Chiesi Farmaceutici, quando una fabbrica non ha bisogno di cure - di Frida Nacinovich

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L’unica cosa di cui devono preoccuparsi è l’impennata dei prezzi dell’energia. Per il resto non tramonta mai il sole sull’industria farmaceutica italiana. Ne è dimostrazione la Chiesi Farmaceutici, una società per azioni le cui origini risalgono al 1935, quasi un secolo fa. Oggi l’azienda di Parma può ben dire di essere una vera e propria multinazionale, visto che è presente in trenta paesi, e commercializza le sue produzioni in buona parte del pianeta. I ‘motori’ della Chiesi Farmaceutici sono in Italia, Francia e Brasile, per l’esattezza a Parma, a Blois, e a Santana de Parnaiba. In questi anni l’azienda farmaceutica è arrivata a impiegare oltre 6.400 lavoratrici e lavoratori, impegnati nel settore ricerca e sviluppo, e nella produzione. Nel dettaglio, il gruppo Chiesi commercializza in tre aree specifiche: Air (prodotti e servizi in ambito respiratorio), Rare (soluzioni innovative e personalizzate per migliorare la qualità di vita dei pazienti con malattie rare e ultra-rare) e Care (prodotti e servizi a supporto delle cure specialistiche e per la cura e il benessere della persona).

Lorenzo Pinardi è quel che si dice un delegato storico dell’azienda emiliana, è stato eletto per la prima volta nella Rappresentanza sindacale unitaria nell’ormai lontano 1995. Nel portafoglio ha la tessera della Filctem Cgil, conosce la fabbrica come le sue tasche. “Addirittura l’ho visto nascere questo stabilimento - racconta - all’inizio degli anni novanta, prima c’era una fabbrica più piccola, in via Palermo”. Trent’anni dopo Pinardi non ha dubbi: “La famiglia Chiesi è stata molto brava. In un paese dove le politiche industriali spesso latitano, loro sono stati in grado di capire che era necessario potenziare le esportazioni, allargando il raggio di azione delle produzioni”.

Anche guardando al passato remoto, la Chiesi Farmaceutici non ha mai avuto paura di valicare le Alpi, successe all’epoca del fondatore Giacomo Chiesi, che negli anni precedenti la seconda guerra mondiale esportava i suoi farmaci in Eritrea e Austria. Le immani distruzioni del conflitto bellico non risparmiarono il laboratorio, distrutto in un bombardamento. Ma nel 1955 poteva essere inaugurato il nuovo stabilimento. Quando si dice resilienza, termine che calza a pennello per la famiglia emiliana, di generazione in generazione l’azienda è cresciuta sempre più, fino alle ragguardevoli dimensioni odierne.

“La svolta - spiega Pinardi - fu a cavallo fra gli anni settanta e ottanta, grazie al successo di un prodotto cortisonico per l’asma. Tra il 1995 e il 2006 Chiesi realizza una serie di acquisizioni e collaborazioni all’estero dopo avere già aperto uno stabilimento in Brasile”. Da lì in poi la corsa è stata inarrestabile. “Non saremo una delle Big Pharma, ma siamo comunque la seconda azienda farmaceutica italiana”. C’è un giustificato orgoglio nelle parole di Pinardi, che non dimentica però il suo ruolo di sindacalista e anche di responsabile alla sicurezza: “In questa veste - aggiunge - nel corso della pandemia abbiamo contrattato tempestivamente tutte quelle condizioni di lavoro che hanno permesso agli addetti di produrre in sicurezza, e all’azienda di restare aperta”. Pinardi sottolinea che la contrattazione con l’azienda in fabbrica funziona. “Prova ne è che nel dicembre 2020, dopo una lunga e approfondita discussione durata mesi, abbiamo raggiunto e condiviso un accordo di carattere economico e generale che ha rinnovato, migliorandolo, il contratto aziendale. Temi che vanno dalle indennità ai permessi, passando per i rimborsi, le visite e i congedi. Anche se ogni rosa ha le sue spine, qui si pretende molto in termini di flessibilità”. Si lavora a ciclo continuo, su tre turni, notti e festivi sono la regola.

Pinardi è magazziniere, lavora a stretto contatto con il settore produttivo vero e proprio. “Il lavoro non manca - tira le somme - e se nel periodo più duro della pandemia alcune produzioni sono andate in sofferenza, ora possiamo dire di avere recuperato i livelli del 2019. Un percorso indovinato, che vede le esportazioni come una delle voci principali del bilancio aziendale”. Del resto non è un mistero che l’industria farmaceutica italiana sia fra le leader mondiali. “Le innovazioni devono però essere accompagnate da un sano principio di prudenza, e da una formazione che possiamo a buon diritto definire permanente, non finisce mai”. Quando è entrato a lavorare in fabbrica le maestranze, gli operatori nel sito produttivo di San Leonardo erano 350, in questo 2022 sono diventati quasi il doppio, sono nati e si sono sviluppati i laboratori di ricerca, a tal punto da impiegare quasi un migliaio di addetti. Solo la Filctem Cgil ha 200 iscritti. “Discutere dell’organizzazione del lavoro per noi è pane quotidiano. Ti sembrerà strano in un mondo sempre più tecnologico, ma per un delegato sindacale è essenziale far sì che le proprie compagne e i propri compagni di lavoro possano operare in sicurezza e al meglio delle possibilità”.

 

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