Governo: niente di nuovo sul fronte pensionistico - di Michele Lomonaco

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Il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, uscito dall’incontro con la ministra Calderone del 26 giugno scorso, dichiara: “Incontro inutile”; l’ennesimo e questa volta sullo specifico delle pensioni.

Come aggiunge giustamente Pierpaolo Bombardieri, segretario generale della Uil, un governo tutto “chiacchiere e distintivo”. La ministra, come le altre volte, si presenta senza alcuna delega propositiva, quindi niente trattativa sulla previdenza ma solo promesse di ulteriori tavoli, e generici futuri interventi legati alle disponibilità della prossima legge di Bilancio.

Finiti i fuochi d’artificio salviniani contro la Fornero, rimane solamente il fumo. Non solo nessun intervento che contrasti la famigerata legge che tornerà pienamente in vigore da gennaio 2024, ma addirittura la conferma della cancellazione dell’opzione donna, che, seppur grandemente penalizzante, risultava l’unica via d’uscita anticipata per molte donne.

Quota 41 o comunque un’uscita elastica con 62 anni: non pervenute; lavori gravosi e usuranti: non riconosciuti; donne senza soluzione strutturale per lavoro di cura e giovani discontinui privi di garanzie. Anzi, con l’entrata in vigore delle nuove regole sui contratti a termine e voucher, viene incentivata ulteriormente la precarietà e quindi ulteriormente falcidiata la futura pensione degli attuali giovani/precari.

Parlano, chiacchierano di interventi sulla previdenza come obiettivo di legislatura. Vuol dire che, a fine mandato e in preparazione delle nuove elezioni, Salvini, che è in campagna elettorale permanente, e i suoi fratellini meloniani riprenderanno a ululare contro la Fornero. Purtroppo, sapendo che la memoria degli elettori è cortissima, c’è poco da essere allegri.

Da parte nostra, non abbiamo di certo dimenticato che questo governo, ad inizio anno, è intervenuto pesantemente sulla rivalutazione delle pensioni, lasciandola integrale solo fino a 5 volte il minimo per poi dimezzarla a chi ha pensioni più elevate. L’accordo sindacale per una rivalutazione che, seppur scaglionata, garantiva almeno il 75% dell’inflazione era stato raggiunto col governo Draghi da poco più di un anno; si è fatto cassa per l’ennesima volta col bancomat pensionati.

Oltre il danno la beffa. Una denuncia dello Spi nazionale, dopo la verifica su alcuni cedolini delle pensioni di luglio, ha sventato il truffaldino tentativo dell’Inps di far passare l’erogazione della 14esima mensilità, frutto di un’importante conquista del sindacato risalente al 2007 e ulteriormente allargata nel 2016, sotto la voce “aumento pensioni basse 2023”. Così si voleva far passare il messaggio che dietro quelle somme ci fosse una decisione del governo in favore delle pensionate e dei pensionati e che potesse trattarsi di un aumento garantito mensilmente. “Nulla di tutto ciò è vero”, era stato il commento di Tania Scacchetti, segretaria nazionale Spi Cgil: “L’aumento previsto per le pensioni basse e definito in legge di bilancio ammonterà, infatti, a meno di una decina di euro, cifre decisamente inferiori a quelle della 14esima mensilità”. L’Inps, prontamente smascherato, ha rapidamente applicato la dicitura corretta.

Di fronte alla sordità del governo, possiamo, dobbiamo, vogliamo dire basta! Amici della Cisl potete battere un colpo anche voi? Possibile che solo Cgil e Uil si siano accorti della inconcludente pantomima degli incontri finti di ratifica di quanto già deciso dal governo? Possiamo insieme “sbarra...re” la strada al governo della flat tax, dei condoni, delle tasse come “pizzo di stato” (frase vomitevole), dei furbi che campano sulle tasse di lavoratori e pensionati?

Decine di migliaia di persone unitariamente in tre piazze del paese a maggio, almeno 30mila manifestanti di Cgil ed associazioni a Roma in difesa della sanità pubblica - che, vorremmo scriverlo a lettere cubitali, si regge sugli introiti della fiscalità generale - sono lì a dimostrare che su contenuti certi, individuabili, condivisibili, pensionati e lavoratori sono disposti a lottare fino al raggiungimento di risultati tangibili. Certo, vanno fatte le assemblee e le iniziative territoriali insieme ai cittadini, magari cominciando dalla sanità e dal fisco ma non solo.

Va contrastata fortemente questa destra al governo, populista, corporativa, falsamente sociale, nemica dei diritti e pericolosa dal punto di vista istituzionale e di difesa della Costituzione.

Insistere per una previdenza più attenta alle esigenze di chi oggi lavora – e pretendendo uscite congrue nei tempi e nella remunerazione - e di chi, già in pensione, ha bisogno di tutelare il proprio reddito massacrato da un’inflazione che martella prevalentemente i più deboli, è un buon metodo per ottenere consenso e consapevolezza da parte dei molti che rappresentiamo e che oggi, purtroppo e secondo me sbagliando, si rifugiano nel non voto per protestare.

Un’ultima considerazione assolutamente personale: lottare è un nostro diritto inalienabile, votare è un nostro dovere irrinunciabile.

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