Nel libro “In cammino con gli ultimi” la militanza di Dino Frisullo a 20 anni dalla scomparsa - di Alfio Nicotra

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Un’impresa di scrittura collettiva, oltre 350 pagine ricche di storia, analisi, poesie, foto e disegni, una trentina di autori e un’infinità di testimonianze. “In cammino con gli ultimi” (Red Star Press), il libro dedicato a Dino Frisullo, a 20 anni dalla scomparsa, non è solo il tributo ad un militante pacifista, antirazzista e comunista “integrale”: è il tentativo di riannodare un filo di speranza e di voglia di cambiare il mondo che appare sempre più attuale.

Nato a Foggia il 5 giugno del 1952, Dino Frisullo ha salutato il mondo, a causa di un tumore, a Perugia nel giorno del suo 51esimo compleanno. Il volume è stato voluto fortemente da “Senzaconfine”, l’associazione fondata a Roma nel 1989 da Eugenio Melandri, di cui Dino prenderà le redini politiche diventandone il portavoce più conosciuto.

Chi scrive ha trattato la parte iniziale, con il ritorno in Puglia da Perugia, dove si era trasferita la famiglia, come funzionario di Avanguardia Operaia prima ed esponente di Democrazia Proletaria poi, tra il finire degli anni ‘60 e gli anni ‘80. Dino è un dirigente politico anomalo: per lui il partito non è un recinto ma uno strumento che mette generosamente, con la sua persona, a disposizione di una infinità di vertenze. Ha scelto Dp, citando Bloch, per il “lato caldo” del marxismo “nozione contrapposta al freddo determinismo scolastico”.

Mobilitazioni, movimenti da quelli per il lavoro e il diritto alla salute, alle lotte contro un sistema energetico basato sul fossile e sul nucleare, contro i progetti di militarizzazione della Puglia, dal porto di Taranto alla proposta, contrastata e respinta, di fare della Murgia, un colossale poligono da mettere a disposizione della vecchia e della nuova Nato. È qui che Frisullo conosce don Tonino Bello, vescovo di Molfetta, di cui intuisce la forza profetica e la capacità di mobilitare la società a favore degli ultimi. Attraversa l’Intifada palestinese recandosi più volte nei territori occupati, e con i palestinesi di Puglia costruisce un sodalizio fortissimo, fatto di protezione nei confronti di una comunità accusata di essere collaterale al terrorismo, e avviando uno sciopero della fame che mobilita scuole, sindacati e forze politiche.

La vita privata, il matrimonio con Maria Grazia, sono un tutt’uno con l’impegno per cambiare il mondo. Per Dino non vi sono orari per dismettere l’impegno politico. Dorme poco per non sottrarre tempo alla lettura, sacrifica alla militanza più di un posto pubblico vivendo in una precarietà economica che ne minerà, alla lunga, anche la salute. Spende solo per le sigarette: accende la nuova con il mozzicone della vecchia. Ha una capacità di scrittura impressionante, forgiato in quella storia di giornalismo dal basso che fu “Il Quotidiano dei Lavoratori” al quale inviava pezzi “scrivendo” direttamente al telefono. Un’abilità che manterrà nel tempo con i suoi pezzi, sempre molto attenti e scritti benissimo, per “Liberazione”, “il manifesto”, “Avvenimenti” e tante altre riviste e fogli militanti.

Se Peppino Impastato è il militante demoproletario più conosciuto per il suo impegno antimafia, Dino lo è per il suo impegno internazionalista e per i migranti. A Roma si immerge in quell’alveare umano che era la Pantanella, un ex pastificio brulicante di migliaia di immigrati anonimi ma di cui Dino conosceva invece nome, volto e storia. Come era successo in Puglia con don Bello, costruisce un filo diretto con un altro prete, monsignor Di Liegro, presidente della Caritas. Costruire alleanze sociali e culturali, rompere l’isolamento degli oppressi era la sua prima preoccupazione. La sede di Senzaconfine, a due passi da Piazza Vittorio, è un via vai di migranti. A chi capitava di aprire la porta immancabilmente veniva rivolta la domanda “where is Dino?”.

Già dov’è Dino oggi? Il libro prova, ripercorrendo decine di episodi, a collocare la risposta nella modernità meticcia della sua intuizione per l’autorganizzazione degli immigrati concepiti come una soggettività protagonista e attiva. Le stragi nel Mar Mediterraneo, quella di Cutro e quella di Grecia, di questa Europa Fortezza che Frisullo denunciava già tre decenni prima, sono lì ogni giorno a ricordarci lo spirito di Dino, la necessità anche oggi delle sue lotte.

Una parte importante del libro è dedicato alla causa kurda, con l’arresto dalla polizia turca durante una manifestazione e la detenzione nel carcere militare speciale di Diyarbakir. Il processo a Frisullo irruppe nei telegiornali e nei talk show dell’epoca: vi fu una pressione internazionale per la sua liberazione che ne fece un’icona dei diritti umani. Il regime turco fu costretto a scarcerarlo e ad espellerlo dal proprio territorio, ma Dino era ormai diventato un simbolo per tutto il popolo kurdo, tanto che il suo nome, a volte storpiato, era scritto sulle fiancate delle navi dei rifugiati. Ha continuato a scrivere e mandare comunicati fino al giorno prima di morire.

Dino non ha corso da solo. I suoi semi continuano ancora a germogliare ovunque s’innalza una bandiera di dignità e giustizia.

 
 
 
 
 
 
 
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