Iran: la rivolta femminile e le sue sfumature - di Shirin Zakeri

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È passato più di un mese dall’inizio delle proteste nazionali contro il regime iraniano. Il velo è diventato l’arma più severa contro uno stato patriarcale che non tollera i cambiamenti sociali e la presenza di una nuova generazione, non più tollerabile con diverse norme sociali e, soprattutto, religiose. In effetti, il fattore più evidente è proprio la resistenza delle donne iraniane per quasi 44 anni contro la politicizzazione del corpo femminile, dalla fondazione della Repubblica Islamica ad oggi, che ora è arrivata al suo massimo.

Tutto è cominciato con la morte della giovane ragazza Mahsa Amini, proprio mentre era in custodia, arrestata dalla polizia morale Gasht-e Ershad per non aver portato correttamente il velo ed essere quindi costretta a seguire un’ora di ri-educazione. Suo padre, Amjad Amini, ha dichiarato in diverse interviste che sua figlia era del tutto sana e non aveva alcun problema di salute, non accettando assolutamente la dichiarazione del medico legale, che ha descritto la morte della ragazza come dovuta ad un problema cardiaco.

Dal 16 settembre sono iniziate numerose proteste contro il velo obbligatorio, le protagoniste sono proprio le donne, ma con il pieno sostegno degli uomini. Diversi partiti e organi della società civile hanno cercato di richiedere il permesso per una manifestazione pacifica e solidale, menzionando l’articolo 27 della Costituzione iraniana, ma nessuno di loro ha avuto una risposta positiva a riguardo.

Per un sistema basato su principi religiosi, infatti, qualsiasi protesta che non sia organizzata dallo stesso governo viene vista come una critica al regime: non è la prima volta che accade, in tutti questi anni sono state represse fortemente tutte le manifestazioni non autorizzate, diverse persone sono state uccise dalle forze dell’ordine, studenti, giovani, artisti, intellettuali, giornalisti, sempre in prima fila tra le persone arrestate.

Anche questa volta è avvenuta la stessa dinamica, cominciando con l’arresto della giornalista Nilofar Hamedi, che ha parlato della morte di Mahsa nel giornale Shargh, arrestata il 22 settembre, e di Yalda Moaiery, una fotografa d’inchiesta che è stata arrestata mentre documentava gli avvenimenti delle proteste. Al 26 ottobre, in totale, sono 41 i giornalisti arrestati.

Come le altre volte, inoltre, sono state represse persino le proteste degli studenti delle scuole di ogni ordine e grado, il che ha messo in discussione la capacità dei programmi educativi e ideologici sulle nuove generazioni, sotto i 18 anni. In alcuni casi le discussioni con le forze d’ordine si sono tramutate nell’uso della forza fisica da parte di queste ultime, portando all’uccisione, ad esempio, della sedicenne Asra Panahi.

Dall’altra parte, insieme alle proteste sono iniziati numerosi scioperi nel settore petrolifero, del gas, in quello petrolchimico e dei metalli, per via dei lavoratori di questi settori, dei commercianti Bazari e dei camionisti, che si sono uniti alle manifestazioni.

È oramai ovvio che le proteste vadano oltre la rivendicazione femminile e comprendano anche altre richieste. La particolarità è proprio questa, che per la prima volta, sotto il regime iraniano, la protesta femminile comprende dentro di sé tante altre rivendicazioni di natura economica, sulla sofferenza per la crisi, sulla situazione corrotta del sistema politico del Paese, nonché l’isolamento dell’Iran dalla comunità internazionale a causa delle sanzioni, i diritti civili negati, l’incompatibilità delle leggi con la società attuale, il cambiamento sociale e la voce negata alla nuova generazione, per la libertà di espressione e per tanti altri motivi. Sono tutti questi gli elementi che hanno riunito il popolo iraniano all’interno, la diaspora iraniana in tutto il mondo, nonché la comunità internazionale, insieme per partecipare e sostenere queste proteste.

