Senegal tra precipizio e sviluppo - di Pap A. Khouma

Il Senegal è l’unico paese dell’Africa Occidentale che non ha mai subito un golpe. I paesi saheliani confinanti, Mali, Repubblica di Guinea, e i vicini Burkina Faso e Niger, ieri e oggi sono guidati da militari golpisti e da anni sono sotto attacco terroristico dei jihadisti filo islamici. 

L’apertura democratica del Senegal è stata avviata all’inizio degli anni ‘70 dal primo presidente della Repubblica, il poeta Leopold Sedar Senghor, un cattolico alla guida di un paese al 90% musulmano. Contrariamente ai paesi della regione, in Senegal erano nati partiti di opposizione, c’era la libertà di manifestare, una stampa libera, giornali satirici. Tra gli anni ‘80 e ‘90 ci fu l’avvento delle radio e televisioni indipendenti. 

Leopold Sedar Senghor si dimise spontaneamente nel 1980, prima della fine del suo mandato. Non era mai successo in un paese africano. All’epoca, alcuni presidenti di paesi dell’Africa francofona si auto nominavano presidenti a vita, imperatori, ecc. All’inizio degli anni ‘90, prima delle Primavera arabe, quando quasi tutti i paesi dell’Africa subsahariana organizzavano i “Dialoghi nazionali”, forum in cui politici, religiosi, laici, società civile si confrontavano per traghettare i rispettivi paesi sulla via della democrazia, il Senegal non fu coinvolto, perché il dialogo sociale e politico era iniziato molto prima ed era permanente.

Come in tutti i paesi o società organizzate, il Senegal ha attraversato, dopo l’indipendenza, dei momenti di tensioni sociali, anche drammatiche. Raramente ci sono stati dei morti durante i duri scontri, a cui ho partecipato, tra la popolazione civile e le forze dell’ordine. I vari presidenti hanno sempre riaperto il dialogo con la popolazione, si sono confrontati con gli avversari, hanno concesso ulteriori libertà politiche. Questo modo di governare ha permesso ai partiti di opposizione di accedere al potere.

Ricordiamo che, malgrado tutto ciò, nella regione sud della Casamance esiste da decenni un gruppo di separatisti armati che ogni tanto esce dalla foresta e attacca militari e civili.

Questa storica capacità dialettica sembra però far difetto al presidente uscente Macky Sall (62 anni), accusato dai partiti di opposizione di pretendere un terzo mandato. La Costituzione ne prevede soltanto due.

Le elezioni presidenziali erano fissate dalla Costituzione il 25 febbraio scorso. Tre settimane prima, il 3 febbraio, il presidente Sall, in un discorso televisivo alla nazione nelle lingue ufficiali francese e wolof, ha rinviato in maniera unilaterale la data. In quella occasione ha dichiarato che non si candiderà per un terzo mandato. Dopo ha firmato un decreto fissando la nuova data delle elezioni al 15 dicembre prossimo.

Il decreto è stato rigettato dal Consiglio Costituzionale che ha chiesto le elezioni prima del 2 aprile, data della scadenza legale del mandato presidenziale. Il Dipartimento di Stato Usa, la Francia, l’Ecowas (Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale) si sono schierati contro il rinvio delle elezioni.

Sall contesta la presenza nella lista validata dal Consiglio Costituzionale di alcuni candidati dell’opposizione che, secondo lui e la sua parte politica, non hanno i requisiti legali per aspirare alla magistratura suprema del paese. Più di cento aspiranti presidenti avevano depositato la richiesta al Consiglio Costituzionale. A mio parere, un numero pletorico. Alla fine venti nomi di aspiranti presidenti di diversi partiti sono stati ritenuti validi. Alcune candidature, tra le venti validate, sono sospettate di possedere la doppia cittadinanza (senegalese e soprattutto francese). La Costituzione vieta a chi detiene una doppia cittadinanza di candidarsi alla Presidenza della Repubblica.

Il rinvio delle elezioni proclamato da Sall ha acceso l’indignazione nel paese. I giovani si sono riversati nelle strade. Il 50% della popolazione ha meno di 19 anni e il 75% non ha 35 anni, per un totale di 18 milioni di abitanti. Le manifestazioni del 9 e 10 febbraio scorsi, come quelle precedenti, sono state represse duramente. Due studenti ventenni e un ragazzino di sedici anni sono stati uccisi dalla polizia. Ci sono stati centinaia di feriti e di arresti. L’accesso a internet viene spesso sospeso, televisioni indipendenti si ritrovano senza segnali e non possono trasmettere.

Ancora più drammatica è l’emorragia dei giovani (maschi, femmine, bambini) disperati che tentano di raggiungere l’Europa con piroghe di fortuna. I naufragi e i morti al largo delle coste tra il Senegal e le Canarie si moltiplicano. In questo caso la responsabilità non è solo governativa ma collettiva.

