Sicurezza dentro e fuori le mura scolastiche - di Silvano Guidi

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Venerdì 21 gennaio si è registrato l’ennesimo morto sul lavoro. Ma questa volta non si tratta di un operaio da aggiungere al lunghissimo elenco di tragedie, ma di un giovane studente in alternanza scuola-lavoro in un’azienda dell’udinese. L’inaccettabile gravità di questo incidente deve far riflettere su un problema più generale: la sicurezza degli studenti e dei lavoratori della scuola, sia all’interno delle mura scolastiche sia all’esterno.

Non sappiamo le cause ultime di questa tragedia. Bisogna però interrogarsi su quanta e quale formazione fosse stata fornita allo studente prima di essere avviato all’azienda, su chi avesse il compito di controllare le strumentazioni e l’ambiente di lavoro nella fabbrica, e su quali iniziative fossero state prese per mettere in sicurezza lo stage aziendale.

E’ necessario rivedere l’impostazione di tutta la normativa relativa all’alternanza scuola-lavoro (ora rinominata Pcto, percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento) e valutare la reale utilità di questi percorsi, che forse sarebbe il caso di abolire o di modificare profondamente, anche alla luce dei rischi che possono comportare per gli studenti. L’obbligo di svolgere periodi di alternanza scuola-lavoro non può costituire un alibi per il venire meno del rispetto delle norme di sicurezza e, nel caso queste norme non siano pienamente garantite, l’attività non deve essere avviata o deve essere sospesa.

Occorre dunque prestare la massima vigilanza sullo svolgimento di attività in azienda da parte degli studenti. D’altra parte non si può ignorare ciò che accade all’interno delle strutture scolastiche. Secondo un recente rapporto di Legambiente, il 40% degli edifici scolastici necessita di manutenzione, meno del 20% ha verificato la condizione dei solai e oltre il 60% non dispone del certificato di agibilità.

Vi sono inoltre, secondo l’Osservatorio nazionale sull’amianto, circa 2.400 scuole (un quarto del totale) nelle quali l’amianto è ancora presente. Per anni studenti e lavoratori sono rimasti esposti al contatto con questa sostanza tossica. E solo nello scorso mese di dicembre, per la prima volta, un tribunale del lavoro ha condannato il ministero dell’Istruzione a rifondere i danni per la morte di una docente che era stata esposta all’amianto nel corso del suo lavoro in una scuola media.

Rimane poi da affrontare la situazione strutturale precaria di gran parte delle scuole. Come è stato rilevato in occasione della giornata sulla sicurezza delle scuole italiane, solo nell’ultimo anno si sono verificati crolli, tre al mese di media, a causa di piogge, frane e altri eventi naturali.

Il Pnrr ha stanziato notevoli risorse per l’edilizia scolastica, ma occorrerà vigilare sul loro utilizzo, e valutare la capacità effettiva di spenderli correttamente e in tempi rapidi da parte degli enti locali. Se guardiamo a ciò che è successo durante la pandemia, vediamo chiaramente l’incapacità o la mancata volontà di reperire nuovi spazi, o di sistemare i già disponibili per rendere effettivo il distanziamento, con la conseguenza che gli studenti sono costretti a convivere in spazi ristretti.

In relazione al Covid, il ministero dell’Istruzione non ha dimostrato grande impegno, evitando il confronto con i sindacati, ignorando i segnali di allarme dei dirigenti scolastici e suggerendo soluzioni a volte al limite del farsesco, come quelle di tenere aperte le finestre delle classi. La continua sottovalutazione dei rischi e i mancati interventi all’inizio dell’anno scolastico hanno favorito la diffusione del contagio e la conseguente chiusura di molte sezioni, nonostante i tentativi del ministero di minimizzare le difficoltà e diffondere un’immagine di normalità.

Non si vuole affrontare il problema delle classi sovraffollate e del ripristino del personale tagliato, oltre 40mila unità, in gran parte a causa delle infelici politiche della ministra Gelmini. Due fenomeni che, sommati tra loro, rendono spesso insostenibili le condizioni di lavoro all’interno delle scuole. Appare chiaro invece quanto l’intero sistema educativo sia fragile, nonostante l’impegno straordinario messo in atto da tutti i lavoratori della scuola, che continuano ad affrontare, con grande senso di responsabilità, le continue emergenze e il conseguente aumento dei carichi di lavoro.

Ma ora non è più il tempo dell’impegno volontario e della disponibilità gratuita: chiediamo al governo un segnale chiaro nella direzione di implementare la dotazione organica, garantire le condizioni per la realizzazione del tempo pieno e del diritto all’istruzione, riconoscere anche economicamente gli impegni e le responsabilità dei lavoratori, i cui stipendi restano tra i più bassi d’Europa.

Rilanciamo infine la richiesta di realizzare un piano nazionale per la sicurezza nelle scuole, che coinvolga in maniera attiva tutti i soggetti interessati (docenti, personale Ata, dirigenti, studenti, genitori), con la prospettiva di rendere le scuole luoghi sicuri e accoglienti. Tragedie come quella di Udine non devono mai più ripetersi.

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