La protesta francese riguarda anche noi - di Giacinto Botti

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Ciò che sta avvenendo in Francia riguarda anche noi. L’assassinio di un ragazzo di origine araba di 17 anni da parte di un gendarme ha incendiato un intero paese, innestandosi su un malessere che da tempo serpeggia in Francia come nelle altre “civili” nazioni europee. È il fallimento di un sistema che crea esclusione, diseguaglianza, condizioni economiche e sociali così differenti da provocare violenza e tumulti, e un duro contrasto tra chi possiede la ricchezza e chi è privato di ogni elementare diritto. È una protesta spontanea, senza direzione politica, che potrebbe essere strumentalizzata per un’ulteriore svolta conservatrice, razzista e di destra. Siamo in presenza di una democrazia malata che nega diritti universali e non offre pari opportunità.

Si sono alimentate società di diseguaglianze e create barriere di classe e di genere. Le “nazioni” europee sono incapaci di prospettiva se non quella di chiudersi in un fortino. Nella sfida tra Usa e Cina per il primato mondiale c’è un Sud globale non più disposto ad essere sfruttato dall’Occidente. Un nuovo ordine internazionale multipolare è una strada obbligata, e questo ci coinvolge come paese e come Europa. Una democrazia di un paese civile, democratico, giusto si distingue per l’accoglienza, l’integrazione, l’eguaglianza nelle possibilità e per la sua visione del mondo.

Invece il governo Meloni, bellicista, sovranista e classista, consolida il suo blocco sociale conservatore, di classe, e prosegue nella privatizzazione dei beni pubblici e nel depauperamento di sanità e scuola pubbliche. Lasciando, con il taglio al reddito di cittadinanza, 400mila famiglie in stato di indigenza. Si accanisce contro i poveri, i disoccupati, i pensionati e i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, e lascia mano libera alle imprese, allarga il precariato e si oppone al salario minimo.

L’inflazione si mangia pensioni e salari e non la si combatte con l’aumento del costo del denaro da parte della Bce, una linea monetarista dettata dalla Federal Reserve statunitense che porterà recessione in Europa e ulteriore impoverimento degli strati meno abbienti. La critica all’austerità e alla politica della Bce non va lasciata al governo di destra liberista.

Siamo, inoltre, all’occupazione del servizio pubblico, del sistema radiotelevisivo, in una progressiva omologazione alla stampa padronale.

In questa situazione – ricorrendo al Gramsci dell’ottimismo della volontà - serve continuare la mobilitazione della Cgil e dei movimenti antifascisti, pacifisti, ambientalisti, delle donne, degli studenti, per i diritti delle persone lgbtqi+. C’è bisogno di voltare pagina e intraprendere la strada della radicale discontinuità con il passato. Serve un indirizzo politico e sociale che non si limiti agli aggiustamenti ma segni il cambiamento. Senza questo non si vince nel confronto con la destra.

L’autunno sarà duro e, a partire dalla manifestazione del 30 settembre, vedrà ancora la Cgil protagonista e punto di riferimento.

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