Sciopero nazionale delle Tlc: l’Italia abbandona il futuro - di Nicola Atalmi

Stella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattiva
 

Nell’indifferenza generale, nel nostro Paese stiamo assistendo alla demolizione del settore delle telecomunicazioni. Mentre in tutto il mondo c’è la corsa ad investire nella transizione digitale che punta alla interconnessione tra l’industria manifatturiera tradizionale e le nuove potenzialità date dal balzo tecnologico delle telecomunicazioni a banda ultra larga, l’Italia si appresta a svendere e spezzettare il suo patrimonio nelle telecomunicazioni.

Si è svolta martedì 6 giugno a Roma una grande, partecipata manifestazione per il primo sciopero nazionale dell’intero settore delle telecomunicazioni, che ha visto punte di adesione all’80% dai grandi gruppi telefonici al mondo dei call center, fino alle reti di trasmissione.

Il quadro del settore nel nostro panorama italiano è desolante. L’ex monopolista Tim, un tempo top player internazionale all’avanguardia del settore, si trova ora, dopo svariati arrembaggi speculativi, con oltre 23 miliardi di debiti, e si avvia verso lo scorporo della rete e la vendita. Vodafone annuncia oltre mille esuberi per aumentare, ancora, la redditività per gli azionisti, a discapito della qualità del servizio all’utenza. Wind procede con lo spezzatino separando la rete mobile, cedendola in parte ad un fondo svedese. E intanto nel settore dei call center fioriscono i contratti pirata e il dumping.

Non basta. L’arretratezza dell’Italia nel settore della banda larga mette perfino a rischio i fondi stessi del Pnrr, perché gli obiettivi di coprire con connessioni veloci i territori svantaggiati non saranno raggiunti. E ce ne eravamo accorti proprio durante la pandemia, quando il “digital divide” tra realtà connesse con la banda larga e zone di fatto rimaste indietro di vent’anni, ha dimostrato quanto fosse necessario un cambio di passo. Ed è per questo, infatti, che nel piano europeo Next Generation Eu si era data priorità nei finanziamenti proprio alla implementazione della banda ultralarga.

Invece l’Italia rischia di perdere anche questa occasione di rilancio, aggiungendo, in un record di autolesionismo, alla perdita di posti di lavoro anche la perdita di preziose risorse europee.

Da tempo la Slc Cgil denuncia la fallimentare politica dei vari governi che si sono susseguiti e che, abbandonando completamente al mercato e alle speculazioni internazionali il settore, hanno demolito un asset strategico del Paese. E’ davvero incredibile come - in un’epoca in cui qualsiasi ipotesi e strategia di crescita, di sviluppo e di modernizzazione del “Sistema Paese” passa inevitabilmente per la diffusione capillare della banda ultralarga in tutto il territorio, sia alle famiglie che alle imprese, in particolare in una realtà policentrica come quella italiana - noi invece rischiamo di rimanere senza una grande azienda nazionale integrata, capace di sostenere questa transizione guardando all’interesse collettivo e non quello di lontani azionisti.

È una sfida globale per la quale l’Italia si sta completamente disarmando, affidando questa infrastruttura alle speculazioni internazionali. Una deriva nel settore che potrebbe costarci, assieme alla perdita di competitività internazionale, anche altri 20mila posti di lavoro in meno.

In questo quadro difficile, che ha la sua causa in almeno vent’anni di scelte sbagliate che hanno privilegiato la finanziarizzazione del settore ed una concorrenza al ribasso nella qualità del servizio e quindi dell’occupazione, arriva buon ultimo il governo Meloni che, mentre in campagna elettorale garantiva un impegno per la salvaguardia patriottica del campione nazionale Tim, ora si è limitata ad assistere inerme alle capriole del mercato, mentre aumentano i debiti e si fanno più fosche le prospettive.

Per noi che facciamo sindacato non è una novità verificare la distanza siderale tra le parole in campagna elettorale e le azioni concrete quando si è chiamati a governare il Paese, ma il disinteresse della politica per questo settore strategico ha davvero dell’incredibile.

 

Purtroppo questa sensazione è confermata anche dalle prime bozze del decreto sulle telecomunicazioni, lungamente annunciato dal governo, che pare non avere né le risorse né il coraggio di intervenire in maniera seria per fermare il declino del settore nazionale.

©2024 Sinistra Sindacale Cgil. Tutti i diritti riservati. Realizzazione: mirko bozzato

Search