Aeroporti toscani, il Covid lascia a terra anche i lavoratori - di Frida Nacinovich

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La seconda ondata della pandemia ha fatto tornare gran parte della penisola nella situazione della scorsa primavera. State a casa e limitate gli spostamenti. E se è diventato complicato andare al supermercato abituale, figuriamoci prendere un treno o un aereo. Già, il trasporto aereo. Un settore che negli ultimi trent’anni ha avuto un autentico boom, complice l’evoluzione tecnologica e una globalizzazione che ha portato centinaia e centinaia di milioni di uomini e donne a spostarsi volando, nei singoli Paesi, nei continenti, in tutto il pianeta. Il coronavirus ha bloccato ogni cosa. A tal punto che grandi compagnie aeree come la tedesca Lufthansa, a rischio di bancarotta, hanno chiesto e ottenuto aiuti statali per andare avanti.

A cascata, la crisi sta travolgendo anche le società di gestione dei singoli aeroporti, dove le pratiche degli ultimi anni hanno portato alla creazione di un sempre maggior numero di lavoratori in condizione di ‘stabile precarietà’. Ad esempio, la società che gestisce i due scali toscani di Firenze e Pisa, Toscana Aeroporti, e la sua controllata Toscana Aeroporti Handling, hanno fatto ricorso a contratti a tempo determinato, part-time al minimo delle ore giornaliere, oppure part-time stagionali a sei o otto mesi.

“Morale della favola - spiega Francesco Baroni - i lavoratori con contratti a termine non sono stati richiamati, quelli con contratti ciclici a tempo indeterminato finita la stagione sono senza salario, senza cassa integrazione e senza Naspi. Mentre quelli con part time di 4 ore stanno riscuotendo una cassa integrazione di poco più di 400 euro al mese”. Il re è nudo, e non è un bello spettacolo.

Baroni, delegato sindacale per la Filt Cgil, è a casa da fine ottobre e, nella migliore delle ipotesi, dovrebbe rientrare a marzo. Otto mesi di lavoro, appunto, e quattro a casa ma a disposizione, perché quando le cose andavano bene l’azienda aveva bisogno di addetti già formati e così li richiamava. “Vista la situazione non serviamo più. E quattro mesi senza lavoro e senza ammortizzatori sociali sono pesanti. Molto”. Né è di consolazione per i precari ‘stabili’ sapere che la cassa integrazione sta interessando la totalità degli addetti aeroportuali di Pisa e Firenze. “Una cigs che scadrà nel prossimo marzo”, puntualizza un preoccupato Baroni.

I numeri sono, in effetti, drammatici. A causa del Covid-19, da gennaio a settembre, l’aeroporto Galilei ha perso il 72,9% dei passeggeri. Dallo scalo pisano sono transitati in nove mesi un milione e 153mila passeggeri, ben poca cosa rispetto ai 4 milioni e 255mila dell’analogo periodo del 2019. Se Atene piange, piange anche Sparta. A Firenze Peretola il calo è stato del 72,7%, passando dagli oltre due milioni di passeggeri ai circa 600mila del 2020. Un colpo durissimo per Toscana Aeroporti, per i suoi lavoratori, e per l’indotto.

Il nuovo assessore regionale all’economia Leonardo Marras ha portato nell’ultima seduta di giunta una proposta di modifica alla legge 75, approvata ad agosto dal Consiglio uscente, così da concentrare dieci milioni di euro in aiuti su Toscana Aeroporti e i due scali Galilei e Vespucci. “Soldi che dovrebbero servire ad aiutare noi lavoratori”, segnala Francesco Baroni. Soprattutto quelli con contratto a termine che sono già a casa da tempo, quelli come Baroni con contratti stagionali ciclici, e quelli con contratti part time minimi che stanno ricevendo una cigs minuscola.

Sono in tutto novecento gli addetti di Toscana Aeroporti, 120-130 quelli che in questi mesi di sospensione sono senza salario né ammortizzatori. “C’era stata una timida ripresa del trasporto aereo in estate - racconta Baroni - ma la seconda ondata della pandemia ha di nuovo bloccato tutto”. Lui lavora al check-in del Vespucci di Firenze, si occupa degli imbarchi. Un impiegato, mentre fra i suoi colleghi inquadrati con lo stesso contratto ciclico ci sono ad esempio gli operai impegnati a predisporre le scale per l’ingresso e l’uscita dei passeggeri dagli aerei, nella fornitura di carburante, nella sistemazione logistica degli aviogetti.

“Certo che fra part-time, contratti stagionali ciclici e contratti a termine - denuncia Baroni - la situazione generale non ci vede tutelati quanto dovremmo essere, benché per anni la Filt Cgil si sia spesa per stabilizzare i precari, innalzare i livelli occupazionali e tutelare i lavoratori più deboli. La lunga fase espansiva del traffico aereo garantiva lavoro tutto l’anno e la possibilità di adeguare e migliorare i contratti. Ora invece i nodi sono venuti al pettine”. Come uscirne? “Sarebbe necessario un intervento pubblico. Questo settore potrebbe anche avere un ruolo nella guerra alla pandemia, portando velocemente i vaccini da un capo all’altro della penisola, e anche in tutto il continente. Oltre al cargo e all’intermodalità, si può pensare ad una valorizzazione del trasporto aereo sulle tratte brevi e nazionali, al posto di auto e pullman”. 

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