Moni Ovadia: “La Nato alleanza difensiva? Chiedete ai serbi, agli iracheni, agli afghani e agli yemeniti. Putiniano a chi?” - di Frida Nacinovich

Stella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattiva
 

L’artista errante, con il suo piccolo bagaglio e l’inseparabile chitarra. Moni Ovadia guarda con sgomento all’ennesimo focolaio di guerra acceso questa volta nel cuore dell’Europa, in un’Ucraina che conosce bene, visto che nei suoi spettacoli si sono esibiti anche due ballerini ucraini, e le porte della sua casa sono sempre aperte per chi fugge da guerre e miseria.

 

- Moni, la parola pace sembra essere stata cancellata dal dizionario della politica.

“Questa tragedia non mi stupisce, l’Occidente vuole essere così. L’Occidente dei governi, s’intende, perché le popolazioni non mi sembrano per niente d’accordo. Eppure la narrazione mainstream percorre questa unica strada. Quando a governare c’è un’alleanza militare come la Nato, hai voglia a dire che è un patto difensivo. Sono solo parole. Se ci allarghiamo militarmente verso un paese come la Russia, è naturale che a Mosca si chiedano perché le armi si avvicinino sempre più ai loro confini. Questo a prescindere da chi sia al governo, Putin o non Putin. Se piazzi le armi alle porte di casa mia, significa che mi consideri un nemico, magari potenziale ma pur sempre un nemico. E cerchi di difenderti da me. Allora come dovrei ritenerti? Cosa dovrei pensare di te? Se poi vogliamo andare al cuore della storia, la tua alleanza cosiddetta difensiva è ben conosciuta dai serbi, dagli iracheni, dagli afghani, dagli yemeniti. Allora io dico: adesso basta, ti ho avvisato tante volte che non mi stava bene, e ora reagisco. Naturalmente Putin è Putin, non è certo un’anima bella. Ma la Nato usa raccontare che l’estensione di questa cosiddetta alleanza difensiva sia per la democrazia, e a questo non credono più neanche i bambini. È più facile credere a Babbo Natale. Il tuo intento è quello di estendere senza limiti la tua egemonia e il tuo modello di sviluppo, che è basato sul turbo-capitalismo”.

 

- Nella lista dei ‘putiniani’, tanto per parlare alla moda, dobbiamo mettere anche Moni Ovadia?

“Quando accusano gente come noi di essere dei putiniani, scuoto la testa. Putin non è un uomo di sinistra, Putin è un uomo di destra. Qualcuno con aria compassionevole è arrivato a dire che ‘Moni Ovadia ha queste posizioni perché difende la sua storia’. La mia storia? Io ho una storia di comunista, una storia di uomo che si è battuto per le minoranze, per l’indipendenza dei popoli. E se pretendi di raccontarmi che tutto quello che fai è per la democrazia, allora mi chiedo perché non mandi le armi ai curdi che devono difendersi da un membro della Nato, che peraltro ti guardi bene dall’espellere visto che quello di Ankara non è certo un regime democratico. Perché sei stato a guardare la colonizzazione e la devastazione dell’intera 'topografia esistenziale' del popolo palestinese senza battere ciglio, in violazione di tutte le norme del cosiddetto diritto internazionale? Hai fatto affari con i peggiori dittatori, e poi pretendi che io creda che è per la democrazia?”

 

- Già, si è parlato anche di guerre fatte per ‘esportare la democrazia’. Non occorre andare troppo lontano nel tempo.

“Vorresti prendermi per i fondelli. Ma io sono arrivato a 76 anni, non mi faccio prendere per i fondelli e dico quello che penso. Non sono l’unico. I migliori studiosi del settore, politologi e professori come il grande Stephen Cohen, docente di storia russa alla Princeton University, sostengono grosso modo le stesse cose che dico io. Anche il professor Andrew Bacevich, emerito di storia contemporanea all’Università di Boston, che è stato colonnello dell’esercito degli Stati Uniti, reduce del Vietnam, e ha avuto un figlio morto in Iraq, sarebbe un filo putiniano? Qui c’è una caccia alle streghe, per difendere un’ideologia micidiale che è l’atlantismo, l’occidentalismo. E l’occidentalismo sta all’Occidente come l’islamismo politico sta all’Islam”.

 

- L’Occidente non era, dalla rivoluzione francese in poi, un esempio di apertura nei confronti di altri popoli?

