La Ue “in remoto” - di Roberto Musacchio

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Visto il Covid, anche nelle istituzioni europee si lavora molto in remoto. Ma a ritmi intensi. In collegamento web anche il Consiglio Europeo che prova ad abbattere o a bypassare il veto di Polonia e Ungheria, e a chiudere il cerchio degli accordi per varare il bilancio con dentro i fondi Covid.

Per ora il niet resiste e ci si aggiorna a dicembre. C’è anche chi si avventura a chiedere la “cacciata” dei reprobi Polonia ed Ungheria. Magari sarebbe utile ricordare che l’ungherese Orban sta nel Partito popolare europeo e che sia lui che il partito di governo polacco hanno votato per Ursula Von der Layen. Come hanno votato, con gli “europeisti”, tanta austerità e la famigerata risoluzione che equipara nazismo e comunismo.

Guardando poi a quando i Paesi dell’Est sono entrati nella Ue, sarà bene ricordare anche quante privatizzazioni sono state chieste loro da chi celebrava la sconfitta del socialismo reale, e magari pensava anche ai dividendi di guerra.

Per combattere populismi e nazionalismi serve interrogarsi su cosa li ha aiutati a crescere. Tanto più oggi che il Covid chiede all’Europa di cambiare strada, e di coniugare la sacrosanta lotta per lo Stato di diritto con quelle per il diritto alla salute e delle persone a riuscire a sopravvivere fisicamente ed economicamente.

Ma torniamo ai lavori in corso. Dopo l’accordo col Parlamento europeo, che ha risarcito alcuni dei fondi strutturali e sancito il necessario rispetto delle regole democratiche, dal presidente del Parlamento, Davide Sassoli, è arrivata una esternazione “forte”. Che ha addirittura proposto la cancellazione dei debiti da Covid, oltre che segnalare che il Mes non lo prende nessuno (nonostante lo avesse sponsorizzato anche lui mesi addietro), e andrebbe ripensato.

Si inalbera di questa uscita il segretario dem Zingaretti, che però dovrebbe riflettere sul fatto che è il solo tra i segretari di partiti affluenti al socialismo europeo che sembra guardare più indietro che avanti. Magari è troppo coinvolto dai ragionamenti all’italiana tra presidenti di Regione e “nuovi” equilibri di governo. Infatti anche uno come Enrico Letta prova a “pensare diverso”. Come Gualtieri, un po’ a giorni alterni. Diciamo che gli uomini di Bruxelles cercano di stare più al passo dei tempi. Che però bisogna vedere dove porti.

Se la risposta “di scuola” di Cottarelli a Sassoli sulla cancellazione del debito sembra una arrampicata sugli specchi, visto che deve prendere atto che la Bce (per fortuna) fa il contrario di quello che il monetarismo ha ideologizzato (con danni gravissimi), è Lagarde a pronunciare il “non possumus”, a causa dei sacri Trattati. Ma, si dice a Bruxelles, che certe cose si fanno ma non si dicono. C’è da vedere dunque se la nuova fase determinata dal Covid sarà una parentesi o continuerà.

Peraltro non è cosa su cui si debba stare a guardare. Anche perché il vecchio non muore da solo, come testimoniano le scorie di austerità che si trovano ancora nelle osservazioni ai bilanci appena fatte dalle istituzioni europee per il semestre europeo. Serve quindi una iniziativa da sinistra e di sinistra che entri negli spazi aperti.

Ursula von der Leyen ha lanciato con una certa enfasi l’Europa della salute, con un programma che attrezzi la Ue alle pandemie e non solo. E allora si possono chiedere cose che inverino questa Europa della salute. Ad esempio che i vaccini siano effettivamente beni comuni non alla mercé delle multinazionali come chiede una Iniziativa dei Cittadini Europei, Ice, partita il 30 novembre con l’obiettivo di raccogliere un milione di firme in tutta Europa per avere una direttiva della Commissione. Poi che ci siano standard sanitari europei. Per questi standard all’Italia mancano tante cose. Personale da assumere e strutture da realizzare, che dovrebbero essere al centro del Piano che l’Italia deve attuare. Inoltre c’è la questione salario. Ursula von der Leyen ha annunciato una proposta per il salario minimo. In Italia il salario è veramente diventato minimo. Anche qui occorre una iniziativa di massa, di lotta e contrattuale, per armonizzare i salari verso l’alto.

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