Turchia, primo turno: dopo 21 anni per la prima volta il presidente autoritario Erdogan non è riuscito a vincere - di Yilmaz Orkan

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Alla chiusura degli spogli il 14 maggio scorso nessuno tra i due principali candidati alla carica di presidente della Repubblica di Turchia ha raggiunto il 50% +1 necessario per essere eletto al primo turno, rimandando quindi la decisione alle urne il 28 maggio.

Il presidente uscente e leader della coalizione denominata “Alleanza Repubblicana”, Recep Tayyip Erdoğan, risultava in vantaggio sul candidato della coalizione di opposizione “Alleanza Nazionale”, Kemal Kılıçdaroğlu, con il 49,35% dei voti contro il 45%.

Queste percentuali tuttavia sono rimaste in dubbio per diversi giorni, mentre i partiti d’opposizione, primo tra tutti il Partito della Sinistra Verde (Yeşil Sol Parti), forza politica filo-curda a capo della coalizione democratica “Alleanza del Lavoro e della Libertà”, denunciavano irregolarità in migliaia di seggi in tutto il paese.

Confrontando i verbali compilati dai responsabili dei seggi con i dati caricati sul portale del Consiglio Elettorale Supremo, i militanti del partito hanno scoperto che i voti da loro ottenuti erano stati cancellati e assegnati al “Partito del Movimento Nazionalista”, alleato di ferro di Erdoğan.

Visto l’emergere di prove schiaccianti di irregolarità, il partito CHP di Kemal Kılıçdaroğlu ha presentato richiesta al Comitato Elettorale Supremo per il riconteggio delle schede di 2.269 dei 201.807 seggi elettorali aperti nel Paese e di altri 4mila per le Parlamentari, ricorso che non è stato però accettato. Il Comitato Elettorale Supremo è strettamente legato al presidente uscente, e già in passato si è piegato alla volontà di Erdoğan, arrivando persino ad annullare l’esito delle urne nelle amministrative del 2019 a Istanbul, facendo ripetere il voto.

Dopo il riconteggio effettuato solo in alcuni seggi in cui il ricorso presentato singolarmente e corroborato da prove schiaccianti è stato accettato, i risultati che sono stati pubblicati ufficialmente vedono Erdoğan ancora in testa con il 49,24% dei voti, Kılıçdaroğlu al 45,07%, e il terzo candidato Sinan Ogan al 5,28%.

Ogan, ex-deputato del Partito del Movimento Nazionalista, dopo la sconfitta si è presentato ad entrambe le coalizioni come ago della bilancia in grado di spostare il suo 5% su uno dei due candidati al ballottaggio portandolo alla vittoria, nel tentativo di guadagnare una posizione di rilievo nel futuro governo del vincitore.

Dopo diversi giorni di incontri, l’annuncio di sostegno ad Erdoğan non è stato certo accolto con sorpresa, tuttavia Ogan sembra aver decisamente sovrastimato le sue potenzialità. La coalizione ATA di cui Ogan era candidato presidente si è affrettata a dissociarsi dalla dichiarazione di sostegno a Erdoğan, definendola una sua scelta personale che non rispecchia alcun partito della coalizione. Entrambi i partiti costituenti di ATA, il Partito della Vittoria e il Partito della Giustizia, appena un giorno dopo hanno infatti dichiarato il loro appoggio al leader dell’opposizione Kılıçdaroğlu.

Oltre ai brogli ampiamente dimostrati, la competizione in sé è stata tutto fuorché equa, come riportato anche dagli osservatori Osce. Erdoğan ha marginalizzato strategicamente la terza forza politica del paese, il Partito Democratico dei Popoli HDP, al punto che per evitare la chiusura attraverso un caso giudiziario montato per ragioni politiche, l’HDP ha scelto di partecipare alle elezioni attraverso il Partito della Sinistra Verde.

HDP è infatti sottoposto ad una violenta campagna di repressione che prosegue ininterrotta dal 2016, con l’arresto nel corso degli anni di oltre quindicimila dirigenti e membri del partito. Ad oggi sono più di quattromila i suoi membri in carcere, inclusi gli ex co-presidenti Selahattin Demirtaş e Figen Yüksekdağ. Sembra quasi ridondante affermare che, se le condizioni politiche in Turchia fossero state eque e l’HDP avesse potuto partecipare con il sostegno degli oltre quattromila funzionari detenuti tra ex copresidenti, deputati, co-sindaci e semplici membri, se non fossero stati esclusi dai media potendo così diffondere le loro idee nella società a parità di condizioni, ciò avrebbe potuto produrre un risultato molto diverso, e in effetti uno scenario da incubo per Erdoğan.

Le stesse elezioni presidenziali si sono svolte in condizioni inique. Il candidato dell’opposizione Kemal Kılıçdaroğlu del Partito popolare repubblicano CHP è stato escluso dai media e dalla piattaforma statale. Solo grazie al sostegno esterno dell’HDP e del suo blocco Kılıçdaroğlu è riuscito a spingere le elezioni al ballottaggio, scalfendo l’aura di invincibilità che Erdoğan ha mantenuto per tutti questi anni.

 

 

* L’articolo è stato scritto il 24 maggio, prima del ballottaggio, su cui torneremo nel prossimo numero di Sinistra Sindacale.

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