No! Salari e pensioni non sono un bancomat, neppure in Toscana - di Redazione

Le imprese produttrici di dispositivi medici si sono rifiutate, aprendo un contenzioso, di restituire l’importo pari al 50% delle spese in eccesso effettuate dalla Regione Toscana per acquistare dispositivi sanitari (il cosiddetto payback*). Questo determinava un deficit nella spesa sanitaria regionale a chiusura di bilancio. Il governo si rifiuta di farsi garante e anticipare le risorse alla Regione, che paga le conseguenze di una legge nazionale che era stata applicata a sostegno dei servizi da erogare ai cittadini nel comparto sanitario. Quanto deciso dal governo Meloni è una scelta politica grave, che vuole mettere in difficoltà una Regione che non risponde ai desiderata della destra al governo.

La Cgil mesi fa ha lanciato insieme allo Spi una straordinaria raccolta di firme per sostenere la spesa sanitaria e chiedere al governo di incrementare le risorse a disposizione delle Regioni, raccogliendo oltre 100mila adesioni solo in Toscana.

Alla fine la giunta regionale ha deciso di far fronte alla mancanza di risorse, introducendo nel bilancio un aumento della aliquota Irpef per i redditi superiori a 28mila euro annui. Praticamente una tassa sulla maggioranza dei lavoratori dipendenti full-time e a tempo indeterminato, sia privati che pubblici, e sulla fascia di pensionati che hanno beneficiato in tutto o in parte del sistema di calcolo retributivo. La nuova imposta colpirà a spanne ben oltre il 32% dei contribuenti, in un quadro in cui i lavoratori dipendenti contribuiscono al gettito tributario regionale (reddito dichiarato) per il 53%, e i pensionati per il 36%.

Contro le politiche economiche del governo liberista la Cgil è in campo insieme alla Uil, e continuerà a battersi. Ma anche la giunta regionale poteva scegliere un’altra strada, tassando i ricchi e la rendita che in Toscana è assai prospera, con una tassa di scopo sui beni di lusso, intervenendo sull’Irap e la sua rimodulazione.

La giunta regionale si sarebbe dovuta distinguere dalle politiche scellerate del governo nazionale, che non si fa garante degli impegni assunti in virtù di leggi nazionali. Su questo fronte sia i lavoratori sia i pensionati sono già in prima fila, e continueranno anche oltre la legge di bilancio di quest’anno nella difesa dello Stato sociale.

C'è un governo che finge di riconoscere la perequazione delle pensioni e che taglia le risorse per lo Stato sociale e la stessa sanità. Ma è altrettanto inaccettabile che il lavoro dipendente sia chiamato a fare da bancomat anche dalla Regione Toscana! Con questa scelta sbagliata, che non è neppure passata dai tavoli con le organizzazioni sindacali, la Regione si rende complice di far ricadere i costi sempre su lavoratori salariati e pensionati, che difficilmente capiranno dove siano le differenze di politiche che si limitano a variare le modalità di ripartizione di risorse predeterminate, invece che indicare una prospettiva di sviluppo e di benessere con un cambio radicale delle politiche fiscali e sociali.

 

 

* Come ha scritto Alessandro Volpi, “Il cosiddetto payback è un meccanismo introdotto nel 2015 (governo Renzi, resa operativa dal governo Draghi e non finanziata dal governo Meloni, ndr) per ‘contenere’ la spesa sanitaria. In pratica era previsto che, una volta fissato un tetto di spesa sanitaria regionale, gli eventuali sforamenti sarebbero stati pagati per il 50% dalle imprese fornitrici di dispositivi sanitari. Si tratta di uno strumento sbagliato per due ragioni evidenti. La prima è costituita dal fatto che nelle Regioni dove la sanità è pubblica il raggiungimento del tetto è più facile rispetto a quelle dove è privatizzata, perché lì la spesa pubblica è più bassa. Dunque il tetto e il payback sono un incentivo alla privatizzazione. La seconda ragione è costituita dal fatto che le imprese non avrebbero mai accettato un simile meccanismo, procedendo ad impugnarne la legittimità”.

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