L'Orologio dell'Apocalisse continua a correre - di Riccardo Chiari

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Quando nel 1947 il Bullettin of Atomic Scientists di Chicago inventò l'Orologio dell'Apocalisse - il Doomsday Clock - per mettere in guardia dal rischio nucleare, erano passati meno di due anni dalla devastazione assoluta di Hiroshima e Nagasaki, ferita irrimarginabile nella coscienza della specie umana. Oggi le lancette sono vicine all'ora fatale della mezzanotte ancor più di quanto accadeva negli anni della Guerra Fredda, così è stata importante l'iniziativa “Fermiamo le lancette del Doomsday Clock. Cessare il fuoco e negoziare per fermare il conflitto in Ucraina e il rischio di una guerra nucleare”, organizzata dalla Cgil in Corso d'Italia a Roma, alla vigilia della grandissima manifestazione di sabato “La Via Maestra”.

Nel corso della giornata, promossa dai firmatari dell’appello “Cessate il fuoco”, dal Coordinamento per la democrazia costituzionale e da Europe for Peace, ha avuto (al solito) il pregio della chiarezza la disamina fatta dal fisico e premio Nobel Giorgio Parisi, da sempre schierato per il disarmo: “Pochissimi Paesi hanno firmato dichiarazioni ufficiali per garantire che non useranno per primi l’arma atomica. Lo hanno fatto Cina e India, non molte altre. Negli anni ’80 e ’90 la Nato ha sempre ribadito che la reazione ad un attacco avrebbe condotto anche all’uso di armi atomiche. All’epoca la minaccia veniva dal Patto di Varsavia, che non esiste più. La Nato però è sempre lì”.

“Da anni si fanno sforzi nella direzione di un trattato che abroghi l’uso delle armi atomiche – ha ricordato Parisi - ma i negoziati non stanno facendo passi avanti. Così la dottrina di nazioni come la Francia, l'Inghilterra, gli Usa e la Russia è che l'atomica può essere usata in caso di invasioni del territorio, se è in ballo la sopravvivenza dello Stato nazionale”. Una eventualità nefasta, che deve far moltiplicare gli sforzi a sostegno delle ragioni della pace.

 
 
 
 
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