C’è una giudice a Catania - di Leopoldo Tartaglia

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Il tribunale di Catania ha accolto, il 29 settembre scorso, il ricorso di alcuni migranti, sbarcati a metà settembre a Lampedusa e poi portati nel nuovo Centro per il trattenimento dei richiedenti asilo di Pozzallo, giudicando “illegittimo in più parti” il “Decreto Cutro” e il suo recente decreto attuativo.

La giudice Iolanda Apostolico – oggetto ora di una vergognosa campagna denigratoria da parte dei partiti di governo e dei media vicini - ha negato legittimità alla nuova procedura di trattenimento e alla cauzione di 4.932 euro da pagare per non essere trattenuti. Secondo la sentenza, “la normativa interna incompatibile con quella dell’Unione europea va disapplicata dal giudice nazionale, e il provvedimento del questore non è corredato da idonea motivazione perché difetta ogni valutazione su base individuale delle esigenze di protezione manifestate, nonché della necessità e proporzionalità della misura in relazione alla possibilità di applicare misure meno coercitive”.

“Deve infatti escludersi – puntualizza la giudice - che la mera provenienza del richiedente asilo da Paese di origine sicuro possa automaticamente privare il suddetto richiedente del diritto a fare ingresso nel territorio italiano per richiedere protezione internazionale”.

“Si tratta di una delle prime applicazioni delle norme introdotte in Italia nei giorni scorsi, di cui viene confermata la mancata coerenza ai principi statuiti dalla nostra Costituzione e dalla Direttiva Ue 2013”, spiega l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (Asgi). In sostanza, secondo l’Asgi, “le nuove norme sulla detenzione per i richiedenti asilo per il tribunale di Catania sono contrarie alle norme Ue e alla Costituzione italiana: trattenere chi chiede protezione senza effettuare una valutazione su base individuale, e chiedendo una garanzia economica come alternativa alla detenzione è illegittimo”.

Come previsto da molti giuristi all’indomani della pubblicazione del decreto, quindi, la magistratura è chiamata a smontare l’ignobile “pizzo di Stato” che il trio Meloni-Salvini-Piantedosi ha voluto introdurre nella prosecuzione della sua campagna di “deterrenza” e respingimento di profughi e migranti, in mare o alle frontiere, secondo la disumana strategia secondo cui, invece di salvare e accogliere, bisognerebbe impedire le partenze.

Secondo il governo, un migrante in fuga da guerre, carestie, cataclismi climatici, persecuzioni individuali dovrebbe avere in tasca una fideiussione bancaria di 4.932 euro per evitare di essere rinchiuso in un centro di detenzione. È chiaramente una norma di carattere ideologico e discriminatorio e, nella realtà, impraticabile. Riflette soltanto la volontà del governo di dimostrare che la destra è contro l’immigrazione e mantiene le promesse elettorali.

Ma non basta! Un altro decreto, il quarto sull’immigrazione nel giro di nove mesi, prevede ulteriori strette delle norme che regolano l’accoglienza. A colpire in particolare la parte del provvedimento sui minori: il governo decide che, se non in possesso di documenti, come spesso accade, possano essere sottoposti ad accertamenti medico-scientifici, e che le autorità possono procedere alla loro espulsione se da questi risultasse la presunzione di maggiore età. Non solo; se i centri di prima accoglienza destinati a ospitare i minori migranti sono saturi, i ragazzi di oltre 16 anni saranno ospitati nei centri per adulti, seppur in sezioni separate, in una situazione di promiscuità e di assenza dei servizi dedicati. E ancora, le nuove norme prevedono l’espulsione immediata per chi ritenuto socialmente pericoloso, anche se lungo-soggiornante.

Nel frattempo, contro la posizione del governo tedesco di “difesa” dell’operato delle Ong – che, non va dimenticato, sono in grado salvare solo poco più del 5% dei naufraghi soccorsi nel Mediterraneo – il governo italiano ha tentato di bloccare la mediazione della presidenza spagnola sul Regolamento europeo per le crisi migratorie. Ma il Patto che alla fine si profila a livello europeo è basato, in realtà, sulla mera logica della solidarietà tra Stati membri per respingere e rimpatriare i migranti, invece che su efficaci politiche di accoglienza e asilo.

Coerentemente, il governo diserta la commemorazione del 3 ottobre, proclamata dal Parlamento nel 2016 “Giornata della Memoria e dell’Accoglienza”, in memoria delle 368 vittime del naufragio del 2013 al largo di Lampedusa. Se all'epoca il governo Letta varò dopo l'ecatombe l’operazione di soccorso e salvataggio “Mare Nostrum”, che in un anno portò in salvo oltre 150mila migranti, oggi, nonostante gli oltre 28mila morti nel Mediterraneo in un decennio, il governo Meloni chiede all’Unione europea una missione navale per bloccare le partenze e respingere i migranti, in spregio alle convenzioni internazionali sul diritto d’asilo e alla nostra Costituzione repubblicana e antifascista.

Insieme alla manifestazione del 7 ottobre, benvenuta è l’iniziativa della Cgil con un appello congiunto con i sindacati francesi Cgt, Cfdt e Force Ouvrière e la tedesca Dgb, per un radicale cambiamento delle politiche migratorie europee.

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