Il contratto ci spetta - di Federico Antonelli

Grande partecipazione allo sciopero e alle manifestazioni di commercio, turismo e servizi del 22 dicembre scorso.

Tantissime lavoratrici e lavoratori del comparto del commercio, della distribuzione, della ristorazione collettiva e commerciale, della filiera del turismo, da nord a sud, venerdì 22 dicembre hanno scioperato e invaso le strade e le piazze di Milano, Roma, Napoli, Palermo e Cagliari per richiedere a gran voce il rinnovo contrattuale, aumenti salariali e nessuno scambio tra diritti e salario.

Uno sciopero riuscito, che ha registrato un’adesione del 70%, sebbene le realtà lavorative coinvolte siano diverse e variegate: dalle grandi catene commerciali ai piccoli negozi, dalle mense aziendali, scolastiche e ospedaliere a bar e ristoranti, dal mondo cooperativo al terziario avanzato. Tutti e tutte unite a voler combattere quel non più “solito destino” che li vorrebbe sempre più succubi e supini a interessi padronali a costo zero.

Nonostante gli sforzi fatti, sul tavolo delle trattative non solo si è assistito, da parte delle associazioni datoriali, ad un arretramento della discussione su elementi economici, come il mancato riconoscimento dell’indice Ipca quale punto di partenza su cui poter rilanciare una proposta di incremento salariale, ma anche su elementi normativi importanti e non negoziabili (malattia, quattordicesima, flessibilità, permessi, scatti di anzianità).

L’idea che il rinnovo del contratto nazionale debba essere variabile dipendente esclusiva di interessi, convenienze economiche e organizzative della sola impresa è ciò che ha sancito la definitiva rottura, e che ha portato Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs alla proclamazione dello sciopero intersettoriale.

Il sindacato unito non ha accettato che il continuo procrastinare, di anno in anno, del rinnovo contrattuale diventasse la regola e la strategia contrattuale delle associazioni datoriali; non ha accettato che si mettessero in discussione ruolo e funzione della contrattazione collettiva; non ha accettato l’ignavia delle associazioni datoriali che irresponsabilmente non tengono conto di quanto il mancato rinnovo possa mettere in discussione la tenuta economica e sociale del nostro paese.

Così come ricordato da Fabrizio Russo, segretario generale Filcams, e da Maurizio Landini, “la difesa e la crescita del potere d’acquisto dei salari e l’estensione dei diritti e della dignità delle persone che per vivere devono lavorare, sono le ragioni fondamentali dell’esistenza dei contratti nazionali”.

Nella piazza di Napoli, una lavoratrice addetta mensa del servizio di refezione scolastica del Comune di Fasano (Brindisi), raccontando la sua esperienza lavorativa e le ragioni che l’avevano portata a scioperare, ha ribadito che il servizio che lei espleta è di pubblica utilità, che incrocia la pubblica amministrazione, ma nonostante questo anche il “pubblico” fa finta di non vedere quando appalta servizi, e non tiene conto di quei datori di lavoro che condannano alla povertà i propri dipendenti. Chi vuole un servizio di qualità deve pretendere qualità del lavoro.

Per questo, alla domanda fatta da molti lavoratori e molte lavoratrici “il lavoro a quale costo?”, bene hanno fatto altre categorie della Cgil, che nelle giornate preparatorie alla mobilitazione hanno mostrato massima solidarietà, sostegno e partecipazione. Una solidarietà unica che deve diventare il tratto distintivo della nostra organizzazione, perché la Cgil o è collettiva, solidale e plurale, o non può dirsi confederale. La lotta di uno è la lotta di tutti.

Il 22 dicembre è stata una giornata importantissima, una giornata di responsabilità e di orgoglio anche per chi, come molti lavoratori e molte lavoratrici del sud, nel mese di dicembre hanno aderito a due scioperi, quello confederale indetto con la Uil contro le politiche economiche e sociali del governo, e quello di categoria.

L’entusiasmo, la rabbia, la forza non deve essere dispersa e sprecata perché, come diceva Giuseppe Di Vittorio, “nessun lavoro, nessun sacrificio, nessun sforzo ci farà arretrare dal compiere fino all’ultimo il nostro dovere, assistiti dalla convinzione di servire la più elevata, la più affascinante delle cause: quella che tende a dare maggiore giustizia e maggiore benessere ai costruttori di tutte le ricchezze sociali: ai lavoratori”.

 

Adelante, il contratto ci spetta!

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