Altre occasioni simili, anche se di natura completamente differente, sono state le proteste del 2009, con il Movimento Verde, del 2019, per l’aumento del prezzo del petrolio e dell’inflazione, e del 2021-22, per la cattiva gestione delle risorse idriche e per i lavoratori e i pensionati sotto la soglia di povertà.

È importante menzionare che il popolo iraniano è un popolo giovane, ben istruito, dove più della metà dei posti nelle università sono occupati da donne. Le donne, infatti, sono molto attive nella sfera pubblica, lavorativa, politica ed educativa, così come nel mondo letterario, per via della mole di pubblicazioni da parte della sfera femminile.

Una società in sofferenza da diversi anni per un’inflazione alta, ad oggi a più del 50%, con un tasso di disoccupazione elevato che, come nel resto del mondo, colpisce in primis le donne. I dati dimostrano che il tasso d’inflazione nei villaggi del Paese è più alto che nelle grandi città, attestandosi sul 58,4%.

Oltre alle diverse sfide quotidiane per una vita normale, quindi, gli iraniani e in particolare le donne soffrono di una mancanza di libertà, nel come vestirsi fino a come pensare. Un popolo che impara fin da piccolo a comportarsi diversamente in pubblico rispetto a quanto accade all’interno delle mura di casa.

In effetti, questa è la sfida del regime, sono i giovani sotto i 25 anni e la nuova generazione Z, che non può più tollerare questa doppia identità. La generazione dei loro genitori, infatti, che avevano come modello i loro padri e nonni e che avevano vissuto durante il regime precedente, la rivoluzione del ’79 e la guerra tra Iran e Iraq, non ha più trasmesso quei ricordi, sentimenti e paura ai propri figli.

Nonostante l’autorità iraniana abbia investito tanto, non è riuscita ad influenzare le nuove generazioni come quelle precedenti, questo anche perché la generazione politica è cambiata e sono pochissimi quelli che hanno vissuto durante o appena dopo la Rivoluzione. Dal 2020 esiste, inoltre, un’omogeneità politica nel sistema politico iraniano. La maggior parte della sfera politica, infatti, è nelle mani della fazione conservatrice e ultraconservatrice. La qualificazione e la squalificazione dei candidati per l’elezione parlamentare e presidenziale, tramite il Consiglio delle Guardie Rivoluzionarie, ha portato la struttura politica iraniana verso la monopolizzazione del potere.

Il risultato è che la popolazione ha iniziato a boicottare le elezioni, soprattutto quella presidenziale nel 2021, e per la prima volta la partecipazione alla votazione si è attestata sotto il 50%. La perdita di speranza per un cambiamento, insieme alla situazione della crisi economica, ha contribuito a ravvivare queste proteste, con al centro lo slogan “Donna, Vita e Libertà”, ancora più resistente e permanente. Inoltre, monitorando e analizzando l’andamento degli eventi in questi mesi, si nota il sostegno di donne e uomini anche dalla fascia religiosa, tant’è che tante donne che credono nel velo lo hanno tolto per protestare e criticare il sistema corrotto del regime.

La diaspora non si è mai fermata, tanti iraniani durante questi 44 anni sono usciti dal Paese, soprattutto giovani e studenti: si sono radunati nelle loro nuove città e hanno organizzato diverse proteste a sostegno di quello che sta succedendo in Iran. In effetti, non esiste un leader specifico e questo, anche se può essere considerato come una vulnerabilità delle proteste, ha consentito di includere tutte le persone, insieme, a prescindere da età, religione, razza, classe sociale, etnia. Un’unione solidale tra gli iraniani in tutte le parti del mondo che ha creato un’atmosfera unica, incoraggiante, con forti sentimenti nazionalisti.

Le donne e i diritti negati in tutti questi anni hanno dato nuova voce e forza a questo movimento contro il regime, che non vuole fermarsi fino al raggiungimento di precisi obiettivi, tra i quali la giustizia, pari diritti, la libertà di espressione, i diritti civili, un’economia sana, contro la corruzione e l’abuso di potere.

 

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