Canfora: “Putiniano? Impossibile per un comunista. In Ucraina c’è uno sconto fra potenze” - di Frida Nacinovich

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Luciano Canfora non ha bisogno di presentazioni, filologo classico e storico, professore emerito all’università di Bari, autore di libri che lasciano sempre qualcosa in chi li legge. Mai banale nelle sue analisi politiche, complice la guerra in Ucraina e la narrazione ‘embedded’ che ne è seguita, le sue posizioni fuori dal coro stanno facendo discutere, come peraltro sempre successo con le sue analisi disincantate sul sistema politico italiano.

 

- Professore, andiamo subito al cuore del problema: come scrive il brillante vaticanista Marco Politi, è centrale chiedersi quale sia l’obiettivo geopolitico finale del conflitto. Da una parte Papa Francesco e il presidente francese Emmanuel Macron, che continuano a chiedere in tempi rapidi un tavolo di negoziato, dall’altra i Paesi baltici e la Polonia, che premono per infliggere alla Russia un colpo finale che non le consenta mai più avventure militari, sostenuti da un pezzo del governo Usa e da quello inglese. Secondo lei che sviluppi possiamo aspettarci?

“La risposta non è facile. Fino a qualche mese fa si poteva pensare che in Occidente regnasse il buonsenso. Invece da qualche tempo a questa parte abbiamo capito che ai vertici degli Stati Uniti c’è una parte che vuole chiudere la partita contro la Russia. Dato che i polacchi danno una mano - e sono anche gli ‘infiltrati’ degli Stati Uniti dentro l’Unione europea - la situazione è molto seria. Possono prevalere questi irresponsabili, per i quali una guerra generalizzata non è un problema. I polacchi forse hanno la tendenza al suicidio, gli Stati Uniti sono tranquilli perché protetti da due oceani. Quindi, mentre l’Europa va al massacro, loro se la spassano. E vendono le armi agli europei che si massacrano fra loro. L’opzione di chiudere la partita con la Russia non è impossibile, c’è solo da sperare che non prevalga”.

 

- Professor Canfora, non c’è da avere paura quando i governi mettono l’elmetto mentre i governati chiedono trattative, il cessate il fuoco e stop al riarmo?

“Da quando abbiamo i governi del presidente, l’opinione pubblica non conta nulla. È come se non ci fosse. Forse l’opinione pubblica voleva un governo comprendente tutti, dalla Lega al Pd? Credo di no. Eppure questo governo ci è stato imposto. E se a noi non piace, a loro non importa. È stato detto, non è una mia riflessione, che nel Paese è stata sospesa la democrazia perché maiora premunt. Quando è entrato in carica il governo Draghi, è stato giustificato con il fatto che l’ora grave della patria richiedeva l’unità, e ogni conflittualità doveva essere messa da parte. Il governo è nato così. Ma a quel punto le dinamiche che siamo soliti chiamare democratiche vengono sospese, inutile fingere che sia andata diversamente. Molti giornalisti si sono affrettati a dire che è vero il contrario. Pazienza”.

 

- La guerra è tornata in Europa, come accadde nella ex Jugoslavia. Sembra che i governi continentali abbiano nuovamente dimenticato la terribile lezione del secondo conflitto mondiale.

“Non l’hanno dimenticata affatto. Dopo la fine dell’Unione Sovietica la Nato ha deciso di spazzare via tutto quello che sopravviveva del socialismo. Quindi il bersaglio principale era la Jugoslavia, alla quale hanno inflitto prima una guerra civile, poi una guerra di aggressione da parte della Nato, nel 1999. I governi sanno benissimo quello che fanno. Avevano promesso a una persona ‘ingenua’ come Gorbaciov che la Nato non avrebbe fatto passi per arrivare ai confini della Russia, dopo poco hanno fatto esattamente il contrario. E ora, come ha detto Papa Francesco, la Nato abbaia ai confini della Russia. Non è che hanno dimenticato, stanno seguendo un piano preciso, al quale evidentemente tengono moltissimo”.

 

- Dopo tre mesi di guerra, in Italia anche i più convinti sostenitori dell’aiuto armato all’Ucraina iniziano a farsi delle domande. Perché ogni guerra, si sa, provoca conseguenze economiche e sociali non soltanto fra gli attori principali del conflitto.

