Dalla Procura di Padova un attacco ai diritti di cittadinanza. No a figli di serie A e serie B - di Margherita Grigolato

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Che il primo governo presieduto da un presidente del Consiglio donna volesse far tornare indietro il Paese rispetto ai diritti individuali e collettivi l’avevamo già capito, ma che se la prendesse anche coi figli, dichiarando che ce ne sono di serie A e di serie B, condizione valida fino al 2012 quando la legge 219 stabilì l’identità unica di figli sia per i legittimi che per i naturali, non ce lo aspettavamo. È avvenuto con l’intervento della Procura di Padova che ha proposto impugnazione di 33 atti di nascita di bambini di coppie omogenitoriali a partire dal 2017, cancellando il cognome della madre intenzionale, quella non biologica.

Ma come siamo arrivati a questo? La legge 40 del 2004 stabilisce che la procreazione medicalmente assistita in Italia è solo per le coppie eterosessuali, sposate o conviventi; per questo molte coppie omosessuali o donne single che vogliono avere figli vanno a farla all’estero, e chiedono poi il riconoscimento del legame di parentela in Italia. La Gpa, gestazione per altri, nel nostro Paese non è consentita a nessuno, pertanto “non ha cittadinanza nel nostro ordinamento”.

Lo scorso gennaio una circolare del ministro dell’Interno Piantedosi chiese ai sindaci di non trascrivere automaticamente i certificati di nascita dei figli nati all’estero con la gestazione per altri, in cui comparisse anche il genitore non biologico. Qualche settimana dopo la Prefettura di Milano recepì la richiesta, allargandola anche alle coppie di donne che avessero fatto ricorso alla fecondazione eterologa all’estero, chiedendo non venisse indicato il genitore intenzionale negli atti di nascita dei figli, omettendo il doppio cognome.

Il sindaco di Milano, però, disse che le disposizioni non avrebbero avuto valore retroattivo, mentre è proprio quello che è accaduto a Padova nei 33 casi per cui la Procura chiede l’annullamento del riconoscimento.

Che conseguenze avrà questo provvedimento? La madre intenzionale perderà ogni diritto legale anche di bimbi già grandi, in età di scuola materna, che conoscono bene il loro cognome, che improvvisamente si vedono cancellati nella identità, che non capiscono perché questo accada, perché una delle madri dovrà avere una delega per andare a prenderli, non potrà fare un viaggio da sola con loro, avere loro notizie se ricoverati in ospedale.

Il sindaco di Padova, Giordani, ha difeso la decisione del Comune di registrare gli atti di nascita, ora impugnati, affermando che non è accettabile che esistano bambini discriminati nei loro fondamentali diritti. Ha anche fatto notare che c’è un vuoto legislativo gravissimo per il notevole ritardo del Parlamento nel legiferare.

Riguardo alla prima impugnazione, il magistrato della procura padovana afferma che “la giovane età della bimba (sei anni) esclude che la modifica del cognome come richiesto possa avere ripercussioni sulla sua vita sociale”, affermazione grave, non sostenuta da evidenze scientifiche, anzi contraddetta dagli ordini degli psicologi e delle assistenti sociali.

La ministra della Famiglia, Roccella, afferma che in Italia si è genitori in due soli modi: o biologicamente o per adozione. Quindi, invita le coppie omogenitoriali a seguire la procedura adottiva, dimenticando che questa modalità non ha un canale privilegiato, anzi è lunga, molto costosa e dipende dalla decisione di un magistrato.

Le famiglie arcobaleno padovane sono scese in piazza, insieme alla Cgil e a tante persone, davanti al Tribunale, manifestando silenziosamente per indicare il silenzio della politica e delle istituzioni che costringono queste madri e padri a una battaglia giudiziaria estenuante per vedere riconosciuti dei diritti naturali.

Le mamme che per prime hanno ricevuto la notifica dell’impugnazione hanno fatto ricorso al Tribunale di Milano, che ha sospeso la cancellazione del cognome, rigettando il ricorso della Procura, aprendo uno spiraglio di speranza, mentre un pool di avvocati sta studiando il caso.

La ministra sa bene che ci sono centinaia di bimbi e famiglie nelle stesse condizioni e propone una sanatoria a cui rispondo con le parole dell’onorevole Zan: “I bambini non sono abusi edilizi e l’impugnazione della Procura, che agisce su impulso del ministero, è un atto politico”.

Qual è il senso di tutto ciò se non la criminalizzazione delle famiglie arcobaleno? Piuttosto che colmare un vuoto legislativo si preferisce revocare diritti esercitati da anni senza ledere nessuno, per questioni puramente ideologiche e identitarie.

La Cgil è scesa in piazza nei Pride di molte città italiane, manifestando per i diritti delle persone lgbtq+, lo ha fatto tenendo presente la discriminazione in atto verso questi probabili “orfani di Stato”; continuerà a rivendicare che allargare i diritti di cittadinanza a tutti è un’azione positiva che non toglie nulla a chi già li possiede. Continuerà ad includere e non a escludere, continuerà a lavorare per gli ultimi.

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