Ribelliamoci alla nuova Nakba. Senza giustizia non c’è pace - di Alessandra Mecozzi

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“Non chiediamo al mondo di armare i palestinesi e neanche di incoraggiarli, ma anche solo di capire che la violenza genera violenza e che l’occupazione militare e l’apartheid generano resistenza. È così semplice, così doloroso” (Ramzy Baroud, The Palestine Chronicle).

Sì, semplice e doloroso. Eppure, mentre assistiamo al disastro civile e umano nella Striscia di Gaza sotto le bombe, gli Stati Uniti dichiarano che forniranno armi ad Israele (tra i più armati del mondo), e governi europei come Danimarca, Germania ed Austria sospendono i fondi alla Palestina! La Francia e la Germania vietano manifestazioni di solidarietà con la Palestina.

La Germania viene duramente additata dalla giornalista israeliana Amira Hass su Haaretz: “Voi tedeschi avete da tempo tradito la vostra responsabilità, quella ‘derivante dall’Olocausto’, cioè dall’assassinio delle famiglie dei miei genitori, tra gli altri, e dalla sofferenza dei sopravvissuti. L’avete tradita con il vostro sostegno senza riserve a un Israele che occupa, colonizza, priva le persone dell’acqua, ruba la terra, imprigiona due milioni di abitanti di Gaza in una gabbia affollata, demolisce case, espelle intere comunità dalle loro case e incoraggia la violenza dei coloni”.

Colpisce il titolo di una sessione del Parlamento europeo (dal sito ufficiale della Commissione europea, servizio audiovisivo): “Sessione plenaria del PE: Dichiarazioni del Consiglio e della Commissione - Gli spregevoli attacchi terroristici di Hamas contro Israele, il diritto di Israele a difendersi nel rispetto del diritto umanitario e internazionale, e la situazione umanitaria a Gaza”.

La disumanizzazione dei palestinesi, costretti tra le definizioni di “terroristi” o di invisibili “vittime”, è stata costruita in decenni di colonizzazione violenta, di occupazione e apartheid conclamato, riconosciuto da autorità come Amnesty International o l’israeliana B’tselem.

Gli occhi vengono chiusi anche sui coloni che in Cisgiordania organizzano pogrom con il sostegno militare, bruciano case e attaccano gli abitanti inermi. Il pensiero va ad Hanan Ashrawi, dirigente palestinese dell’Olp: “Siamo l’unico popolo sulla Terra a cui viene chiesto di garantire la sicurezza del nostro occupante... mentre Israele è l’unico paese che reclama la difesa dalle sue vittime”.

Dice Ruba Salih, antropologa dell’Università di Bologna, per molti anni alla Soas di Londra: “In Italia la complicità dei media è particolarmente grave e allarmante” (left.it 12ottobre). Mentre la Bbc rifiuta di sottostare alla pressione governativa di parlare di “Hamas terrorista” e parla di palestinesi combattenti, in Italia, il mantra “condanniamo l’attacco terrorista di Hamas” sembra essere diventato la condizione per prendere la parola, per sfuggire all’accusa di antisemita, o essere direttamente arruolati nelle fila di Hamas.

Bisogna cercare su siti e giornali israeliani e palestinesi per trovare argomenti e ragionamenti lontani dall’ignoranza, falsità, disonestà e ipocrisia di molti media italiani: “Un mattatoio mediatico” - lo ha definito Tommaso di Francesco su il manifesto global edition - dove l’uso sfrenato di immagini truculente, talvolta anche false, serve ad incitare l’opinione pubblica al sostegno incondizionato ad Israele, perfino piangendo solo i morti israeliani. La disumanità non è frenata neanche dal lutto.

Oggi siamo al genocidio. Ottocento studiosi di diritto internazionali, tra cui Raz Segal, lanciano l’allarme. Su Jewish Currents, il professor Raz Segal osserva: “L’assalto a Gaza può essere inteso anche ... come un caso da manuale di genocidio che si svolge davanti ai nostri occhi. Lo dico come studioso di genocidio, che ha trascorso molti anni a scrivere sulla violenza di massa israeliana contro i palestinesi”. Le lunghe file di profughi obbligati a fuggire, su ordine israeliano, dal nord di Gaza, ridotto a un deserto di macerie, verso il sud, sotto le bombe, ricordano angosciosamente la Nakba. E, come quei profughi del 1948, di cui molti sono discendenti, forse non potranno più tornare. Ma stavolta le popolazioni di paesi arabi, anche sotto regimi repressivi, si ribellano. In Egitto, Giordania, Libano sono scesi in piazza a migliaia.

 

Anche tante associazioni ebraiche per la pace agiscono in solidarietà con la Palestina, ed hanno addirittura occupato Capitol Hill negli Stati Uniti. Una rivolta globale contro l’ingiustizia, ad oggi limitata in Europa, che potrà allargarsi se il discorso politico a sinistra prenderà il coraggio che finora non ha avuto. Coltiviamo la speranza!

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