“Io credo in un mondo multipolare, ho sperato che l’Europa si costituisse come istituzione sovranazionale, indipendente dagli Stati Uniti. Si può essere anche in buoni rapporti, mantenendo la propria autonomia, la propria indipendenza. Invece allo stato delle cose l’Europa comunitaria - a sostenerlo sono in tantissimi - svolge una mera funzione di servizio nei confronti degli Stati Uniti. Quando parlo degli Stati Uniti naturalmente parlo delle amministrazioni, non della popolazione. Che gli Stati Uniti siano uno ‘Stato canaglia’ non lo dico io che conto poco, lo dice Noam Chomsky che il New York Times ha definito il più grande intellettuale vivente. Allora si tratta di questo, di avere una propria opinione, di esprimerla, di esprimere i propri dubbi. Non credo che gli Stati Uniti possano dare un contributo alla soluzione di questa guerra. Perché loro sono il problema, o perlomeno parte del problema. Pensano di essere destinati a guidare il mondo, e a Putin questo non sta bene, perché l’epoca dell’unica superpotenza è finita. In tal senso, l’idea che ci sia un mondo multipolare, che regola le proprie controversie sulla base di relazioni di rispetto reciproco, mi sembra molto più sana di quella di qualcuno che si crede destinato a guidare il mondo. Gli Stati Uniti d’America hanno 900 basi militari in giro per il mondo. Lo fanno per difendere la democrazia? Ma a chi la raccontano? O a quattro fessi, chiamiamoli ingenui, oppure a gente che da questa ideologia atlantista e occidentalista ha tutto da guadagnare. Cioè i privilegiati dei nostri paesi, e delle nostre sedicenti democrazie. Che in realtà sono delle oligarchie, visto che le diseguaglianze aumentano a favore dei pochi, rispetto alle condizioni sempre più difficili dei tanti. Poi, certo, ci sono anche i sotto-privilegiati, che godono delle ricadute di certi privilegi e allora stanno con il pensiero dominante”.

 

- Da putiniano a filo russo il passo è breve, magari con la nostalgia dell’Unione sovietica...

“Nella Russia di Putin io sarei in galera, perché ad esempio difendo i diritti degli omosessuali, e allora se vivessi a Mosca sarei in prima linea a protestare contro i diktat anti-omosessualità del governo russo. Quindi mi scompiscio dalle risate se mi definiscono putiniano. Putin è alla testa di un Paese che si basa su grandi oligarchie e grandi potentati, ma anche l’Ucraina è un paese di oligarchie e potentati. E l’occidente non è da meno, vedi i Musk, i Gates, i Besos. Ma siamo democratici, così fa più fico non chiamare anche loro oligarchi”.

 

- Quanti mari dovrà attraversare la colomba bianca prima di potersi posare su quelle terre martoriate?

“Gli Stati Uniti fanno guadagni smisurati con il commercio delle armi. E Putin sa che il burattinaio delle guerre è Biden, o comunque l’amministrazione degli Stati Uniti. A lui non interessa trattare con i camerieri, vuole trattare con il padrone. Io sono convinto che se Biden facesse una telefonata a Putin e gli dicesse :“Vengo lì e mi racconti bene tutto, mi dici cosa dai e cosa vuoi”, la guerra si fermerebbe subito. Però gli Stati Uniti stanno guadagnando cifre iperboliche dalle armi, e anche dal loro pessimo gas liquefatto. Quindi non gli interessa trattare, tanto la guerra non è a casa loro”.

 

- Già, c’è un Oceano di mezzo...

“Il grande problema degli Stati Uniti è che non hanno mai veramente avuto la guerra in casa. Hanno avuto un pur terribile attentato terroristico, vent’anni fa, e guarda che casino hanno messo in piedi. Invece i russi, che erano il cuore dell’Unione Sovietica, hanno avuto almeno 20 milioni di morti nella seconda guerra mondiale, e distruzioni inimmaginabili. Anche agli statunitensi sono morti tanti soldati, che meritano rispetto. Ma non sanno cosa vuol dire vedere città completamente devastate, e la morte per fame dei tuoi connazionali. Nelle Twin Towers gli americani hanno avuto 2.862 morti, e in risposta hanno distrutto l’Iraq e l’Afghanistan, per non dire del resto. Allora di cosa stiamo parlando?”

 

- Boris Johnson si rivolge agli alleati europei per chiedere di non fare accordi di pace frettolosi.

L’urlatore numero uno, Boris Johnson, è la parte più deteriore dell’ideologia anglosassone, quella basata sul colonialismo che è stato prima britannico e adesso statunitense. Io ho accolto quattro profughe ucraine ma non mi hanno lasciato accogliere i siriani, quelli li hanno blindati in Turchia. Gli ucraini sono stati lasciati passare a milioni, i siriani no. E questo è razzismo, si chiama razzismo”.

 

- In ogni guerra, che siano vincitori o vinti, è sempre la povera gente a pagarne le conseguenze, una bella poesia di Bertold Brecht per fotografare la follia di tutti i conflitti.

“Noi continueremo a dire no a tutte le guerre. A quelli che si scandalizzano per l’Ucraina, chiedo dove fossero quando c’era la guerra in Iraq, in Afghanistan. Cosa dicono per il macello dei Curdi, che sono stati anche strumentalizzati per combattere l’Isis e poi lasciati a se stessi? In Yemen c’è una guerra sanguinosa da anni, con la gente che muore di fame, e questo accade con le armi dell’Occidente che vengono date a quella straordinaria democrazia del rinascimento arabo che è l’Arabia Saudita.... Sono buffoni, oltre che delinquenti”.

©2024 Sinistra Sindacale Cgil. Tutti i diritti riservati. Realizzazione: mirko bozzato

Search