Lavoro sportivo: un settore da tutelare e rappresentare - di Francesco Elia

Lo sport è in Italia un sistema formato da 115mila associazioni e società sportive, e quasi 12 milioni di tesserati. Sono almeno 420mila quelli che vengono considerati lavoratori sportivi in senso stretto. Da queste primi numeri si capisce l’entità del fenomeno sport nel nostro paese.

Nel 2023 si è arrivati finalmente ad una riforma complessiva del settore, una riforma attesa da decenni ma piena di luci ed ombre. La nuova normativa vuole lasciarsi alle spalle una condizione di grande incertezza per la mancanza di disposizioni di legge chiare. Questo almeno a livello di intenzioni. Le federazioni sportive nazionali, precedentemente, potevano stabilire chi era un lavoratore tutelato e a chi attribuire la qualificazione di lavoratore sportivo professionistico.

Questa soluzione adottata dal legislatore aveva suscitato molti problemi, avendo escluso dal suo ambito di applicazione tutti i casi di “professionismo di fatto”. Il dilettante veniva considerato in sostanza alla stregua di colui che svolge attività sportiva per il solo piacere di farlo, quindi senza tutele né dal punto di vista previdenziale né assistenziale. Per non parlare di quei lavoratori che, pur inquadrati formalmente con dei contratti di natura sportiva, in realtà nelle società svolgono mansioni impiegatizie, amministrative e così via. Da qui il fiorire di vertenze di ogni ordine e grado.

Arriviamo al primo luglio scorso, entrata in vigore della riforma del lavoro sportivo. Punto cardine è che si fa riferimento al “lavoratore sportivo”, eliminando la distinzione nella gestione del rapporto tra settore professionistico e dilettantistico. Il lavoratore sportivo diventa tale nel momento in cui ha diritto ad un corrispettivo che lo differenzia dalla figura del volontario. Si elenca in maniera rigida chi sono questi lavoratori: atleti, allenatori, ecc. Per gli altri trovano applicazione le norme ordinarie sui rapporti di lavoro subordinati.

Il lavoro sportivo può assumere natura subordinata, autonoma (occasionale o partita Iva) o di co.co.co con le rispettive tutele previdenziali e di sicurezza sui luoghi di lavoro. Nell’area del professionismo “la regola” è il rapporto di lavoro subordinato. Di contro, nell’area del dilettantismo, “si presume oggetto di contratto di lavoro autonomo nella forma di co.co.co.” se il rapporto di lavoro prevede non più di 24 ore settimanali.

Per quanto riguarda il volontariato, molto presente soprattutto nelle piccole realtà sportive, si prevede che chi presta gratuitamente la propria opera nel settore sportivo deve comunque essere assicurato per la responsabilità civile verso i terzi; non deve essere remunerato in alcun modo ma può ricevere rimborsi spese entro il limite massimo di 150 euro mensili. I compensi di lavoro sportivo nell’area del dilettantismo non costituiscono base imponibile ai fini fiscali fino all’importo complessivo annuo di 15mila euro. L’istituto competente per le tutele previdenziali delle collaborazioni sportive è la gestione separata Inps (a cui bisogna iscriversi). Ai lavoratori sportivi titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa si applica, nei casi di infortunio, una tutela limitata, prevedendo un indennizzo solo per morte o inabilità permanente. La norma è quindi peggiorativa per i lavoratori che non saranno tutelati in tutti i casi di infortunio.

Nel corso del 2023 un’altra importante notizia ha caratterizzato il settore. Lo sport è entrato nella Costituzione. Approvata la modifica all’articolo 33, che ha introdotto il nuovo comma: “La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme”. Un riconoscimento molto importante dell’importanza dello sport, ma non di chi lavora nel settore.

Dopo la riforma entrata in vigore il primo luglio scorso, oltre mezzo milione di lavoratrici e lavoratori sportivi continuano a non avere gli stessi diritti e tutele degli altri. Il prezzo degli sgravi fiscali e contributivi di oggi, infatti, peserà sul futuro pensionistico degli attuali lavoratori sportivi, e la precarietà che caratterizza il settore non viene scalfita dalla riforma.

Notizia positiva e in controtendenza è l’intesa storica sul Contratto collettivo nazionale dello Sport, da applicare alle centinaia di migliaia di addetti del mondo sportivo, tra dipendenti e collaboratori. Slc Cgil, Fisascat Cisl e Uilcom hanno siglato con la Confederazione Italiana dello Sport un accordo che adegua la contrattazione esistente alle normative di legge recentemente introdotte, recependo la riforma dello Sport. Si tratta del contratto di lavoro che coinvolge centri sportivi impegnati in ogni disciplina, e che sarà applicato ad ogni forma di lavoro, compresi i collaboratori.

 

 
©2024 Sinistra Sindacale Cgil. Tutti i diritti riservati. Realizzazione: mirko bozzato

Search