Il camper della Filcams per un altro turismo - di Federico Antonelli

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In queste settimane la Filcams Cgil ha lanciato una grande iniziativa che coinvolge le nostre regioni meridionali: “Il nostro turismo Destinazione Sud”. Un camper che attraversa i nostri territori del sud dove, con un’ideale staffetta tra le regioni, vengono organizzate giornate di confronto con le istituzioni locali e il mondo della rappresentanza sociale e di impresa sul tema del turismo e dei modelli di sviluppo del settore.

L’industria turistica è considerata una possibile locomotrice del treno Italia, ma soffre di una storica arretratezza che pesa soprattutto sulle lavoratrici e sui lavoratori. Alcune analisi indicano il lavoro nero come la forma più utilizzata di regolazione dei rapporti di lavoro. Affermazione paradossale ma purtroppo reale. Nelle analisi che abbiamo preso a riferimento, si dice infatti che il rapporto tra lavoratori assunti con forme di contratto regolari e lavoratori che lavorano senza contratto è di uno a tre. È un dato clamoroso che riguarda una parte parziale, ma maggioritaria, dell’industria turistica: quella degli alberghi e dei ristoranti.

Il camper ha già attraversato la Sardegna, la Sicilia, la Calabria e la Puglia. Adesso lo attendono Basilicata, Abruzzo e Molise, e infine la Campania. Territori magnifici e ricchi di bellezze e attrattive, che però non riescono a sviluppare un modello industriale e moderno di turismo.

In questi ultimi mesi una parte del dibattito nel Paese è stato quello della concorrenza che il reddito di cittadinanza farebbe al lavoro nel settore turistico. Si è instillata, nell’opinione pubblica, l’idea che i ragazzi preferirebbero prendere il reddito di cittadinanza piuttosto che andare a lavorare in un bar o in un ristorante: assegnando a questa presunta contraddizione la responsabilità della mancanza di personale qualificato nelle strutture turistiche, con la conseguenza della mancanza di servizi realmente attrattivi per la clientela.

In questa narrazione, fasulla e deresponsabilizzante, si scaricano le responsabilità del mancato sviluppo del settore sui lavoratori e sugli strumenti di difesa dalla povertà. La lotta di classe degli imprenditori non va mai in vacanza, verrebbe da dire.

In un famoso contraddittorio televisivo il nostro segretario generale Maurizio Landini rispose a Daniela Santanchè, che lamentava la difficoltà nel trovare personale professionale per il proprio ristorante: “Basta pagarli”. Quella risposta, istintiva probabilmente, ma profondissima nella sua semplicità, segna una riflessione convinta che accompagna le iniziative della Filcams sul turismo. Questo modello può continuare? E può la politica continuare a rinforzare l’idea che attraverso la deregolamentazione dei rapporti di lavoro e la liberalizzazione delle opportunità per gli imprenditori si può creare ricchezza? Il turismo ci dice di no: sfruttamento del territorio, sfruttamento del lavoro, mancato rispetto delle leggi e dei contratti sono le conseguenze dirette, e non distorsioni, di questa idea.

Per questo la nostra categoria ha voluto focalizzare l’attenzione sul tema: un sistema inerte non sarà mai funzionale alla redistribuzione della ricchezza costruita grazie al turismo. Quindi la sfida è quella della legalità e del governo del territorio, risorsa da amare e rispettare e non soltanto da sfruttare.

Su questa idea la Filcams ha prodotto un decalogo di proposte che nel lungo tour vengono discusse. Dal piano straordinario del turismo alla lotta alla precarietà; dal rinnovo dei contratti al contrasto ai licenziamenti; il coinvolgimento delle parti sociali e della politica come soggetti attivi per il cambiamento e, infine, la sostenibilità ecologica del modello turistico: questi alcuni dei titoli del nostro decalogo.

In questa analisi, e in questo percorso, il desiderio di rendere visibili le esigenze di ragazze e ragazzi che credono di poter vivere e lavorare mettendo a frutto i propri studi e sviluppando il proprio paese, la propria città o il proprio pezzo di mare o montagna.

Se la politica non accetterà questa sfida sarà una sconfitta per tutto il Paese, e non soltanto l’occasione persa per sfruttare in maniera realmente produttiva quella parte delle risorse che il Pnrr ha destinato al turismo.

 

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