Un paese dove si è poveri anche lavorando - di Riccardo Chiari

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Presentato nel giorno dello sciopero di Cgil e Uil contro la manovra economica del governo Meloni che, fra le tante, riesce a peggiorare la già indigeribile legge Fornero e attua una “riforma” fiscale che premia chi sta meglio e punisce chi sta peggio, il Rapporto Caritas 2023 su povertà ed esclusione sociale in Italia offre una radiografia impietosa dello stato delle cose.

“Dopo quasi trent'anni dalla prima uscita del Rapporto - sottolinea la Caritas - il fenomeno della povertà può dirsi completamente stravolto nei numeri e nei profili sociali. Si contano oltre 5 milioni 674mila poveri assoluti, pari al 9,7% della popolazione: un residente su dieci oggi non ha accesso a un livello di vita dignitoso. È un fenomeno ormai strutturale e non più residuale come era in passato”.

Ai tantissimi che hanno rinunciato a una giornata di paga nelle fabbriche, nei laboratori, nei negozi e negli uffici per dire “Adesso basta!” e chiedere giustizia sociale, il documento conferma quanto le realtà sindacali che hanno incrociato le braccia, a partire dalla Cgil, abbiano ragione. Perché oggi in Italia si è poveri anche lavorando.

 

I lavoratori poveri che si rivolgono alla Caritas sono il 22,8% dell'utenza. Il 51,9% sono uomini, il 48,1% sono donne, gli stranieri il 64,9%. L'età compresa è fra i 35 e i 55 anni, i coniugati sono il 53,7%, il 75,9% con figli. Il 76,7% vive in case in affitto. Si tratta di impiegati in professioni poco qualificate: colf, badanti, addetti alle pulizie, operai, manovali, impiegati nella ristorazione e nel commercio. “A loro il lavoro non basta – certifica anche la Caritas - non sempre garantisce una vita dignitosa per sé stessi e per la famiglia. “Sopravvivere´ è la parola più citata: una condizione che mette in rilievo la consapevolezza di non avere aspettative, di non riuscire spesso a vivere una vita piena. Sono lavoratori in nero, in grigio, part time forzati, con contratti regolari ma tutti con salari inadeguati”. 

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