La lotta contro i fanghi rossi della Montedison - di Franco Agresti

Flavio Agresti, Una bella pagina di storia. La lotta contro i fanghi rossi della Montedison di Scarlino (1971-1988), Edizioni IOD, 2023, pagine 440, euro 18.

La lotta contro i fanghi rossi di Scarlino è considerata la chiave di volta per la storia ambientale italiana. Una lotta che scongiurò un disastro ecologico dimostrando come ambiente e sviluppo possano convivere.

Dove ora si trova lo stabilimento del Casone di Scarlino, dal 1840 fino al 1960 sorgeva una fattoria, dove risiedevano molte famiglie dedite all’agricoltura e all’allevamento del bestiame. Nel 1960 la Montecatini acquistò quei terreni fertili e fiorenti e vi eresse uno stabilimento grigio, fumante e puzzolente per la produzione dell’acido solforico.

L’industria non solo trasformò la qualità dell’ambiente fisico, ma anche la scala dei valori etici: adesso era il profitto a caratterizzare le attività produttive e l’organizzazione del lavoro, nonché i rapporti umani. Questa fu la condizione di fondo e la causa remota del conflitto tra le ragioni dell’ente locale, il Comune di Scarlino, e le ragioni dell’industria.

Nel 1966 la Montecatini si fuse con la Edison, nacque la Montedison con il proposito di produrre il biossido di titanio, all’epoca un prodotto nobile sul mercato europeo, dove erano in produzione altri stabilimenti già da tempo. Tali stabilimenti avevano due procedimenti per la produzione del TiO2: uno via solfato e l’altro via cloro. Quello al cloro non emetteva inquinamento, ma abbisognava di un minerale molto raro, il rutilio, mentre quello via solfato abbisognava di un minerale abbondante, l’ilmenite che produceva molto materiale di risulta con alto potere inquinante. Gli stabilimenti del nord Europa funzionavano tutti al solfato ed anche la Montedison inizialmente adottò questo sistema.

Nel luglio del 1971 l’impianto della Montedison era pronto a partire per produrre TiO2. Chiese l’autorizzazione al ministero della Marina Mercantile a sversare i liquami in un tratto di mare prossimo alla Corsica, tale permesso fu accordato dalla Capitaneria del porto di Livorno, cautelativamente per un periodo di 6 mesi.

Il Comune di Scarlino ne venne a conoscenza da una nota della Prefettura di Grosseto che chiedeva all’ente locale un parere circa l’effetto di quegli sversamenti in mare. Gli amministratori, in gran parte giovanissimi e alle prime armi, incaricarono il tecnico di fiducia, dottor Ennio Mariotti, di verificarne gli effetti, al fine di informare la Prefettura. Le analisi condotte rivelarono l’alta tossicità di quelle sostanze e gli effetti devastanti sul plancton di superfice con prevedibili danni all’ambiente e soprattutto alla pesca. Il Comune di Scarlino si riservò di concedere la sua autorizzazione solo in ottemperanza da parte della Montedison di alcune condizioni: scaricare a mare ed in profondità, almeno 100 metri dalla superficie, questi reflui resi innocui. I pescatori còrsi già erano sul piede di guerra avendo constatato una diminuzione del pescato.

La battaglia da combattere presentò da una parte il Comune appoggiato dalle organizzazioni sindacali e dalle maestranze, la Regione Toscana e i comuni rivieraschi cui premeva evitare l’inquinamento del Mediterraneo e salvaguardare l’occupazione degli operai; la Montedison alla quale premeva di dare seguito comunque alla produzione del TiO2 e eliminare in qualsiasi modo la concorrenza dei produttori nordici; la Comunità economica europea non abbastanza forte da obbligare i produttori esteri a dotarsi degli stessi sistemi di depurazione dei reflui e sobbarcarsene i costi così come doveva fare la Montedison. Si aprì così un periodo lungo 8 anni e più di lotte senza esclusione di colpi caratterizzato da simposi, conferenze, processi, condanne, elaborazione di nuove leggi (la 319/78 Merli-Faenzi sulla salvaguardia dei corpi idrici dall’inquinamento), l’istituzione del nuovo ministero dell’Ambiente.

Il 20 febbraio 1978 finalmente la Cee emanò la Direttiva secondo cui tutti i Paesi membri erano obbligati a dotare i loro stabilimenti di impianti idonei a rendere innocui i residui inquinanti prima di rilasciarli in mare, si trattasse di mari chiusi come il Mediterraneo, o di mari aperti come il Mare del Nord. Cessarono così gli sversamenti inquinanti e il mare riprese a vivere.

Da quella battaglia è passato ormai quasi mezzo secolo e molte cose sono cambiate, l’economia si è fatta globale e liberista ed ha la supremazia sulla politica. Oggi più che mai la lezione di Scarlino è l’unica da seguire: come allora sia la politica a guidare il progresso e i rapporti tra uomini e nazioni, così da sconfiggere la logica imperialista e liberista ed affermare un nuovo tipo di rapporti umani e degli uomini l’ambiente. Una visione del mondo che tenga insieme le lotte per la buona occupazione, lo sviluppo sostenibile, la tutela dell’ambiente.

 

Di questo ci parla questo importante libro, scritto da quello che fu in prima fila ai tempi delle lotte, l’allora sindaco di Scarlino, piccolissimo paese della Maremma.

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