Honduras: Xiomara Castro presidente! - di Marco Consolo

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Dodici anni dopo il colpo di Stato contro il presidente Manuel Zelaya, lo scorso 28 novembre le urne hanno dato una chiara vittoria a Xiomara Castro, al suo partito Libertad y Refundación (Libre), e all’alleanza democratica del popolo honduregno che ha vinto nelle urne, con una alta partecipazione al voto (più del 60%). Un fatto nuovo nel piccolo Honduras, da sempre un laboratorio geo-politico.

Negli anni ‘80 è stato la “portaerei” made in Usa contro le lotte di liberazione della regione, la retroguardia dei “contras” al soldo degli Stati uniti, e base di aggressione militare contro il Nicaragua sandinista. E nel 2009 l’Honduras era stato teatro del primo dei “golpe blandi” del continente contro Manuel Zelaya, un proprietario terriero che veniva da una delle famiglie oligarchiche del Paese, ex-deputato del partito Liberale.

Zelaya non era certo un pericoloso estremista di sinistra, ma un liberale che aveva osato stringere accordi petroliferi con il Venezuela di Chavez, scontrandosi con Esso (ExxonMobil), Texaco (Chevron) e Shell. Aveva aderito all’Alba (Alternativa Bolivariana para los Pueblos de Nuestra América) con l’“asse del male” del Venezuela, Cuba, Nicaragua e Bolivia, e aveva proposto un referendum su una possibile assemblea costituente. Soprattutto, aveva messo in discussione l’ingombrante presenza statunitense nell’enorme base aerea di Palmerola e nel resto del Paese.

La risposta dei poteri forti non si fece attendere, e il 28 giugno 2009 Zelaya fu arrestato di notte e portato fuori dal Paese, in pigiama. Al suo posto il Parlamento golpista aveva messo un altro liberale, Roberto Micheletti, di origini bergamasche. E da quel golpe l’Honduras è sprofondato nuovamente nel baratro, tornando nelle mani delle solite poche famiglie e delle multinazionali straniere, con una corruzione dilagante, una criminalità fatta Stato, e il narcotraffico che ha coinvolto le più alte cariche del Paese.

Dure politiche liberiste hanno messo in ginocchio l’Honduras, imposte con repressione e violenze che hanno mietuto decine di vittime, lontano dalle telecamere dell’Isola dei famosi, il reality della Rai che lodava le meraviglie del “paradiso tropicale”. Telecamere che non hanno mai voluto vedere gli assassini di militanti politici e sociali, dirigenti contadini, ambientalisti, donne, esponenti della diversità sessuale. Uno dei casi più conosciuti è quello di Berta Caceres, dirigente del popolo Lenca e ambientalista, in prima fila nella battaglia contro la triplice dominazione a cui sono soggette le donne (patriarcato, capitalismo e razzismo), caduta sotto il piombo di sicari al soldo del governo.

Nel 2017, le proteste contro i brogli erano state represse nel sangue, con un saldo di più di 20 morti, e in queste ultime elezioni sono stati assassinati più di 31 candidati. Brutalità e violenza sono state le cifre del governo uscente di Juan Orlando Hernandez, il cui fratello è stato condannato per narcotraffico negli Stati uniti, che ora accusano l’Honduras di essere un “narco-Stato” mentre la Dea investiga lo stesso presidente.

Ci sono voluti ben dodici anni per ottenere una grande vittoria democratica ed eleggere una donna a presidente, per la prima volta nei 200 anni di storia del Paese, nonchè la persona più votata in assoluto. Proprio il protagonismo e la mobilitazione delle donne sono stati decisivi per la vittoria di Xiomara, in un Paese in cui ogni 23 ore è assassinata una donna, con una persistente discriminazione di genere e diseguaglianza, e dove la povertà arriva all’ incredibile cifra del 70%.

Dalle ennesime elezioni fraudolente del 2017 (sostenute dall’ambasciata statunitense), Libre ha realizzato un grande lavoro politico e organizzativo, in particolare tra i giovani che hanno votato in massa in questa occasione. Nell’ultimo mese Libre è riuscita anche a stabilire diverse alleanze, con il partito Salvador de Honduras (Psh) di Salvador Nasralla, il Partido de Inovaciòn y Unidad (Pinu) e con settori del partito Liberale, alleanze essenziali per il risultato.

Queste alleanze hanno anche aperto canali di dialogo con gli Stati uniti, stufi della corruzione del partito Nazionale, delle carovane di migranti, e del narcotraffico che ha coinvolto le massime cariche del Paese. Cercando una maggiore stabilità in Honduras, in questa occasione gli Usa non hanno voluto ostacolare Libre.

Il risultato rompe anche il bipartitismo tradizionale, che ha governato il Paese sin dalla sua nascita, con una alternanza tra Partido Nacional e Partido Liberal. Il partito Libre, nato dopo il golpe del 2009, ha saputo coagulare diverse forze scontente del liberalismo, movimenti sociali e sinistra.

Ci sarà molto lavoro da fare, per conciliare i diversi interessi che hanno contribuito alla vittoria, e affrontare un Paese arrivato allo stremo. Ma non c’è dubbio che il voto è stato una chiara vittoria contro gli interessi del neoliberalismo, del narcotraffico e della criminalità diffusa, e contro la svendita dell’Honduras.

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