Un altro mondo è possibile e Gino Strada lo ha realizzato - di Mimmo Dieni

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Eno. Con Gino Strada non è possibile fare il solito post, quello che in gergo giornalistico si chiama il “coccodrillo”. Perché Gino non era uno qualsiasi. Anzi era uno qualsiasi. Solo che aveva una caratteristica, che in questa epoca lo rendeva particolarissimo. Unico. La coerenza. Coi suoi principi, con sé stesso, con gli altri e le altre.

Perché anche nei periodi storici più oscuri, come quello che stiamo vivendo, dove la cultura dell’egoismo sociale la fa da padrona, dove veniamo quotidianamente bombardati da ideologie che, parlando della “morte delle ideologie”, operano incessantemente per sostituirle: sovranismo, “privato è bello”, interessi di qualcuno spacciati come interessi nazionali, “prima noi”, “non possiamo aiutare tutti”, selezione economica spacciata come selezione naturale, o sei ricco o ti fotti, il diritto del più forte; bene, anche in momenti come questi, esce fuori una qualche figura, proprio come Gino, o Teresa, a mostrarci che... no. Si può essere diversi.

Si può essere sempre e comunque contro la guerra, contro chi la prepara, contro chi la propugna o la pratica, senza se e senza ma. Si può essere medici di eccellenza e curare non per soldi, ma per dovere etico. Si può ribadire che il diritto alla salute deve essere di tutti e la sanità deve essere pubblica e gratuita. E si può mettere in pratica questo convincimento, costruendo ed organizzando centinaia di ospedali da campo, proprio dove c’è la guerra, dove c’è la fame, dove c’è chi ne ha bisogno.

Quanti dei tanti politici che oggi sono costretti a riconoscere l’operato concreto di Gino, e lo incensano con complimenti e canonizzazioni, hanno pensato di fronte alle sue dichiarazioni: “ma che palle questo rompiscatole!”, perché criticava gli acquisti di armi, aerei da guerra, accordi politici economici che loro, coi loro governi, stavano facendo, anziché spendere soldi per la sanità, per l’istruzione, per la prevenzione? Poi, visto che Gino era inattaccabile, puntavano a presentarlo come un sognatore idealista, poco pragmatico.

Invece la vittoria più grande di Gino è stata quella di dimostrare che si può essere sognatori, idealisti, e mettere in pratica quotidianamente le proprie convinzioni. Gino non era un “Santo laico”. Gino era uno che credeva nei suoi valori e li praticava rendendoli possibili.

Molti hanno usato nei loro saluti a Gino, bellissime citazioni. Io ne ho scelta una. “Beati quelli che costruiscono la pace”. È una frase che un predicatore ebreo di Nazareth potrebbe effettivamente avere detto, parte di uno o più discorsi, conformi ai criteri che gli studiosi utilizzano per verificare la storicità di una fonte e sono l’attestazione multipla (la frase è tratta dal vangelo di Matteo, ma concetti simili si trovano in quello di Luca ed in quello apocrifo di Tommaso), e il contesto storico e culturale. “Beati” in questo senso è da interpretare come felici. E Gino Strada è stato sicuramente felice di aver potuto fare ciò che per tutta una vita aspirava a fare, ed ha fatto.

Gino ci lascia un’eredità sontuosa. La figlia Cecilia ha appreso la notizia della morte mentre era impegnata su una nave che, in mezzo al Mediterraneo, stava in quel momento effettuando un’operazione di salvataggio. Stava salvando delle vite umane. Ed è ciò che fanno i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari di Emergency, la Ong fondata da Gino e Teresa Sarti, in Afghanistan e nei teatri di guerra.

Un altro mondo è possibile. E beati, felici sono quelli che lo rendono possibile. Grazie Gino. Ti sia lieve la ter

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