Da Israele: “Nel mio nome, non voglio vendetta” - di Alessandra Mecozzi

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“Mi sento così delusa perché il mondo intero tace, come se non fossimo esseri umani. Sono così delusa perché vedo che nessun paese si sta muovendo per aiutarci. Mi sento terrorizzata perché non vedo la fine di tutto questo”, Noor AlYacoubi da Gaza.

Ogni dieci minuti a Gaza viene ucciso un bambino: dalle bombe, dalla mancanza di elettricità negli ospedali, dalla fame, dalla sete, dalle malattie. Già 3.500, sulle oltre 8.000 vittime al 30 ottobre. Gaza è un deserto di macerie. Il campo profughi di Jabalia più volte bombardato è un cimitero senza tombe. Dunque non “autodifesa” ma vendetta. Del resto, come può uno Stato occupante reclamare il diritto di difendersi dalle sue vittime? Solo la voluta cecità del potere può imbracciare l’arma del “diritto alla difesa”.

Nella Cisgiordania occupata si susseguono pogrom: coloni e esercito israeliani cacciano gli abitanti dalle loro case, a cui danno fuoco; giovani vengono ogni giorno uccisi, a sangue freddo. Vediamo su Haaretz un volantino, lasciato dai coloni sulle automobili dei Palestinesi: “Avete un’ultima possibilità di fuggire in Giordania in modo ordinato, dopodiché uccideremo ogni nemico e vi espelleremo con la forza dalle nostre sante terre dateci da Dio”.

E tuttavia c’è un'opinione pubblica interna che denuncia le colpe di Netanyahu e dei militari, nel non essere stati in grado di proteggere i loro cittadini il 7 ottobre. Verrà loro chiesto conto, ma “dopo la guerra”, che fa comodo a Netanyahu: “Siamo solo all’inizio. La battaglia nella Striscia di Gaza sarà difficile e lunga; è la nostra seconda guerra d’indipendenza…una lotta tra civiltà e ferocia, tra decenza e depravazione, e tra il bene e il male”.

Migliaia nel mondo, a Oriente come a Occidente gridano la propria indignazione per l’eccidio a Gaza, in manifestazioni oceaniche. In Italia, il 28 ottobre, si è svolta una delle più grandi manifestazioni di solidarietà con la Palestina, dagli anni ‘80.

È molto importante quanto avviene in Israele e nel mondo ebraico. In Israele si levano le voci di dolore dei sopravvissuti alla strage del 7 ottobre, che rifiutano la vendetta. Michal Halev, la madre di Laor Abramov, assassinato da Hamas, ha gridato in un video pubblicato su facebook: “Chiedo al mondo: fermate tutte le guerre, smettete di uccidere le persone, smettete di uccidere i bambini. La guerra non è la risposta. La guerra non è il modo in cui si aggiustano le cose. Questo paese, Israele, sta attraversando un periodo di orrore … E so che le madri di Gaza stanno attraversando un periodo di orrore … Nel mio nome, non voglio vendetta”. (Orly Noy su +972 magazine: https://palestinaculturaliberta.org/2023/10/29/ascoltate-i-sopravvissuti-israeliani-non-vogliono-vendetta/#more-8629)

Nelle manifestazioni a Tel Aviv di fronte al quartier generale dell’esercito si sono visti cartelli in inglese, ebraico, arabo: “Cessate il fuoco subito”, “Il dolore non conosce confini”, “In guerra non ci sono vincitori”, “Se condanni un crimine di guerra, devi condannarli tutti”.

Ha detto la ventunenne Leah Cohen Shpiegel durante la manifestazione: “Sono venuta qui perché non possiamo ignorare gli orrori che sono avvenuti qui sabato [durante l’attacco di Hamas] e gli orrori che stanno ancora avvenendo a Gaza. Sono qui per chiedere un cessate il fuoco, una soluzione politica e il rilascio degli ostaggi. Il ciclo di spargimento di sangue e di guerra senza fine deve finire. Non c’è vittoria in questa guerra”.

Adesso la polizia ha annunciato un divieto totale di “manifestazioni politiche”. Il capo della polizia di Israele ha perfino minacciato di mandare a Gaza qualsiasi cittadino palestinese di Israele che esprima solidarietà con i palestinesi nella Striscia. E mentre i manifestanti protestavano, centinaia di esponenti di destra cercavano di irrompere negli studentati del Netanya Academic College nei pressi di Tel Aviv, scandendo “Morte agli arabi” e chiedendo che gli studenti arabi vengano espulsi dalla città (Oren Ziv su +972 Magazine).

 

In una lettera aperta firmata da decine di studiose e studiosi di Studi Ebraici si invitano tutte le istituzioni, Associazioni, Dipartimenti di Studi Ebraici a chiedere “un cessate il fuoco immediato, che Israele ripristini immediatamente l’acqua e l’elettricità a Gaza, e consenta l’immediato ingresso degli aiuti umanitari a Gaza, la fine immediata di tutti i finanziamenti statunitensi a Israele”. Ecco un’arma efficace contro l’antisemitismo.

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