Una mobilitazione, forte, coerente, duratura - di Giacinto Botti

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Le mobilitazioni di queste settimane di Cgil Cisl Uil contro le scelte del governo di destra, liberista, classista e bellicista, vanno coerentemente proseguite per conquistare un ampio fronte sociale e creare le condizioni per lo sciopero generale. L’unità sindacale è un bene assoluto, ma non può essere la gabbia per quel bisogno di coerenza e continuità che proviene dalla parte più sindacalizzata del paese.

Lo sciopero generale non è la panacea risolutiva dello scontro in atto, ma un passaggio obbligato per rimettere al centro il lavoro come condizione per la dignità della persona, l’integrazione e il riscatto sociale. La classe lavoratrice riprenda il suo ruolo dirigente per un cambiamento radicale, economico, sociale e politico.

Abbiamo di fronte una destra di governo pericolosa, che pratica una “dittatura parlamentare” prescindendo dalle opposizioni politiche, che persegue la logica neocorporativa e liberista, separa il lavoro dai diritti, il salario dalla prestazione lavorativa, il lavoro dalla salute, il capitale dal lavoro. La presidente del Consiglio ha come credo ideologico “non va disturbato chi produce”. Un governo forte con i deboli e debole con i forti, che risponde a Confindustria, alle lobby, agli interessi particolari. Non è più tempo di compromessi e consociativismi. L’opposizione politica faccia il suo mestiere.

Lo scontro è di sistema, per questo serve continuità di azione, coscienza diffusa; vanno cambiati i rapporti di forza tra capitale e lavoro, tra sfruttatori e sfruttati, tra padroni e lavoratori.

L’autonomia della Cgil dal governo e dai partiti va agita mantenendo la discriminante sul merito ed esercitando sempre libertà di giudizio e di azione, consapevoli di limiti, ritardi e difficoltà.

Il sindacato confederale non può fermarsi senza aver conquistato le proprie rivendicazioni, se non vuole perdere credibilità e consenso. Non può farlo la Cgil, alla quale tante e tanti affidano le loro speranze per una vita migliore. Le diseguaglianze di ceto e di genere, la precarietà, l’attacco ai diritti del lavoro, i tagli alla sanità e alla scuola pubblica, la mancata applicazione della Costituzione antifascista, a partire dal ripudio della guerra, sono il frutto delle politiche classiste e liberiste dei governi di centrodestra e di centrosinistra, dei governi “tecnici” e tecnocratici, da Ciampi a Dini, da Monti a Draghi, e di leggi come la Treu e la Biagi, i decreti Poletti e il Jobs act che ha anche cancellato l’articolo 18, pilastro di democrazia nei luoghi di lavoro, che va ripristinato.

Dobbiamo accompagnare la mobilitazione con una battaglia culturale sui valori, con lo sguardo oltre i nostri confini e con una proposta generale. Costruire consapevolezza, cultura, militanza e organizzazione per tenere in campo la mobilitazione del mondo del lavoro, dei pensionati, delle donne e delle giovani generazioni, per un tempo che non sarà né breve né facile.

Il paese ha bisogno di una Cgil forte, coerente, unita e plurale.

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