Sanzioni, una falsa risorsa. Business is business - di Eugenio Oropallo

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Mentre la guerra in Ucraina continua facendo aumentare il numero dei morti, si è tenuta a San Pietroburgo il 16 giugno la 25^ edizione del Forum Economico, vetrina dell’economia russa. Per quanto in tono minore, non è mancata la presenza di diverse organizzazioni occidentali e di imprenditori provenienti sia dall’Europa che dagli Usa. E così, accanto ai presidenti di tre paesi post-sovietici alleati come il bielorusso Lukascenko, oltre al presidente armeno e a quello tagiko, in barba agli appelli di boicottaggio, c’era anche una pattuglia di imprenditori italiani e francesi come il presidente della Camera di commercio franco-russa Emanuel Quidet, e gli italiani Alfredo Gozzi, direttore generale di Confindustria Russia, e Vincenzo Trani, da poco riconfermato presidente della Camera di commercio Italo-russa.

Lo statunitense Agee, il primo ad aver preso la parola, ha contestato i numeri del ritiro delle grandi marche americane. “Solo l’11% delle aziende americane ha abbandonato il mercato russo”. Vincenzo Trani ha precisato che essere rimasti in Russia “non vuol dire che sosteniamo gli eventi di febbraio. Il business vuole la stabilità e pace. Il business è business. Non può mischiarsi con la politica”. D’altra parte non aveva fatto scalpore anche la presenza di una folta delegazione di produttori italiani di scarpe, che aveva partecipato a una fiera tenuta a Mosca, tradizionale cliente delle imprese italiane del settore.

Recentemente il presidente Zelensky si è lamentato della Danieli Costruzioni di Udine che sta lavorando in Russia, accusandola dunque di fare gli interessi di Mosca. La Danieli ha prontamente ricordato che stava lavorando in un settore, come quello delle costruzioni, che non è stato colpito dalle sanzioni.

Che dire poi delle vendite triangolari di idrocarburi e gas, diventato il sistema più semplice per aggirare le sanzioni? Questo conferma che le sanzioni hanno una scarsa efficacia in un sistema circolare, dove è impossibile bloccare le transazioni internazionali. La libertà di commercio è uno dei pilastri del sistema economico mondiale: se si vuole il rispetto di questo principio, è evidente che le sanzioni spesso mettono in crisi soprattutto i paesi acquirenti di prodotti necessari per le industrie, per cui paesi come l’Italia o la Germania sono dipendenti dai produttori di energia come la Russia o i paesi arabi del Golfo. Il tentativo degli Usa di estromettere la Russia dall’Opec non è riuscito. Senza dimenticare che il petrolio che ci proviene dai paesi del golfo arabo non è certamente più ‘democratico’ di quello russo, mentre gli Usa hanno sempre taciuto sui crimini di questi paesi pur di mantenere un piede dentro l’Opec.

Signori della Corte, se siete pronti a condannare la Russia per l’invasione dell’Ucraina, perché non siete pronti ad accusare di genocidio di massa la Turchia di Erdogan, o i massacri commessi nella guerra in Yemen che non hanno risparmiato neppure i bambini? Oggi ci vengono a parlare di una battaglia per la democrazia in Ucraina, quando si tratta di una rivendicazione territoriale che rischia di diventare pretesto per una terza guerra mondiale. Sapendo bene che tutto ciò serve solo a rafforzare il dominio imperialista degli Usa.

Siamo disposti a mandare a morire i nostri giovani, senza sapere neppure quale sia l’obiettivo che intendono raggiungere, lasciando all’Ucraina di decidere come e quando mettere fine alla guerra? O vogliamo essere complici di uno Stoltenberg che sta facendo pubblicità su tutte le piazze d’Europa per una terza guerra mondiale? Una vera e propria ecatombe dalla quale si salverebbe solo una modesta minoranza della nostra specie. E questo mentre stiamo assistendo impotenti al collasso del nostro pianeta.

Signori della Corte, siate clementi! Liberateci di questi nostri dirigenti decisi a eliminare ogni forma di vita. Se c’è un imperialismo russo da mettere sul banco degli imputati, non dimenticate che c’è un altro imperialismo molto più forte che sta giocando con la nostra vita e il nostro futuro, preparando una guerra che sarà combattuta essenzialmente sul nostro continente. E allora che motivo c’è per temporeggiare ancora? La classe dirigente occidentale o blocca questa guerra opponendosi alle decisioni già prese dagli Usa e alla prospettiva della Nato di allargamento del conflitto, o è meglio che si metta da parte prima che si verifichi l’irreparabile.

Anche il governo italiano, che dovrebbe rispettare la volontà della maggioranza dei cittadini, ha deciso di assumere il punto di vista del presidente Biden senza battere ciglio, anzi diventandone il più solerte esecutore. Dimenticando che sono due le possibili soluzioni: o continuare la guerra o lavorare per raggiungere una pace immediata. Non c’è una terza via, e Draghi sembra che abbia già scelto la sua; siamo disposti a seguirlo su questa strada che promette solo lacrime e sangue?

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