Cronaca della morte annunciata di una fabbrica - di Sergio Scubla

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Il Cartonificio Fiorentino si trova dove da 115 anni insistono siti produttivi. Precedentemente vi erano nate fabbriche di conserve alimentari, negli anni ’50 l’area era stata destinata alla lavorazione del cartone e alla conseguente trasformazione in scatole. La prima crisi fu all’inizio degli anni ‘80, quando sembrava che la Coop volesse acquisire il sito, pericolo che fu scongiurato dall’avvento alla proprietà di Giampiero Giusti, eclettico imprenditore e jazzista rinomato. Il lavoro era molto più manuale e conseguentemente più faticoso di oggi, quando i computer sono entrati anche nelle fabbriche, riducendo sì la fatica, ma anche il numero di addetti.

Dopo vari passaggi di proprietà che non hanno portato a significativi problemi per i rapporti sindacali, difficili ma mai drammatici, siamo arrivati alla proprietà attuale, il gruppo Pro-Gest Spa, facente capo a Bruno Zago, imprenditore trevigiano, sedicente self made man, che ha portato il Cartonificio nell’era moderna, fatta di scorciatoie per favorire i guadagni del padrone. Ad iniziare dall’acquisizione, nel 2014, da parte di una partnership di commercialisti di Prato, con capitale sociale di diecimila euro, che assorbì i debiti ingenti della precedente proprietà per poi fallire, ma solo dopo aver affittato il ramo d’azienda alla stessa Pro-Gest, che al fallimento dei commercialisti rilevò l’azienda scevra dai debiti.

I rapporti sindacali sono stati difficili fin dall’inizio, con difficoltà perfino ad incontrare i rappresentanti aziendali che più volte, quando infine si presentavano, anche davanti alle istituzioni, davano in escandescenze immotivate.

Sul finire degli anni ‘10 si è iniziato a parlare del trasferimento del Cartonificio ad Altopascio in lucchesia, che è sembrato dovesse essere imminente a più riprese. Ma l’azienda inizia ad avere problemi di liquidità, per i quali emette dei bond. L’agenzia di rating Moody’s ha declassato, come più volte fatto negli ultimi anni, a Caa1 la Pro-Gest, modificando l’outlook da stabile a negativo, considerato che nonostante i bond la liquidità di cassa è scesa comunque. Questo porta a voci di vendita, più volte smentite dall’azienda stessa.

Ma per il Cartonificio l’ipotesi di chiusura si fa sempre più vicina. Nel 2022 raggiungiamo con la lotta sindacale un accordo per una moratoria fino a giugno 2024, con un documento firmato insieme a Comune di Sesto Fiorentino e Regione Toscana.

Nel settembre scorso, l’azienda, nella persona di Bruno Zago, incontra i vertici nazionali dei sindacati confederali della nostra categoria, informandoli che a giugno 2024 sposterà definitivamente il Cartonificio ad Altopascio, dove sta installando un ondulatore, macchina che serve per fare il cartone, di ultima generazione, che non può essere installato a Sesto perché più lungo dei capannoni della nostra fabbrica. Da sottolineare che nell’accordo del 2022 l’azienda si era impegnata a visionare siti nella Piana fiorentina, cosa che non ha mai fatto, come la stessa Regione, nella persona di Valerio Fabiani, consigliere politico del presidente, con delega alle crisi aziendali, ha ricordato loro. Per tutta risposta hanno lamentato che i costi dei terreni nella Piana sono proibitivi, e che non sono interessati a valorizzare l’attuale spazio del Cartonificio, perché non è nella disponibilità della Pro-Gest.

 

All’ultimo incontro avuto, la proprietà ha fatto una controversa dichiarazione sul personale del Cartonificio: porterà tutti, che si sia 75 o 50, come se i posti di lavoro nascessero sotto i cavoli. Il 20 novembre ci sarà un incontro con la Rsu e le organizzazioni sindacali, e il 30 con la Regione: da questi vogliamo uscire con una definizione certa del destino dei lavoratori, e discutere anche dei nostri accordi aziendali, diversi da quelli degli Ondulati Giusti (la fabbrica di Altopascio nella quale verremmo inglobati) e per questo a rischio, pronti a mettere in atto tutte le forme di lotta che riterremo necessarie, preoccupati di ottenere le miglior condizioni possibili per chi dovrà sorbirsi cento chilometri di autostrada tutti i giorni, compresa la notte. Per non parlare delle spese, visto che l’azienda unirebbe le due fabbriche per ottimizzarle, peggiorando invece le nostre, con la benzina che aumenta come l’autostrada, impossibilitati ad usare mezzi pubblici a causa del lavoro a turni, riducendo ancora la capacità d’acquisto di stipendi già corrosi dall’inflazione e da decenni di politica salariale deficitaria che ha portato l’Italia all’ultimo posto nella classifica europea degli aumenti delle buste paga negli ultimi trent’anni.

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