A Milano abbiamo detto: “Giù le mani dalle nostre figlie e dai nostri figli!” - di Massimo Mariotti

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Lo avevano promesso e lo hanno mantenuto. Non un fulmine a ciel sereno ma una decisione programmata da tempo e divenuta realtà, ora che il governo più a destra della Repubblica ha assunto la direzione del Paese. Le avvisaglie erano già emerse nei numerosi interventi pubblici degli ultimi anni, come nel corso dell’ultima campagna elettorale dalla stessa Meloni: echeggiano ancora le parole gridate al comizio di Vox in Spagna contro l’ideologia gender e a favore della sola famiglia naturale.

Ma non sono stati da meno i suoi compagni di partito, compresi coloro che presiedono gli scranni più alti delle istituzioni: come dimenticare le poco onorevoli espressioni della terza carica dello Stato, che aveva dichiarato soltanto un anno fa che “le famiglie arcobaleno non esistono” e che per lui “esistono solo mamma e papà e le altre sono solo schifezze”, piuttosto che l’ultima esternazione del presidente del Senato che avrebbe provato dispiacere all’idea di avere un figlio gay.

Non che dagli alleati di Fratelli d’Italia siano mai emerse perle di saggezza e trattati di accoglienza sul tema, viste le numerose campagne di Lega&c.; un fiume farcito di frasari da far impallidire le curve degli stadi, per le innumerevoli citazioni di disprezzo sull’omosessualità e non solo.

L’insofferenza della destra italiana per il mondo Lgbtq è cosa nota da sempre. Ciò che sorprende semmai è la fretta con la quale hanno messo sotto attacco i diritti della comunità, a soli cinque mesi dall’insediamento del governo.

Le novità si susseguono ad un ritmo incalzante, è di pochi giorni fa la notizia che Fdi, Lega e Forza Italia hanno presentato una proposta di legge per cancellare l’orientamento sessuale e l’identità di genere tra le motivazioni che consentono una protezione speciale per i migranti; tradotto in pratica non sarà più possibile ottenere asilo se si scappa da paesi che perseguitano la comunità Lgbtq, notizia passata un po’ in sordina come spesso accade in questi casi.

Ora sotto i riflettori si trova la città considerata più europea del nostro Paese, Milano, con il suo sindaco che, soltanto nell’estate del 2022, aveva orgogliosamente annunciato il ritorno al riconoscimento dei figli delle coppie omogenitoriali, con l’esplicita volontà di far diventare Milano la “capitale dei diritti”. Un sogno stroncato praticamente sul nascere, dopo la direttiva emanata dal governo alle Prefetture chiedendo di assicurarsi che i sindaci si attengano alle disposizioni del ministero.

Ma cosa ha chiesto il governo? La disposizione non lascia spazio a fraintendimenti. Viene ordinato ai primi cittadini, e quindi anche a Beppe Sala, di non registrare più le famiglie arcobaleno, e bloccare ogni trascrizione e registrazione degli atti di nascita dei bambini con due papà o due mamme. La circolare del ministero fa riferimento ad una recente sentenza della Cassazione relativa alla non automatica trascrivibilità di un bambino di una coppia omogenitoriale nato all’estero tramite gestazione per altri.

Si tratta di un evidente e sconcertante passo indietro, che allinea l’Italia all’Ungheria e alla Polonia, notoriamente esposte per le loro posizioni dichiaratamente contro la comunità Lgbtq.

Soltanto pochi giorni fa al Senato è stata respinta la proposta per il riconoscimento dei diritti dei figli delle coppie dello stesso sesso, e l’adozione di un certificato europeo di filiazione come proposto dall’Unione europea.

Ad oggi quindi, almeno per l’Italia, non essendoci una legge che consente a due persone dello stesso sesso di riconoscere alla nascita i figli, soltanto la donna che partorisce o un padre che vanti un legame genetico con il figlio sono a tutti gli effetti di legge genitori, escludendo così il/la partner del genitore biologico dal ruolo automatico di genitore. Unica eccezione il caso in cui il bambino nato all’estero senza il ricorso alla cosiddetta Gpa, gestazione per altri, e iscritto all’atto di nascita con l’indicazione delle due mamme: quell’atto sarà automaticamente valido e trascritto anche nel nostro Paese.

Unica soluzione individuata dalla giurisprudenza, per consentire il riconoscimento dello status genitoriale anche all’altro partner, è quello di ricorrere alla cosiddetta “stepchild adoption”, che consiste in breve in una domanda di adozione: occorre pertanto presentare una domanda in tribunale, un intervento complesso e costoso.

 

La comunità non sta a guardare e si è già mobilitata, con la partecipazione di numerose associazioni e della Cgil per la prima prova di forza contro l’orientamento del governo in piazza della Scala il 18 marzo a Milano. Un coro unanime per dire “no” alla discriminazione delle famiglie arcobaleno e all’arretramento sui diritti civili in questo Paese.

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