Francia: il tramonto di Macron - di Roberto Musacchio

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Di sicuro ha perso Macron. Il liberale che si era creato dalla sera alla mattina una maggioranza a sua immagine e somiglianza, rottamando a destra e soprattutto a sinistra. Che aveva ispirato emuli un po’ in tutta Europa, molti in Italia. Uno dei protagonisti dell’europeismo reale, che pretende di esercitare la sua governance a prescindere dal sommarsi di crisi sempre più drammatiche che sconvolgono le nostre vite.

Il popolo francese conferma la sua caratteristica di essere meno disposto ad assecondare i suoi dominanti. Negli anni macroniani il conflitto è continuato, anzi si è accresciuto come con i gilet gialli e, soprattutto, con la lotta contro la “riforma” delle pensioni, che è stata bloccata.

Nelle urne, alle presidenziali, Macron si è riconfermato ma perdendo 16 punti rispetto al suo precedente ballottaggio con Le Pen. E Melenchon non era arrivato a sfidarlo per poco. Ora, alle politiche, Macron perde un centinaio di seggi e sta largamente sotto la maggioranza assoluta.

Neanche una legge maggioritaria, concepita per favorire la trasformazione di minoranze in maggioranze ed escludere le alternative radicali, lo salva. Al primo turno non arrivava al 26%. Al secondo supera il 38% crescendo di due milioni di voti e sfiorando gli otto. Cresce anche Nupes che dal 26% sale a quasi il 33% (più un 1,35% di altre liste di sinistra), da 5,9 a 6,7 milioni di voti. Tutti gli altri scendono. Le Pen di un punto, fermandosi al 17%, e di 700 mila voti toccando i 3,5 milioni. I repubblicani si attestano al 7% dall’11%, 1,5 milioni, un milione in meno.

Naturalmente sono calcoli distorti da quanti ballottaggi avevano conquistato le singole forze. E sarà bene vedere come si sono orientati gli elettori, a seconda della scelta disponibile. Certo stavolta la disciplina repubblicana anti Le Pen non pare aver fatto argine, e d’altronde c’erano state molte dichiarazioni dei macroniani sugli opposti estremismi e il pericolo Melenchon. Quello che è chiaro è che, nonostante il maggioritario, si è creato un quadro complesso e tripartito, se non a quattro dimensioni. E che non c’è più l’attrazione trasversale del macronismo, ma non si ritorna al bipolarismo precedente. L’affermazione di Le Pen è inquietante. Ma conferma che niente come politiche come quelle del presidente dei ricchi, come è stato ribattezzato Macron, aiuta le destre estreme.

Il successo di Nupes e Melenchon appare ben più esteso e di prospettiva. Una sorta di nuovo mitterandismo che parte più da sinistra. Ed è un bene perché la crisi che viviamo è talmente grande che chiama a risposte radicali. Ai suoi tempi la sinistra unita di Mitterrand andò scolorendo, penalizzando il Pcf e aprendo il fianco a destra.

In Francia neanche il maggioritario ha sradicato il dibattito politico, il conflitto sociale e una autonomia del popolo. Non è un caso che il ritorno in forze della sinistra, autonoma ed alternativa al macronismo, parta dalla sinistra radicale e che unisca e cresca. Riconquistando rappresentanza sociale a partire dai ceti popolari, contesi a Le Pen. Certo la crisi è profondissima e l’astensione record lo urla. Giovanile e popolare, meno al voto politico che alle presidenziali. Ma Nupes appare un progetto di ricostruzione e capace di espansione.

Non sarà facile, ma sarà ancora più difficile per lo sconfitto Macron. Lo aiuteranno i repubblicani? Le prime dichiarazioni sono contrarie, e i macroniani minacciano instabilità. Tutto ciò avviene mentre le quattro crisi, finanziaria (economica e sociale), pandemica, bellica e climatica si sono intrecciate in un vortice che minaccia di precipitarci agli inferi. L’Europa reale rischia di divenire una democratura.

Il voto francese parla di un bisogno popolare di alternativa, che in parte si fa, con Nupes, anche volontà e progetto. Il successo della destra solleva fantasmi. Bisogna sapere che questi allignano laddove l’aria si fa irrespirabile. Per cacciarli, guai a chiudere porte e finestre. Serve aria fresca, subito. In Francia, in Europa, in Italia.

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