Sfratti emergenza abitativa - di Flavio Azzena

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La pandemia Covid 19 ha messo in evidenza e amplificato, tra le molte difficoltà che attanagliano le famiglie, un problema in particolare, ovvero il pagamento dell’affitto. Una spesa che, a seconda della tipologia del contratto di locazione, può incidere sul reddito familiare da un minimo del 35% a un massimo del 60%. Con una incidenza nella fascia più alta, purtroppo, sono collocati i pensionati e le pensionate del nostro Paese.

Molteplici sono state le difficoltà in cui si sono trovati i negozi e le attività commerciali, che con le chiusure del lockdown, in assenza di entrate certe, non erano in grado di pagare il canone. Cosicché in loro soccorso è intervenuto il governo con la detrazione fiscale del 60% sull’affitto, solo se lo stesso viene pagato. Molti esercizi, comunque non erano e non sono in grado di pagare, per cui rischiano lo sfratto per morosità.

Su quest’ultima vicenda è interessante e dà speranza la sentenza del giudice di Venezia, che non ha convalidato lo sfratto per morosità: a fronte della volontà del conduttore di pagare una parte del canone, in conseguenza delle mancate entrate, ha invitato le parti a rinegoziare il canone per un determinato periodo, per poi tornare al canone contrattuale.

Auspichiamo che questa procedura possa essere applicata anche agli sfratti per morosità incolpevole nelle locazioni private. Infatti ci preoccupano i dati sugli sfratti in provincia di Varese pubblicati dal ministero degli Interni per il 2019: con i suoi 1.018 sfratti emessi, di cui 129 a Varese città, 814 nel resto della provincia, su 2.132 richieste di esecuzione e 467 eseguiti, in alcuni casi anche con l’intervento della forza pubblica. Una situazione già allarmante in un anno “normale”, a dimostrazione che il disagio abitativo è destinato a diventare un grave problema sociale, se non viene affrontato con interventi efficaci.

Come Sunia da tempo stiamo chiedendo al governo di unificare i fondi destinati al sostegno affitti con quelli della morosità incolpevole, semplificando e velocizzando l’erogazione alle Regioni, che a loro volta devono celermente girarli ai Comuni, snellendo e velocizzando le procedure dei bandi, per far arrivare rapidamente i contributi alle famiglie in difficoltà.

Purtroppo l’erogazione dei fondi, e l’apprezzabile decisione del governo di sospendere l’esecuzione degli sfratti fino alla fine del 2020, alleviano ma non risolvono il problema. Per risolverlo serve un ‘piano casa’ che aumenti gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, con piani di recupero ed aumento del patrimonio esistente, evitando il consumo del territorio, a partire dall’utilizzazione dalle risorse rimaste nel fondo Gescal, attualmente nelle disponibilità da Cassa depositi e prestiti.

Mai come in questa fase ci troviamo con qualche prospettiva favorevole: il super bonus 110%, che per la prima volta viene dato anche ai gestori di edilizia residenziale pubblica, e i soldi europei del Recovery Fund, mettono nelle condizioni il governo di avviare un vero piano casa, come quello denominato ‘Piano Fanfani’ che in due fasi, tra il 1949-1956 e 1957-1963, permise di realizzare ben 350mila nuovi alloggi.

Un numero importante, ma all’apparenza insufficiente per quelle 600mila famiglie circa oggi in attesa di una assegnazione di alloggio a canone sociale. Con i cambiamenti sociali avvenuti negli ultimi decenni, la diversa composizione delle famiglie, il rilevante aumento degli anziani, la mancanza di lavori stabili per i giovani, sempre più poveri e precari e dunque impossibilitati a formarsi una famiglia e crearsi un futuro, si sono più che modificate le condizioni dell’esigenza abitativa.

Urge pertanto una nuova progettualità urbana, in grado di cogliere anche i cambiamenti portati dalla pandemia, che riporti il nostro Paese ad avere una dignitosa percentuale di alloggi pubblici a canone sociale, al pari di Francia, Germania, Austria e Olanda. A tal fine va ripristinata una nuova tassazione per la casa, in quanto si è rivelata fallimentare l’idea che il libero mercato potesse consentire a tutti di acquistare una casa di proprietà, abbassando in modo inverosimile le tasse sugli immobili.

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