Per gli studenti dei Fridays la nuova parola d’ordine è “Resistenza Climatica” - di Carlo Buttarelli

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Riuscito lo sciopero del 6 ottobre. Manifestazioni in 35 città.

Pochi si aspettavano, con la riapertura del nuovo anno scolastico, una immediata ripartenza anche in Italia del movimento internazionale dei Fridays For Future. Già il 15 settembre, appunto venerdì, in molte città a livello mondiale il movimento era tornato protagonista con una nuova giornata di azione, per uscire dall’inazione sostanziale dei governi per frenare il riscaldamento globale. Di particolare rilievo la manifestazione di Berlino.

Infatti, nel contestuale G20 svolto a New Delhi, in India, all’impegno di triplicare il ricorso a energie rinnovabili entro il 2030 vi è stata però anche la scelta di lasciare immutato contestualmente l’utilizzo di petrolio e gas, diminuendo nei prossimi anni solo il ricorso al carbone. Peraltro anche a livello Onu si è evidenziato che gli obiettivi complessivi di ridurre le emissioni fossili del 40% rispetto ai livelli del 1990 sono a rischio evidente: non c'è solo il negazionismo, crescono i rallentamenti, i distinguo, i però, le eccezioni.

Ecco i motivi della nuova mobilitazione e della nuova parola d’ordine del movimento fondato da Greta Thunberg (tessera onoraria della Cgil) nel 2015: non c’è più tempo! E ci si prepara da subito ad una scadenza cruciale, quella della Cop28 quest’anno, con una scelta criticata a Dubai (30 novembre). Perché oltre a richiedere una svolta ambiziosa verso le fonti rinnovabili rispettando i target convenuti, si pongono ormai due aspetti dirimenti: una giustizia climatica verso le economie in fase di sviluppo, incolpevoli dell’attuale effetto serra planetario, in particolare verso l’Africa che resta in attesa dei sostegni convenuti. Ma anche di giustizia sociale, giacché senza una direzione consapevole della transizione, quindi pubblica e non lasciata al privato, come senza una nuova politica industriale, si ricreerebbero di nuovo divergenze tra ambientalismo e sociale. Cosa che, anche grazie ai giovani dei Fff, è stata abbastanza superata. Non è un caso che anche alla manifestazione del 7 ottobre a San Giovanni sul palco abbia parlato un rappresentante di Greenpeace, a nome delle principali associazioni italiane.

Quindi, se già il 15 settembre era partita la nuova fase internazionale del movimento Fff, in Italia, riaprendo le scuole più tardi rispetto dagli altri Stati europei, la mobilitazione generale è stata spostata al 6 ottobre. Ma numerose sono state le iniziative per arrivarci, non solo attraverso assemblee nelle scuole. Tra le iniziative ha spiccato un presidio al Mase, ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, che già nella nuova denominazione evidenzia non più la primaria missione della transizione ecologica. Il richiamo all’ambiente viene bilanciato da quello equivoco della sicurezza energetica, con cui si è voluto sottolineare come sia bene privilegiare la continuità e ricerca pragmatica delle fonti fossili (cosiddetto Piano Mattei). Ma soprattutto il ministro Gilberto Pichetto Fratin ha riaperto il capitolo nucleare, presentato come “nuova” risorsa non fossile!

L’azione dei Fff ha avuto confermato il sostegno in particolare della Flc Cgil, non solo per la compresenza del sindacato nelle scuole ma perché una transizione per essere credibile deve partire sicuramente dalla ricerca e dall’innovazione tecnologica, e dalla formazione, che per la Cgil deve divenire permanente. Significativa la partecipazione degli Fff anche al presidio della Marelli a Bologna. Proprio la Marelli che si lascia in difficoltà, dimenticando che la transizione ecologica richiede un salto ambizioso di innovazione tecnologica.

 

Ma, appunto, quello del 6 ottobre non è stato uno sciopero solo di protesta. Nasce una Resistenza Climatica! Verso un governo sostanzialmente negazionista con la scusa del pragmatismo, un governo che parla dell’emergenza energetica ma dà nuova centralità alle forze del fossile che hanno portato a questa situazione, incassando anche extraprofitti. Il governo ha anche rivisto il Pnrr ridando centralità al fossile e alle sue estrazioni, tagliando fondi contro il dissesto idrologico, ma soprattutto dando più spazio al privato, anziché assicurare una governance pubblica. Quindi è giustificato il rilancio che propongono i Fridays For Future: Non c’è più tempo! 

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