“Hasta la victoria, siempre”, Ado - di Giorgio Carnicella e Alberto Stanghellini

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Ado non c’è più. Adolfo Caruso se n’è andato lasciandoci tutti un po’ più soli a riflettere. E questa volta sarà più difficile vederlo ricomparire in qualche inatteso luogo per iniziare una diversa avventura di vita.

Ado ha scavallato il millennio con noi, dalla Filt di Venezia, del Veneto, nazionale; dai settori della manutenzione in Rfi Italia, dal torrido versante della logistica e dell’autotrasporto, dagli agoni congressuali visti da sinistra.

Ado ha saputo fare rumore, ma con eleganza: la sua erre arrotata poteva suonare imperiosa e agnelliana oppure ironica e mascettiana, ma le sue analisi conoscevano la concretezza del nostro amato “che fare?”. E poi, quando i tempi del colera hanno preso il sopravvento, ha compiuto una scelta: ricominciare da un’altra parte.

Con un grembiule da massaia addosso e un piatto della sua cucina italiana davanti, ci ha presentato, a Madrid, Pablo Iglesias. Eravamo molto contenti dell’idea che quella carbonara avrebbe potuto ispirare una nuova Carboneria.

Ci ha lasciato il 7 gennaio nella sua città natale, che lui ci ha sempre tenuto lontana: Benevento. E non sapremo forse mai se il suo scherzare fino all’ultimo, se il suo dare del tu alla leucemia, fossero i precisi momenti durante i quali Ado ci stava dicendo che la sua commedia di vita era agli sgoccioli.

Non c’è infatti tragedia nella sua uscita di scena; se per tragedia si intende quel racconto di vita o di vite sovrastate dall’inevitabile finale. Non c’è tragedia ma triste (per noi) commedia; se per commedia si intende invece quel racconto di vita o di vite durante il quale è l’azione dei protagonisti che genera e sviluppa la trama.

Ado ha sempre pensato di poter intervenire, di poter determinare un pezzo del racconto. E lo ha fatto nella Cgil, per sé e per tanti di noi. “Hasta la victoria, siempre” era il suo saluto.

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