una legge nazionale sulla non autosufficienza. Per dare un orizzonte di civiltà al cambiamento sono fondamentali i valori di umanità, giustizia sociale, solidarietà contro ogni forma di razzismo, esclusione e discriminazione.

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