Bruno Segre, il partigiano dei diritti - di Metello Cavallo

Ci ha lasciati alla fine di gennaio, proprio nel Giorno della Memoria, all’età di 105 anni il partigiano Bruno Segre.

La sua biografia ci consegna una formazione giuridica liberale, studi con Luigi Einaudi, un eccellente livello culturale. Durante il fascismo subì a livello professionale la discriminazione del regime in quanto figlio di ebreo e non poté quindi esercitare la professione di avvocato. Nel 1942 venne arrestato con la tipica accusa di “disfattismo politico” e rimase tre mesi in carcere.

Maturò la scelta di unirsi ai partigiani dopo l’8 settembre 1943, in un periodo di attività clandestina quando fondò un piccolo movimento con la sorella staffetta partigiana. Andò incontro a un secondo arresto al quale sfuggì rischiando la vita in uno scontro a fuoco. Raccontò l’episodio lui stesso in una recente testimonianza: “Non avevo fatto che pochi passi quando quel gorilla sparò tre colpi di Beretta, due finirono contro il muro, il terzo mi raggiunse alla schiena, dove tenevo un portasigarette di metallo: la pallottola penetrò ma si fermo lì…”. Fu portato nella caserma di via Asti, a Torino, sede dell’ufficio politico investigativo della Repubblica Sociale. Raccontò l’esperienza nel libro “Quelli di via Asti”.

Segre partecipò alla Resistenza con il nome di battaglia “Elio”, nella 1ª divisione alpina Giustizia e Libertà “Aldo Baccini”. Aveva poca dimestichezza e non amava le armi, essendosi sempre professato pacifista, per cui oltre alla partecipazione ai combattimenti gli venne affidata la stesura del diario storico della divisione. “Sono sempre stato fierissimo di quel poco che ho fatto”, ha detto riferendosi al periodo vissuto da partigiano.

Nel dopoguerra Bruno Segre ha sempre vissuto a Torino ed è stato un punto di riferimento dell’antifascismo nella sua città, anche dal punto di vista giuridico: era infatti chiamato “il partigiano dei diritti”. Non ha mai nascosto il suo dissenso rispetto all’amnistia per i fascisti, che definì “intempestiva”. Denunciò con tutti i suoi mezzi la formazione del Movimento Sociale, che vedeva in continuità con il fascismo.

Oltre all’attività di avvocato, dal 1949 ha diretto il mensile indipendente “L’Incontro”, lasciando il timone solo al compimento dei 100 anni. La sua attività è legata anche all’introduzione del divorzio e all’obiezione di coscienza. Difese infatti il primo obiettore di coscienza. Lavorò poi come cronista e negli anni Settanta, durante la campagna di stampa a favore del divorzio, noleggiò un piccolo aereo dal quale vennero lanciati 50mila manifestini su Torino: “Il divorzio non viene dal cielo, ma dalla legge dell’onorevole Fortuna”. È stato anche consigliere comunale in città come capogruppo del Partito Socialista, dal 1975 al 1980.

Con Bruno Segre perdiamo un altro grande protagonista della democrazia e dell’antifascismo. “La libertà non è un regalo”, ha affermato, e le sue ultime dichiarazioni pubbliche, dopo la formazione del governo Meloni, suonano come il testamento di uno dei grandi protagonisti della Resistenza e dell’antifascismo: “Oggi la libertà è a rischio…mi preoccupa questa volontà di riformare lo Stato, il presidenzialismo, voler privilegiare gli investimenti militari rispetto a quelli sociali, soprattutto la sanità e l’istruzione”.

Parole che ci accompagneranno nei prossimi mesi, in cui sarà necessario organizzare l’opposizione politica e sociale contro i gravissimi provvedimenti dell’attuale governo.

 

 
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