Bisogna ammettere che le proteste dell’opposizione sono spesso violente. L’Università C. A. Diop di Dakar è attualmente chiusa, dopo che individui incappucciati hanno incendiato gli archivi. Il 6 giugno 2023, durante le manifestazioni a favore dell’oppositore Ousmane Sonko (49 anni), dei giovani scatenati hanno devastato il Consolato generale di Milano, distrutto i macchinari, stracciato i passaporti di ignari cittadini.

Durante l’era Sall sono state ultimate o realizzate autostrade, un aeroporto moderno, nuovi stadi, una compagnia aerea internazionale, ecc. Parallelamente sono stati imprigionati, più a torto che a ragione, oppositori, giornalisti, rapper, blogger, ex alleati di Sall. Le opposizioni denunciano circa duemila incarcerati per motivi politici. Il governo parla di qualche centinaio di prigionieri che definisce facinorosi.

Ousmane Sonko, sindaco della capitale della regione sud della Casamance, carismatico leader del partito Pastef (recentemente sciolto dal governo) è in carcere e non si può più presentare alle presidenziali. Pastef ha indicato un altro candidato, Bassirou Diomaye Faye (44 anni). Faye è accusato di terrorismo ed è in carcere dall’aprile 2023 senza processo, ma la sua richiesta di candidatura alle elezioni presidenziali è stata validata dal Consiglio Costituzionale. Sonko invece era stato accusato nel 2021 di violenza carnale e minacce di morte contro una massaggiatrice ventunenne. Fu assolto dopo più di due anni di processi, di proteste pubbliche organizzate dai suoi numerosi sostenitori in Senegal e all’estero, Italia compresa.

Subito dopo essere stato assolto (giugno 2023), lo stesso tribunale ha condannato Ousmane Sonko a due anni di carcere per corruzione della gioventù. Le proteste non si sono fermate. La polizia ha sparato e ucciso dei giovani manifestanti. La Croce Rossa senegalese ha dichiarato: “Durante le manifestazioni del primo giugno 2023, ventitré persone, tra cui tre bambini, sono state uccise. 357 persone ferite. Un bilancio più pesante di quello del marzo 2021”. Quando erano stati uccisi 14 manifestanti, e nessuna inchiesta era stata aperta. Mentre in parallelo altri potenziali candidati presidenziali erano finiti in carcere, come l’amato e odiato figlio dell’ex presidente Wade, il sindaco di Dakar Khalifa Sall, che poi è stato destituito.

Sulla testa di Sonko pendono accuse di diffamazione e terrorismo. L’accusa di “terrorismo” è spesso abusata dai dirigenti africani per segare le gambe o infliggere condanne agli avversari. Un famoso imam senegalese, soltanto antipatico, finì in carcere con quest’accusa infamante, prima di essere assolto mesi dopo. Non si era ripreso, forse, dalle condizioni di detenzione. Morì poco tempo dopo.

Anche attivisti africani stabiliti all’estero hanno subito quest’accusa, e i paesi occidentali per precauzione espellono il presunto terrorista. Ad esempio Assane Diouf, giovane senegalese immigrato negli Usa, famoso blogger, postava insulti virulenti contro il presidente Sall, politici e influenti religiosi. Il governo senegalese l’accusò di atti di terrorismo perpetrati in patria, e nel 2017 fu espulso dal Dipartimento di Stato. Non venne condannato al carcere quando arrivò a Dakar, non era terrorista ma solo maleducato. Intanto però non poté più ritornare negli Usa, dove c’era la sua famiglia. Di seguito il governo usò l’accusa di terrorismo contro il blogger Ousmane Tounkara, residente negli Usa, insolente amico di Diouf. Fu arrestato dall’Fbi, processato, poi liberato. Il tribunale statunitense non c’era cascato un’altra volta.

Ora Macky Sall, spalle al muro, il 4 marzo ha organizzato un “dialogo nazionale”, per la coesione sociale. Invito declinato da quasi tutta l’opposizione. Il 6 marzo il Parlamento ha adottato un progetto di legge di amnistia per liberare i prigionieri politici arrestati tra il 2021 e il 2024. Ma, con le elezioni fissate finalmente il 24 marzo, Bassirou Diomaye Faye, il candidato favorito, è ancora in carcere.

Paradossalmente le previsioni di crescita economica del Senegal, presentate dal Fondo monetario internazionale sotto l’era Sall, sono positive: “Crescita del 5,5% nel 2022, e del 10,8% nel 2023”. Finora sono stati scoperti dei giacimenti di gas, stimati a 900 miliardi di metri cubi, sulle coste senegalesi e mauritane. Il paese sarebbe capace inoltre di produrre 100mila barili di petrolio al giorno, e il Senegal possiede già una centrale per la raffinazione. La produzione di gas e di petrolio è prevista entro la fine del 2024. Allontanerà il paese dal precipizio, e lo porterà verso la ricchezza e la stabilità?

 

 
©2024 Sinistra Sindacale Cgil. Tutti i diritti riservati. Realizzazione: mirko bozzato

Search