Elezioni parlamentari a Cuba: sorpresa astensionismo? - di Federico Mei

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 Lo scorso 26 marzo il popolo cubano è stato chiamato a rinnovare l’Assemblea nazionale, il parlamento cubano, in un momento di grande difficoltà per il paese con una crisi economica che non accenna a diminuire e un crescente malessere sociale causato dalla mancanza di prospettive e di speranza nel futuro. Non è un caso che dagli inizi del 2022 più di 300mila cubani abbiano abbandonato il paese, e nel corso del 2023 il flusso è diminuito solo perché l’amministrazione Biden e il governo cubano hanno trovato un accordo sulla gestione regolare dei flussi migratori tra i due paesi.

Se ai più le elezioni parlamentari in un paese socialista, dove esiste un unico partito, possono sembrare un evento marginale, nell’attualità si sono trasformate nel terreno di scontro tra i sostenitori del modello rivoluzionario e i tanti detrattori che, dall’estero o sullo stesso suolo cubano, chiedono un cambiamento di rotta. Anche se il risultato era scontato - e in seguito spiegheremo perché - sono stati giorni di tensione, nei quali tutto l’apparato di governo si è impegnato al massimo per scongiurare l’astensionismo.

Come già avvenuto con il referendum sul nuovo Codice della famiglia a settembre 2022, infatti, da oltre mare è stata lanciata una feroce campagna mediatica per invitare i cubani a disertare le elezioni, e certificare così la volontà di cambiamento dei cittadini attraverso l’astensione, da molti considerata l’unica via per dimostrare il proprio dissenso.

Già dalle prime ora dopo la chiusura dei seggi, le convulse comunicazioni informali tra i vari osservatori governativi presenti in alcune circoscrizioni cardine che davano i dati di affluenza al di sopra del 70%, hanno fatto tirare un sospiro di sollievo. Al mattino seguente, alla conferma del dato sull’affluenza del 75,92%, il governo ha gridato alla vittoria anche grazie ad un importante recupero rispetto ai dati delle ultime elezioni municipali, che avevano registrato un tasso di astensione del 35%. Molti opinionisti tuttavia non sono d’accordo con questa lettura, ed anzi certificano un crescente allontanamento dei cittadini dalla vita politica.

Gli argomenti si sviluppano soprattutto su tre aspetti. Il primo fa riferimento al dato dell’affluenza puro che ai tempi di Fidel non è mai sceso sotto il 95% e già nel 2018, quando in carica era ancora Raul, registrava un deciso declino attestandosi intorno all’85%. Il secondo fa invece leva sui voti effettivi che non superano il 65%, considerando che il 6,22% delle schede è risultata in bianco e il 3,5% sono state annullate.

Infine gli analisti puntano l’attenzione anche su come i cittadini hanno espresso il voto. Per capire questo punto occorre però prima spiegare brevemente come funziona il sistema elettorale cubano. In poche parole le rose dei candidati vengono indicate dalle principali forze sociali tra cui il sindacato, le associazioni studentesche, la federazione delle donne cubane e l’associazione dei piccoli contadini. Questo numero viene via via scremato da una serie di revisioni fino ad arrivare al numero corrispondente ai seggi disponibili, in questo caso 470 (anteriormente erano 605), e costituite le liste per ognuna delle circoscrizioni.

A questo punto i cittadini devono esprimere il proprio assenso ai candidati, che vengono eletti se ricevono più del 50% di preferenze. I cittadini possono esprimere il proprio assenso sia con un voto unitario (cioè votare l’intera lista della circoscrizione), sia con un voto nominale. È su questo dato che gli analisti puntano di nuovo l’attenzione, in quanto a fronte di un voto unitario del 72,10% solo il 27,90% degli elettori ha espresso anche un voto individuale, rimarcando così l’indifferenza verso il nome del candidato o candidata ma confermando di fatto il supporto alla politica del governo.

Come si poteva immaginare tutti i candidati sono stati confermati, anche grazie al voto unitario, con un 55,74% di elette donne e il 19,79% di giovani con meno di 35 anni.
Adesso la nuova Assemblea nazionale sarà chiamata a eleggere sia il nuovo Consiglio di Stato sia il nuovo presidente nazionale e, con ogni probabilità, confermerà l’attuale mandatario Diaz Canel in questo ruolo.

Certo è che in un paese abituato a voti plebiscitari, il fatto che un cubano su quattro non sia andato a votare e uno su tre non abbia espresso alcun voto (schede bianche o annullate) non è un dato trascurabile, ed obbliga i nuovi organi di governo a prenderne atto, al di là dei proclami di vittoria.

 
 
 
 
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