Massimo Scalia, scienziato, ambientalista, protagonista del movimento antinucleare - di Gianni Tamino

A dicembre dell’anno scorso è scomparso Massimo Scalia, uno dei fondatori del movimento ambientalista e uno dei più importanti scienziati antinucleari in Italia. Ma per me è scomparso soprattutto un amico.

Ho conosciuto Massimo, insieme al suo fraterno amico Gianni Mattioli, alla fine degli anni ‘70, quando Democrazia Proletaria organizzò un gruppo di lavoro sull’energia nucleare e fu subito collaborazione scientifica, ma anche grande amicizia: alle loro analisi di carattere fisico io aggiunsi le mie riflessioni sugli aspetti biologici e sanitari.

Vi furono vari incontri agli inizi degli anni ‘80 e un importante convegno sul nucleare a Roma nel 1982. Quando, nel 1983, fui eletto alla Camera dei Deputati, la collaborazione si fece più intensa. La comune militanza in Legambiente ci portò ad affrontare vari temi di carattere ambientale, senza dimenticare gli aspetti sociali e politici.

Un momento particolarmente intenso di collaborazione si verificò quando venne deciso di proporre al paese i tre referendum antinucleari, di cui fummo, insieme a vari altri, tra i firmatari che depositarono la richiesta in Cassazione, nel maggio del 1986, all’indomani del disastro avvenuto nella centrale nucleare di Cernobyl. Ci furono molti incontri e dibattiti in tutta Italia per raccogliere le firme necessarie: la raccolta andò molto bene, superando ampiamente il limite previsto, con oltre un milione di adesioni.

Il referendum venne boicottato dal governo di allora, che, dando le dimissioni (anche per altre ragioni), preferì le elezioni anticipate anziché far svolgere i referendum nella primavera del 1987. Dopo le elezioni anticipate, nel nuovo Parlamento entrarono anche i Verdi e tra questi anche Scalia e Mattioli, con i quali la collaborazione si fece ancora più intensa.

I referendum antinucleari comunque si svolsero e l’8 e il 9 novembre 1987 il popolo italiano si recò alle urne: i voti favorevoli furono intorno all’80%, impedendo al Paese di correre il rischio ambientale, ma anche economico, di un’ulteriore diffusione di centrali nucleari. Poi di lì a poco vennero chiuse anche quelle già esistenti. Fu un grande successo, che mise in evidenza la possibilità di ulteriori risultati positivi su molti aspetti ambientali, dalla necessità di fonti energetiche rinnovabili e non inquinanti, alla corretta gestione dei rifiuti, all’eutrofizzazione del mare Adriatico, all’inquinamento chimico, al pericolo per la salute rappresentato dall’amianto, e via dicendo. Massimo fu esemplare in tutte le battaglie ambientaliste per il suo senso della misura, sostenendo tutte le nostre posizioni con documentazioni rigorosamente scientifiche.

Dopo la conclusione della mia esperienza in Parlamento, nel 1992, la collaborazione scientifica, talvolta anche qualche divergenza politica, caratterizzò la nostra comune esperienza nella Federazione dei Verdi. La collaborazione continuò anche quando divenne presidente, nel 1994, della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse.

Poi dal 1995, quando entrai nel Parlamento europeo, le occasioni di collaborazione divennero meno frequenti, ma ci sentivamo per telefono per moltissimi aspetti trattati da lui al Parlamento italiano e da me in quello europeo, soprattutto per i problemi legati all’energia.

Agli inizi di questo nuovo millennio vi fu il tentativo di individuare un sito idoneo per il deposito dei rifiuti nucleari, pesante eredità delle inutili centrali costruite prima del referendum. Venne individuato un sito a Scanzano Jonico, un luogo assolutamente inadatto, che portò alla mobilitazione da parte del Comitato “ScanZiamo le scorie”, con blocchi stradali ma anche convegni, ai quali sia Massimo che io partecipammo attivamente. Grazie a queste mobilitazioni popolari, dopo 14 giorni il decreto fu ritirato.

Ma la battaglia contro il nucleare in Italia non è mai finita e nel 2011 ci siamo ritrovati ancora una volta per la campagna a favore del referendum antinucleare, ancora una volta con un risultato popolare schiacciante: oltre il 90% dei cittadini andati alle urne si è dichiarato contrario a questo tipo di energia.

Tuttavia più volte abbiamo dovuto contrastare i tentativi di far entrare dalla finestra ciò che era stato scacciato dalla porta, come l’ipotesi di piccoli reattori nucleari “sicuri”, l’illusione dell’energia da fusione, ecc. Tutto per evitare le fonti rinnovabili e mantenere la logica di energie gestite in forma centralizzata da enti più interessati agli affari che non al bene comune. Ed oggi, a vent’anni di distanza, il problema del deposito di rifiuti radioattivi è ricomparso, senza che i problemi già posti vent’anni fa siano stati risolti.

Purtroppo questa volta la battaglia non potrà avvalersi dell’apporto scientifico ed umano di Massimo Scalia, ma solo dei suoi fondamentali scritti, come le Osservazioni sulla Carta dei siti, realizzata dalla Commissione scientifica sul Decommissioning, di cui era presidente.

 

Ciao Massimo, mi mancherai e ci mancheranno le tue argute osservazioni e la tua sottile ironia.

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