Venezia, l’hotel Bonvecchiati non è ospitale con i lavoratori - di Frida Nacinovich

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Per le sue camere a pochi passi da piazza San Marco sono passati attori e attrici di cinema e di teatro, artisti provenienti da ogni angolo del pianeta, politici e imprenditori, e naturalmente tantissimi turisti in visita a Venezia. Ora però l’hotel Bonvecchiati, che con il suo gemello Palace ha quasi 12mila metri quadrati di superficie e ben 192 camere oltre a una spa, un ristorante e un bar su una splendida terrazza, sta per chiudere, ufficialmente per lavori di restauro che dovrebbero durare un paio di anni. E l’attuale proprietà, il fondo lussemburghese Ece, vuol licenziare alla fine di ottobre i 65 dipendenti a tempo indeterminato, e naturalmente non rinnovare i 55 fra contratti a termine e stagionali.

I vecchi proprietari Eligio Paties e Paolo Dal Pos, ben conosciuti in città per le loro attività commerciali, ristorante Do Forni in testa, nel 2021 avevano deciso di passare la mano per ragioni anagrafiche, dopo trenta lunghi anni di attività. La loro era stata un’avventura imprenditoriale di successo, da quando nel 1991 avevano deciso di prendere in mano la gestione dello storico albergo Bonvecchiati in Bacino Orseolo, costruito addirittura nel 1790 e forte di 98 camere. Sei anni dopo, visto che gli affari andavano benone, acquistarono l’immobile. E nel 2000 colsero al volo l’occasione di prendersi dall’Enel la sede appena dismessa di Calle dei Fabbri, trasformando 5.500 metri quadrati di uffici in un hotel nuovo di zecca con 70 stanze, battezzato Bonvecchiati Palace.

Anno dopo anno la fama dei due alberghi a quattro stelle è cresciuta, così alla fine si è fatta avanti per l’acquisto una joint venture guidata dal fondo lussemburghese Ece European Lodging Recovery Fund, dal fondo austriaco Soravia Equity e dai tedeschi di Denkmalneu Unternehmensgruppe, specializzati in riconversione edilizia. Una proprietà che, prima di lasciare la futura gestione degli alberghi alla società spagnola Only You Hotels di Palladium Group, con cui è in discussione un contratto d’affitto ventennale, non si è fatta scrupoli a licenziare tutte le donne e gli uomini che pure avevano contribuito al successo dei due alberghi. Camerieri, addetti alla ristorazione, alla cucina, al guardaroba e all’amministrazione, con decenni di esperienza.

Fra loro c’è Eleonora Marangon, che è entrata a lavorare al Bonvecchiati nel 2008, quando aveva 23 anni, ed ora conta amaramente i giorni che la separano dall’addio ad un’esperienza certo faticosa ma anche ricca di soddisfazioni. “I nuovi proprietari ci hanno fatto vivere alla giornata dal 2021 – racconta - da quando hanno preso in mano i due immobili. Di fronte alle nostre proteste avevano organizzato una riunione nel corso della quale ci avevano garantito che saremmo rimasti anche nel caso di un eventuale restauro. Ma non hanno mantenuto la parola. Abbiamo vissuto due anni con l’ansia di un lavoro che poteva svanire, è stato pesante anche psicologicamente”.

Marangon è cameriera al breakfast, è delegata sindacale per la Filcams Cgil e si è fatta un’idea ben precisa su quanto sta accadendo: “Non hanno intenzione di concederci la cassa integrazione perché vogliono diventare una società immobiliare, non alberghiera. E potevano anche scegliere di ristrutturare un hotel alla volta, visto che il Palace è più nuovo rispetto all’albergo storico, è stato costruito appena vent’anni fa. Invece preferiscono chiudere e mandarci tutti e 120 a casa”.

Di fronte a questa prospettiva, sia la Filcams che la Uiltucs hanno risposto per le rime, denunciando che licenziare 120 persone per lavori di restauro non sta né in cielo né in terra. Di qui la richiesta di un incontro urgente con la proprietà, anticipando che un accordo sarà possibile solo con gli ammortizzatori sociali. “Ci sono persone che sono state chiamate per più stagioni – sottolinea Marangon - soprattutto i camerieri ai piani. Ma la cosa più grave è che ci sono dei dipendenti a tempo indeterminato che hanno un’età avanzata e sono vicini alla pensione. Lavorano in albergo da trent’anni e ovviamente sono preoccupati, perché trovare un altro posto di lavoro per chi ha sessant’anni sarà difficile, se non impossibile. All’inizio ci avevano offerto cinque mensilità per andare via. Ma sono poche, specialmente per chi è al Bonvecchiati da decenni facendo un lavoro pesante, usurante”.

 

Agli occhi dei lavoratori e dei sindacati una soluzione c’è, basterebbe replicare gli accordi presi in un caso simile, quello dell’albergo Bauer, in restauro per tre anni: “Loro hanno avuto gli ammortizzatori sociali – osserva Marangon - i dipendenti stanno facendo dei corsi di formazione pagati dall’ente bilaterale, così quando il Bauer riaprirà saranno più formati e potranno tornare a lavorare, parliamo di persone che hanno dai 55 anni in su. Più in generale – tira le somme la delegata sindacale – è necessario un protocollo di tutela per tutti gli addetti del nostro settore, perché chiunque potrebbe approfittare di un restauro per liberarsi di loro”.

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