STMicroelectronics, tanta tecnologia ma serve il ‘delegato sociale’ - di Frida Nacinovich

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Nei notiziari dedicati all’economia e alla borsa non manca mai un passaggio dedicato alla STMicroelectronics. Il motivo c’è, perché la multinazionale italo-francese è una grande produttrice di componenti elettronici a semiconduttore, i chip diventati negli ultimi trent’anni essenziali nella rivoluzione informatica che tutto ha cambiato. Solo per fare un esempio, rivali di Stm sono colossi come Intel, Samsung, Texas Instruments e Toshiba, giganti dell’elettronica di consumo, a partire dai computer e dai cellulari, e dell’industria automotive. Un comparto dominante in questo XXI secolo, basta pensare a quanti computer abbiamo oggi in casa fra smartphone, smart tv e pc veri e propri.

Nel nostro paese STMicroelectronics, che è quotata alle borse di Milano, Parigi e New York, ha un grande stabilimento a Catania, dove si producono transistor e circuiti integrati elettronici, e due nel milanese, ad Agrate Brianza e Cornaredo. In quest’ultimo sito si fa soprattutto ricerca, grazie al lavoro di 1.200 addetti specializzati. Laura Tannoia è una di questi, e a ragione può dire di avere vissuto l’intera parabola ascendente dell’azienda, visto che ci lavora da ben 34 anni. Insomma è una delle pioniere di un’epopea industriale che oggi arriva a contare 48mila dipendenti ai quattro angoli del pianeta, con un fatturato annuo che nel 2022 è stato di 16,1 miliardi di dollari.

“Il nostro settore non conosce crisi - conferma Tannoia - anche nel periodo del Covid non ci siamo mai fermati, anzi abbiamo avuto una impennata della produzione. Puoi solo immaginare quanto servissero i microchip prodotti in Europa, quando la pandemia ha interrotto le catene di approvvigionamento dall’Asia”. Con effetti che si sono fatti sentire in tanti settori, e in particolare nell’industria dell’auto europea, costretta in alcuni casi a veri e propri stop produttivi.

Eletta nella rappresentanza sindacale unitaria per la Fiom Cgil già nel 1994, Tannoia è diventata un punto di riferimento per colleghe e colleghi di lavoro. “Siamo fieri del nostro impegno sindacale. Anche nei periodi più difficili, come nel 2006 quando una piccola ristrutturazione interna vide lo spostamento di alcune linee di produzione come i sensori di movimento, siamo riusciti a contrattare diritti e tutele per ogni singolo addetto. Quella volta arrivammo ad organizzare dei pullman per rendere gli spostamenti meno problematici”.

Storie passate, visto che oggi, solo in Italia, STMicroelecrtonics dà lavoro a più di 11mila persone, di cui tremila impegnate in ricerca e sviluppo e cinquemila in produzione. A ripensarci, Laura Tannoia si sente anche orgogliosa del suo lungo viaggio all’interno di una delle aziende che ha rivoluzionato la nostra quotidianità. “Ho iniziato a lavorare quando avevo appena 17 anni, studiavo ma volevo già essere indipendente e riuscire a mantenermi. Sono approdata in Stm nel 1989, a 19 anni, quando in genere si fa l’esame di maturità”. Oggi è un tecnico di laboratorio, testa i nuovi prodotti destinati al settore automotive, ma non dimentica i diciotto anni passati in produzione: “Sarò parziale, ma per me è il reparto più bello dell’azienda, il cuore pulsante di ogni fabbrica che si rispetti. Qui si lavora giorno e notte, anche il sabato e la domenica. La sottoscritta si è fermata per un po’ solo quando il figlio era piccolissimo. C’è molta solidarietà in produzione, non esiste quella competitività, anche estrema, che ho avuto modo di vedere in altri settori”.

Per aggiungere ulteriori competenze, oggi Tannoia ha seguito un corso specifico per diventare ‘delegata sociale’. “In un’azienda come la nostra - spiega - non sono tutte rose e fiori. Specialmente nel settore della ricerca i lavoratori e le lavoratrici sono costantemente sotto pressione. A loro viene chiesto tanto, per stare al passo con i concorrenti che sono molto agguerriti. Individuare colleghi potenzialmente in difficoltà non è semplice, stiamo parlando di tecnici iperspecializzati. Alle volte può bastare una chiacchierata in pausa caffè per rendersi conto se c’è qualcosa che non va o meno, e soprattutto intervenire in tempo”.

Il disagio strisciante è la cartina di tornasole di questo periodo che non perdona fragilità, nemmeno fossero colpe. “Intervenire significa salvare non solo il collega o la collega ma anche il suo posto di lavoro. Faccio un esempio, mi sono recentemente trovata di fronte a un caso di ludopatia, di dipendenza da ‘gratta e vinci’. Questo lavoratore aveva dilapidato una fortuna, l’intero patrimonio di famiglia. In un momento di crisi acuta era arrivato al punto di rubare la carta di credito della compagna di stanza, che l’ha denunciato. La faccio breve, abbiamo contattato i familiari, fatto ritirare la denuncia, siamo riusciti a inserirlo in un percorso di recupero, terapie di gruppo da seguire per non fargli perdere il posto di lavoro”.

 

Vicende del genere fanno capire bene quanto ci sia bisogno di questa nuova figura sindacale, il delegato o la delegata sociale. In fondo si tratta di ingrandire la cassetta degli attrezzi che ogni sindacalista ha in dote.

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