Lula is back - di Sergio Bassoli

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Per fermare le guerre il presidente brasiliano propone una Coalizione di Stati per la Pace.

Il ritorno di Lula alla guida del Brasile ha dato una scossa a tutto il continente americano e l’onda è arrivata anche oltre oceano, in Europa. Sin dalle prime uscite Lula ha indicato due priorità internazionali per il suo nuovo mandato: posizionare il sub-continente latinoamericano come un soggetto politico unito, e la costruzione della pace a livello globale. Ovviamente, le due cose sono strettamente collegate.

Un’America Latina divisa non aiuterebbe a spostare l’asse della politica internazionale verso un nuovo paradigma e un diverso equilibrio geo-politico. Mentre la ripresa del processo di integrazione, dal Messico all’Argentina, darebbe maggiore forza contrattuale alle richieste e alle proposte che l’America Latina, ma in particolare la leadership brasiliana, collocherebbe sui tavoli internazionali e nelle relazioni bilaterali con le grandi potenze.

Il primo alleato di Lula è il grande vecchio uruguayano, Pepe Mujica, che con i suoi 87 anni ha ripreso il suo impegno politico a sostegno dell’amico e hermano Lula, per unire popoli e stati latinoamericani, ripartendo dall’Unasur, dal progetto di libertà di circolazione delle persone in tutto il sub-continente, di moneta comune, di cooperazione industriale e commerciale. I due hanno lanciato la sfida e gli alleati in questa fase non mancano: Messico, Colombia, Argentina, Cile, Bolivia, Venezuela hanno leader e governi che condividono l’ideale della “Patria Grande” di Simon Bolivar, e non hanno tardato a mandare segnali di esser pronti a riprendere questo percorso di cooperazione e integrazione regionale.

L’agenda di Lula prevede un viaggio al mese per riprendere i contatti con i leader di Europa, Asia e Africa, oltre alle visite che riceverà in Brasile, come quella recente del cancelliere tedesco Scholz. Biden ha già avuto modo di capire come sia cambiata la musica in America Latina: il suo appello a fornire armi all’Ucraina ha visto il no di Brasile, Colombia e Messico, a cui ha fatto seguito la proposta di Lula di promuovere una Coalizione di Stati per la Pace.

Questa netta presa di posizione non è frutto di improvvisazione, ma è un lucido disegno politico di rompere lo schema di contrapposizione militare tra Usa e Russia e di scontro economico tra Usa e Cina, schema che sta bloccando ogni ipotesi di soluzione politica al conflitto in Ucraina.

Se Lula e gli Stati latinoamericani, per le loro relazioni storiche e per il loro essere neutrali - che non significa affatto appoggiare Putin e non condannare l’invasione e la violazione della carta delle Nazioni Unite - riescono ad aprire uno spazio negoziale coinvolgendo la Cina e paesi come l’India, il Sud Africa, l’Indonesia, senza rompere con il blocco occidentale, si può veramente aprire il negoziato e sperare nel cessate il fuoco.

Tutti sono consapevoli che la strada è difficile e piena di ostacoli. Molti sono i soggetti in campo che non vogliono che la guerra finisca. Come anche non possono essere disponibile ad accettare un protagonismo internazionale da Lula e dal blocco latinoamericano, che ha come obiettivo il cambio del paradigma finanziario-economico che fa capo a Washington. Ma, forse, il solo fatto di intravedere una via di uscita ad una guerra che può scoppiare in mano ai tatticismi e agli interessi di parte, e trasformarsi in un’apocalisse nucleare, potrebbe far comodo a tutti quanti.

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