“Non deve convincere me che questo piano sia pericoloso. Come le ho già detto, per gli Stati Uniti le guerre a casa degli altri sono la norma. Hanno avuto solo una loro guerra ‘interna’, perché all’epoca, nel 1861, il partito democratico voleva mantenere la schiavitù dei neri, mentre il partito repubblicano era contro. Lo dovremmo raccontare a Walter Veltroni. A parte quella guerra civile interna, un massacro, hanno sempre fatto le guerre a casa degli altri. Quando hanno aggredito il Vietnam dicevano che stavano combattendo per la libertà. Come recita un proverbio siciliano, non è cretino carnevale, lo è chi va dietro a carnevale. Quello è stupido. Abbiamo una notevole quantità di persone assoldate per dire il contrario di quel che sta accadendo”.

 

- Il suo ultimo libro, edito da Laterza, si intitola “La democrazia dei signori”. C’è chi sostiene che per Putin la vera minaccia sia il mondo occidentale nel suo complesso, cui si stava pericolosamente avvicinando l’Ucraina. Questa chiave di lettura la convince?

“Basta avere la forza e poi si può imporre anche l’idea che gli asini volano. Lei che vede l’asino può dire di no, non vola. Ma le risponderanno che è appena atterrato. Il 3 ottobre scorso il Guardian, giornale inglese che non si stampa a Mosca, ha redatto un profilo allucinante di Zelensky. Un personaggio a dir poco inquietante, anche sul piano degli affari”.

 

- Il primo ministro inglese Boris Johnson ha dovuto smentire le indiscrezioni che lo volevano pronto a inviare navi nel Mar Nero per garantire l’esportazione di grano dal porto ucraino di Odessa. Per fortuna.

“Condivido questo suo allarme. Boris Johnson ha avuto una sorta di allucinazione e si è convinto di essere Winston Churchill. Crede di impersonare Churchill contro la Germania nazista. Evidentemente ha bevuto troppe birre, e quindi si comporta come se vivesse nel 1939/40. E tutti i giornali gli vanno dietro”.

 

- Come può una manifestazione sindacale non avere la pace quale tema principale? Esistono forse diritti o giustizia sociale sotto le bombe?

“Mi ricordo una frase di Trotsky sul mondo occidentale. Lui diceva che apparentemente è il luogo della libertà, perché tutti possono volare. Ma non tutti hanno l’aeroplano”.

 

- In una sua recente intervista, di fronte all’ennesima accusa di tifare per Putin ha risposto: “Non posso essere putiniano, sono comunista …”.

“Hanno inventato il concetto di putiniano, è uno pseudo concetto che serve a falsificare la realtà. La realtà è che siamo di fronte a un conflitto fra potenze. La Russia non è più sovietica, è diretta da una élite di magnati, di oligarchi. Con il socialismo non ha niente a che fare. Ma questo non è il problema che turba i magnati dell’Occidente. Il vero problema è che loro ritengono che la Russia abbia ancora una forza militare preoccupante, quindi bisogna ‘tagliargli le unghie’, come si diceva una volta. Portando argomenti ovviamente nobili, la libertà, ecc, ecc.. Ma la sostanza non cambia, è questa. La Cina è una potenza economica gigantesca ma non ha le armi che hanno gli Stati Uniti. La Russia le ha, ma non è più una potenza economica. Allora bisogna colpire prima la Russia e fare piazza pulita di quell’arsenale. Poi toccherà alla Cina, alla quale già pensava George Bush junior quando diventò presidente nel 2000. Presidente con l’imbroglio, perché in base ai numeri elettorali avrebbe dovuto vincere le elezioni Al Gore. Appena Bush entra in carica, la prima cosa che fa è valutare la situazione militare in vista di una guerra con la Cina nel 2013. Per fortuna l’abbiamo scampata. Ma questo è nella zucca dei portatori di libertà a casa altrui: intervenire contro la potenza residuale della Russia perché ha armi preoccupanti. Risolto quel problema, toccherà alla Cina. Per poi dominare il mondo. Nella testa di questi signori non c’è qualcosa di diverso. Dopodiché, definire putiniano chi lo fa notare è di una stupidità sublime”.

 

- Professore, certo lei non le manda a dire.

“Io ho sempre detto quello che penso. Non sono così dogmatico da ritenere che tutto quello che dico è giusto. Ma quando intervengo, lo faccio dopo aver riflettuto. E aver la possibilità di esprimersi non è sempre scontato”.

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