La prematura scomparsa del compagno Salvatore Livorno - di Leopoldo Tartaglia

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La notizia che non vorresti mai ricevere. Nel pomeriggio arriva un messaggio: “Oggi, alle 15 è venuto meno, dopo una rapidissima malattia, Salvatore Livorno”. Il mondo ti crolla addosso.

Da troppo tempo non vedevo e non sentivo Salvatore, scomparso il 25 ottobre a soli 52 anni. La nostra frequentazione si era diradata man mano che, con l’incarico alla Cgil nazionale, avevo ridotto i miei rientri a Padova. Ma Salvatore restava in qualche modo un punto di riferimento, una persona che sapevi di trovare sempre aperta e disponibile.

C’era comunque un legame profondo, e sentivo, sento una responsabilità nei confronti di Salvatore. Insieme a Beppe Turudda, proponemmo a lui, nel 2003, di sostituirmi nella segreteria provinciale della Cgil, come rappresentante dell’area, quando fui chiamato al dipartimento internazionale della Cgil nazionale. Sapevamo di chiedere a Salvatore un impegno e un sacrificio non da poco. Lui era un giovane delegato del settore amministrativo della polizia stradale, da pochi anni arrivato dalla sua Pomigliano d’Arco – un’origine in una città operaia del Sud di cui andava fiero – sempre in prima fila nelle lotte sindacali, nell’impegno esterno al posto di lavoro, nel confronto interno alla Cgil, con intelligente e arguto sostegno alle nostre posizioni.

Credo che il 2003 sia stato un anno importante per Salvatore, non solo per l’ingresso nella segreteria confederale, ma soprattutto perché il 15 febbraio – nel giorno della più grande manifestazione pacifista che si ricordi, contro la guerra in Iraq – è convolato a nozze con l’amata Barbara, a cui vanno il mio pensiero, il mio abbraccio, la mia vicinanza.

Salvatore è (fatico a scrivere “è stato”) un compagno leale, di grande generosità, integerrimo, di profonda empatia con le lavoratrici e i lavoratori, di spessore politico e intellettuale, instancabile combattente contro soprusi e ingiustizie, mai domo di fronte ai piccoli e grandi compromessi cui il fare sindacato ci mette di fronte. Soprattutto verso le controparti, nel rispetto dei lavoratori che rappresentava, ma anche dentro l’organizzazione e dentro l’area. Cosa che non gli ha certo reso facile l’impegno e la militanza, creandogli tante amiche e amici ma anche tanti “nemici”, incapaci di accettare la sua coerenza a volte intransigente.

Non sono stati facili gli anni nella segreteria confederale – anche per complicate vicende della Camera del Lavoro – a cui sono seguiti quelli nella segreteria della Funzione pubblica, dove si è particolarmente occupato dell’igiene ambientale. Fino alla rottura nell’area al congresso del 2014 e, successivamente, a quando – a seguito del taglio dei permessi sindacali nel pubblico - altri compagni hanno fatto la dolorosa scelta di rinunciare alla sua aspettativa e farlo rientrare al lavoro. A gennaio del 2017 Salvatore ha assunto un’altra difficile decisione, accettando l’incarico sindacale offertogli dalla Uil Fpl.

Non abbiamo mai riflettuto seriamente, in maniera collettiva, su questa ed altre separazioni. La sinistra sindacale è una grande esperienza, dialettica e plurale, ma il tarlo della divisione, delle rotture – che spesso diventano anche personali – ci perseguita forse non meno che nella devastante storia delle sinistre italiane.

Ho sempre pensato – anche se ho fatto fatica ad accettarla – che quella decisione fosse in linea con la militanza e l’impegno di Salvatore a difendere e rappresentare i lavoratori e le lavoratrici, una ragione di vita. Coerenza e lealtà profonda che non si misurano tanto nella fedeltà alla organizzazione (non certo ai suoi gruppi dirigenti) quanto nella lealtà ai valori, ai lavoratori, all’impegno per la giustizia sociale, che si esercita anche in diverse forme organizzate. Credo che questi anni abbiano confermato la sua capacità di rimanere sempre coerentemente e combattivamente dalla stessa parte.

Non si può limitare il suo impegno, politico e sindacale, al lavoro nell’igiene ambientale. Ma non c’è dubbio che abbia contribuito senza sosta e senza risparmio di energie non solo al miglioramento delle condizioni di vita di lavoratrici e lavoratori, ma a denunciare pubblicamente – e all’autorità giudiziaria – la corruzione, lo sfruttamento illegale, le infiltrazioni mafiose in un settore dove il pubblico nasconde spesso illegalità e lavoro nero del sistema di appalti, subappalti, false cooperative. Ne è testimonianza il suo libro “Quanta bella monnezza” (scritto con Gianluca Zanella) sulla malagestione dei rifiuti nel nord-est. Salvatore ha scritto, successivamente, un altro libro “Fottitutto”, in cui – con la consueta arguzia e coerenza – punta il dito sulle contraddizioni dei sindacati, in particolare nel rapporto con la politica e, in alcuni casi, con gli affari. Anche questa una scelta che non gli ha attirato solo apprezzamenti e amicizie.

Ciao Salvatore. Grazie. Ci mancherai come amico e compagno. Mancherai al movimento sindacale, alle lavoratrici e ai lavoratori cui hai dato tutto il tuo impegno, la tua generosità, l’acuta intelligenza.

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