Una Repubblica affondata sul lavoro - di Giulio Fossati

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In Lombardia venticinque morti sul lavoro nei primi cinque mesi del 2023.

Il 24 maggio in un solo giorno, in Lombardia, sono morte tre persone sul lavoro. Cinque in tutta Italia. Da gennaio ad oggi contiamo in Lombardia 25 morti.

L’infortunio mortale nei luoghi di lavoro è evento estremo all’apice di una piramide che alla base ha cattive prassi e scorrette abitudini, o meglio quella che si definisce come bassa cultura della sicurezza. Leggermente più in alto, nella stessa piramide, ci sono i mancati o i quasi incidenti, poi gli incidenti meno gravi, e appena sotto gli incidenti mortali quelli gravi.

È così che tutti i giorni moriamo nei luoghi di lavoro, bisogna raccontarlo. Nei nostri luoghi di lavoro ci fanno lavorare male e i costi sono salatissimi, malattie, feriti e morti. Moriamo tutti i giorni perché lavorare ci serve per vivere, questo è il paradosso. E quando usciamo alla mattina per andare al lavoro sappiamo che in cinque, nella nostra regione e ogni santo mese di questo 2023, non faranno ritorno a casa. Tutto questo sempre più spesso solo per pagare le bollette, l’affitto o il mutuo.

Moriamo perché, nonostante una delle leggi più avanzate a livello europeo, gli articoli di quella legge, spesso, vengono rispettati solo formalmente. Moriamo sempre negli stessi modi, schiacciamenti, cadute dall’alto, feriti dai macchinari, sembra quasi che non importi a nessuno.

Se dovessimo chiedere a quei lavoratori morti quali erano i rischi che correvano nelle loro lavorazioni, in quanti avrebbero risposto correttamente? In quanti erano stati informati e formati? Del resto come è possibile informare e formare lavoratori che lavorano pochi mesi o pochi giorni all’anno? Come facciamo a formare e informare chi lavora in nero, magari sperando di racimolare qualche euro in più? Come e quando si forma chi lavora con un voucher?

Per ridurre i rischi bisogna accedere ai documenti di valutazione dei rischi. Quella valutazione deve uscire dagli armadi delle aziende e arrivare ai lavoratori. Sulla base di quei documenti va fatta, come previsto dalla legge, informazione e formazione a tutte le lavoratrici e i lavoratori.

Bisogna indirizzare l’attività di vigilanza degli enti ispettivi in questo senso, verso la prevenzione e, quando necessario, applicare le massime sanzioni previste dalla legge. Serve seriamente aumentare il numero di ispettori, oltre che strutturare i servizi di assistenza e vigilanza sul territorio con tutte le figure necessarie a presidiare i luoghi di lavoro. Questo serve anche a stroncare la concorrenza sleale di aziende che non rispettano i lavoratori e le leggi.

 

Quanti dei nostri venticinque lavoratori morti fino al 24 maggio del 2023 avrebbero potuto rivendicare il diritto di un lavoro sicuro, o più semplicemente ai dovuti sistemi di protezione? Perché, nonostante i nostri salari siano tra i più bassi d’Europa, il governo continua a produrre strumenti di flessibilità e precarietà? Queste scelte si traducono in povertà, ricattabilità, in malati, feriti e morti sul lavoro.

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