Cessate il fuoco e autodeterminazione dei palestinesi. La via maestra del diritto internazionale - di Alfio Nicotra

Dall’altra parte si muore di fame, sete e malattie curabili. Da quest’altra cibo, medicine, beni di prima necessità sono fermi in lunghissime file di camion o stipati come “beni respinti” negli hangar della Mezzaluna Rossa egiziana. Di là il valico di Rafah è la porta verso l’inferno. Di qua è il monumento all’ipocrisia occidentale e al doppio standard del diritto internazionale.

Che fame, sete e malattie siano uno strumento di guerra è ormai acclarato. Dove non hanno potuto le settantamila tonnellate di bombe che hanno incenerito Gaza, Israele spera di riuscire nel de-palestinizzare l’intera Striscia utilizzando la più grande catastrofe umanitaria del 21° secolo.

Mentre l’Ue decide altri 5 miliardi di euro per difendere l’Ucraina dai “barbari russi”, qui in Medio Oriente si rovescia la propaganda: l’occupante è il “civile e democratico” Israele; l’occupato il barbaro che fa da “scudo ai terroristi di Hamas”.

Dove indulge la compassione verso i bambini – anche Meloni è si è fatta fotografare con un bimbo palestinese ricoverato al Meyer - si varano piani di aiuti dal cielo e dal mare che non funzionano, sono più costosi e rischiano di essere complementari alla pulizia etnica di Netanyahu.

L’imminente offensiva terreste su Rafah impone l’ennesimo trasferimento forzoso di un milione e mezzo di palestinesi. Si pensa ad una distesa di tende sulla spiaggia o al trasferimento sul lato egiziano del Sinai. Le immagini satellitari confermano ciò che la “Carovana solidale” aveva visto: enormi piazzali a ridosso del confine con Israele e la Striscia circondati da muri di sette metri e torrette di guardia.

Israele se ne infischia dei documenti di condanna della comunità internazionale. Lo dimostra l’arroganza con cui ha sbarrato il valico di Rafah a Philippe Lazzarini commissario generale dell’Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi. Sradicare l’Unrwa da Gaza e i territori occupati significa non solo affamare i palestinesi e privarli del diritto allo studio, ma serve a cancellare anche l’ultima parvenza legale che consente ai deportati della Nabka (1948) di aspirare al ritorno nelle terre confiscate loro manu militari e con il terrore.

D’altronde, poche settimane prima del 7 ottobre, era stato proprio Netanyahu a mostrare in una sede internazionale la cartina in cui non c’era più traccia dei palestinesi con Israele esteso “dal mare al Giordano”. Altro che due popoli e due Stati. La de-palestinizzazione della Cisgiordania è in corso da tempo con la terra e le risorse naturali sottratte ai nativi e consegnate ai coloni sempre più armati ed aggressivi.

Eppure, nonostante la tracotanza e la crudeltà del suo governo, Israele è ad un bivio. Il 7 ottobre non è l’inizio della storia - come da noi media mainstream e larga parte della politica cercano di conculcare nell’opinione pubblica - ma ha evidenziato il fallimento della doppia illusione dell’estremismo sionista. La prima illusione andata in frantumi è che la sicurezza d’Israele potesse sorgere sull’apartheid imposta ai palestinesi e sui formidabili strumenti securitari e repressivi di cui il quarto esercito del mondo dispone. Israele si è svegliata vulnerabile proprio dove pensava di avere certezze granitiche. La seconda illusione è che si potesse fare una pace senza i palestinesi e la Palestina. La “pace di Abramo” con i Paesi arabi è stata spazzata via in un colpo solo ed ora, in tutto il mondo arabo, di fronte alla mattanza di Gaza, la mobilitazione popolare non concede ai governi di assumere iniziative sulla pelle dei palestinesi.

Chi vuole bene ad Israele sa che da questa linea fallimentare è necessario uscire. La guerra e la follia razzista del governo di Tel Aviv sono una strada senza uscita, che per il momento serve a tenere su posizioni estremiste l’opinione pubblica ed ha lo scopo di rinviare il più possibile la discussione sul fallimento delle due illusioni. Ma sarà una discussione obbligatoria, e sarebbe più feconda ed utile alla sicurezza d’Israele senza il genocidio di Gaza e l’isolamento internazionale a cui l’irresponsabile sua leadership lo sta conducendo. Per questo i balbettii e i doppi standard di Ue e Usa sono miopi, ed equiparare ad antisemitismo ogni critica al regime israeliano serve solo alla propaganda.

L’azione del Sudafrica alla Corte internazionale di Giustizia ripropone la forza di quel diritto internazionale troppe volte disatteso dall’Occidente. Dopo tante guerre unilaterali, finite tutte in sconfitte e in più insicurezza globale, tornare ai fondamentali del diritto e al ripudio della forza delle armi nelle risoluzioni internazionali rappresenta la via maestra.

Probabilmente a Israele (ed alla Palestina) non serve un nuovo Abu Mazen ma un Nelson Mandela palestinese. Perché il colonialismo deve essere sconfitto, e se 10 milioni di francesi, che pure in Algeria erano nati e radicati, dovettero lasciare il Paese al momento della sua indipendenza, possono farlo anche gli 800mila coloni illegali che si stanno mangiando la Cisgiordania. Perché la pace può essere costruita solo sulla giustizia e sull’eguaglianza dei popoli.

 

 
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